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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Morvillo, il peso del “caso Parato”

BRINDISI - Per la prima volta, oggi, nell’aula ‘Metrangolo’, si è avuta la chiara impressione che l’assenza della procura di Brindisi potrebbe alla fine arrecare un danno al processo e alla precisa e puntale definizione della responsabilità dell’unico imputato, il presunto stragista, insomma il ‘bombarolo’ che risponde al nome di Giovanni Vantaggiato. Si è ancora una volta potuto osservare, oggettivamente, che il filone “Parato”, quello che riguarda l’attentato del 24 febbraio 2008, par’essere figlio di un dio minore, sebbene prometta sviluppi interessanti, in quanto importante chiave di lettura dei fatti che si sono verificati quattro anni dopo, quell’orribile 19 maggio del 2012.

BRINDISI - Per la prima volta, oggi, nell’aula ‘Metrangolo’, si è avuta la chiara impressione che l’assenza della procura di Brindisi potrebbe alla fine arrecare un danno al processo e alla precisa e puntale definizione della responsabilità dell’unico imputato, il presunto stragista, insomma il ‘bombarolo’ che risponde al nome di Giovanni Vantaggiato. Si è ancora una volta potuto osservare, oggettivamente, che il filone “Parato”, quello che riguarda l’attentato del 24 febbraio 2008, par’essere figlio di un dio minore, sebbene prometta sviluppi interessanti,  in quanto importante chiave di lettura dei fatti che si sono verificati quattro anni dopo, quell’orribile 19 maggio del 2012.

Cosimo Parato che, come ha raccontato la moglie due udienze fa, non solo è vivo per miracolo dopo il tentativo di omicidio messo in atto da Vantaggiato, ma porta i segni indelebili dell’azione folle del suo ex socio in affari, divenuto improvvisamente un rivale, non si è presentato oggi in aula perché non è nelle condizioni fisiche di sostenere un interrogatorio. Sarà sentito il 28 febbraio, come ha annunciato il legale, Raffaele Missere, e ripeterà quello che ha sempre detto.

Quello che ha anche ribadito la donna che lo vide con l’addome squarciato, dopo l’esplosione della bici bomba che era stata posizionata nei pressi della sua abitazione: “Se mi avessero dato retta all’epoca, quando io avevo fatto il nome di Giovanni Vantaggiato, probabilmente nulla di quello che si è verificato dopo, sarebbe accaduto”.

C’è qualcuno in grado di ribattere o approfondire? Ci sarebbe, in realtà. E si tratta di chi ha coordinato le indagini allora, come in epoca successiva, sui fatti del 2008, di chi ha cognizione precisa delle deleghe e inoltre delle richieste varie, delle autorizzazioni pervenute nel suo ufficio da parte dei carabinieri che materialmente stavano effettuando l’attività investigativa.

Quando stamani, durante l’ultima deposizione, quella di un poliziotto della Squadra mobile di Lecce, Rocco Carrozzo, ha preso la parola Raffaele Missere, il legale di Parato che chiedeva dettagli sull’analisi dei tabulati telefonici che documentano il traffico sul cellulare di Vanni il bombarolo, è calato il gelo. Finché qualcuno, fra i banchi dell’accusa, non ha acceso il microfono e specificato che le indagini sul caso Parato non le ha fatte la Dda, ma la procura di Brindisi.

Assente quel pm per decisione della Dda di Lecce, perché nel caso di specie, se lo avesse ritenuto il capo della procura Antimafia avrebbe potuto chiederne la designazione alla procura generale presso la corte d’appello di Lecce dando un colpo di spugna alle polemiche già sorte e anche a quelle che avrebbero potuto sorgere in futuro.

Nella settima udienza del processo davanti alla Corte d’Assise hanno parlato gli investigatori ai quali sono state poste domande tali da far emergere la sussistenza dell’aggravante terroristica al reato di strage contestato.

"Arrivai subito sul luogo dell'esplosione, era una scena mediorientale”, ha riferito Francesco Barnaba, all'epoca dei fatti capo della Squadra mobile di Brindisi, uno dei primi a raggiungere, poco dopo le otto, i cancelli della scuola Morvillo Falcone. "Gli zainetti fumavano ancora" ha raccontato Barnaba che, rispondendo alle domande del pm Guglielmo Cataldi e di alcuni legali di parte civile ha confermato che il 19 maggio e nei giorni immediatamente successivi, quando ancora si indagava a tutto campo, si venne a creare una atmosfera di "terrore psicologico".

"Subito dopo l'esplosione giunsero segnalazioni, poi rivelatesi prive di fondamento, che indicavano la presenza di bombe anche altrove. I presidi ci chiedevano come comportarsi. Dicemmo loro di continuare con l'attività didattica. Ci furono genitori che andarono a prelevare i ragazzi da scuola". Barnaba ha inoltre ricordato che i vertici della Polizia di Stato si precipitarono a Brindisi appena dopo aver appreso dell'esplosione e che gli sviluppi della vicenda furono seguiti anche dal presidente della Repubblica.

"Fu fatto un monitoraggio delle liste passeggeri dall'Albania e dalla Grecia, che vennero analizzate al fine di rilevare personalità' di interesse nell'ambito delle indagini. Gli accertamenti diedero esito negativo", ha spiegato Vincenzo Zingaro, il dirigente della Digos di Brindisi. "I genitori si rifiutavano di portare a scuola i bambini, perché temevano che potessero ripetersi episodi simili. Siamo intervenuti in un istituto dove alcuni alunni avevano segnalato presenza di stranieri vicino alla scuola".

"Sono venuti a Brindisi i ministri dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, il ministro della Giustizia Paola Severino, il presidente del Senato, Renato Schifani, della Camera, Gianfranco Fini". E via dicendo.

Parato non c’era. Ci sarà il 28 febbraio prossimo. E poiché quello che ha da dire ha un rilievo di primissimo piano per comprendere tutto ciò che è accaduto dopo, nel definire la mentalità stragista dell’imputato, sarebbe stato opportuno che a porgli le domande fosse colui il quale ha coordinato le indagini sulle sue sventure. Non fosse altro che per rispondere, da persona che conosce i fatti e ognuno dei militari impegnati all’epoca a capirci qualcosa su quell’attentato, a qualsiasi forma di velato o esplicito addebito che verrà fuori dalla deposizione della vittima.

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