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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Nasce la tendopoli: l'efficienza dei vigili del fuoco, i pregiudizi di molti

MANDURIA - I disperati di Lampedusa arriveranno questa mattina, in cinquecento. Uomini, donne, bambini in fuga dalla Tunisia. Non hanno ancora un volto e un nome, ma la gente ha già paura. L’eco delle continue rivolte a Restinco, a un passo dal campo profughi allestito al confine fra Manduria e Oria, non rassicura. Gli immigrati scappano, si ribellano, mettono mani agli arredi procurandosi armi improprie, come le chiamano in questura, e appiccano fuoco. Secondo la legge dovrebbero di starsene buoni nei Centri di identificazione ed espulsione, aspettando il rimpatrio nell’inferno da cui erano scappati. Loro non ci stanno. E di sicuro scapperanno anche da qui, dalla tendopoli allestita sui trentatremila metri quadrati dell’ex aeroporto militare a cinque chilometri dal centro abitato da Manduria.

MANDURIA - I disperati di Lampedusa arriveranno questa mattina, in cinquecento. Uomini, donne, bambini in fuga dalla Tunisia. Non hanno ancora un volto e un nome, ma la gente ha già paura. L’eco delle continue rivolte a Restinco, a un passo dal campo profughi allestito al confine fra Manduria e Oria, non rassicura. Gli immigrati scappano, si ribellano, mettono mani agli arredi procurandosi armi improprie, come le chiamano in questura, e appiccano fuoco. Secondo la legge dovrebbero di starsene buoni nei Centri di identificazione ed espulsione, aspettando il rimpatrio nell’inferno da cui erano scappati. Loro non ci stanno. E di sicuro scapperanno anche da qui, dalla tendopoli allestita sui trentatremila metri quadrati dell’ex aeroporto militare a cinque chilometri dal centro abitato da Manduria.

La paura, di certo, è arrivata in anticipo sui clandestini. Nel campo allestito a tempo di record, l’assessore all’Urbanistica di Manduria Francesco Ferretti, del Pdl, si guarda intorno con aria preoccupata: “Questi ammazzano, stuprano, rubano, le nostre donne e i nostri bambini non saranno più al sicuro. Che ci vuole a scavalcare? Sono appena tre metri”. Guarda la rete perimetrale che recinge il campo, di certo non è una fortezza, e si capisce. Questo non è un Cie. La natura del campo dipenderà dallo status che sarà riconosciuto ai clandestini dopo l’identificazione, precisa il direttore di Restinco, Nicola Lonoce, arrivato di buon mattino per un sopralluogo, la sua vita nei prossimi mesi sarà qui, insieme ai 75 operatori smistati dal Centro di identificazione ed espulsione e dal Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Brindisi, per gestire l’emergenza.

“L’accoglienza è la priorità assoluta. Dopodiché se gli ospiti saranno riconosciuti come richiedenti asilo potranno soggiornare qui anche sei mesi, come prevede la legge”, spiega Lonoce. I profughi potranno uscire dal campo, e l’esilità della rete perimetrale si spiega con il fatto che “serve a evitare che qualcuno esca, non a impedire l’uscita”. Non è un carcere dunque, per la ragione elementare che i profughi in arrivo non hanno commesso reati, per quanto il tribunale sommario della paura abbia già sentenziato e condannato.

Sbaglia anche chi pensa che il campo profughi sarà sbaraccato nel giro di qualche settimana. L’imponenza dell’allestimento non lascia dubbi, frutto del lavoro ininterrotto durato 48 ore dei vigili del fuoco arrivati da tutto il Centro-Sud, dal Lazio alla Sicilia, ma anche dalla Campania e da tutta la Puglia. Professionisti dell’emergenza, guidati dall’ingegnere Michele Di Grezzia: “Siamo già stati a L’Aquila, ma anche a Catania, e ovunque ci sia stato bisogno del nostro intervento”. La gigantesca tendopoli conta oltre settecento posti letto, 550 dei quali destinati ai profughi. Affianco alle tende da sei posti l’una ci sono i bagni, cinque gruppi elettrogeni, e un’enorme struttura tensostatica che ospiterà la mensa. I primi problemi sono arrivati con l’allacciamento per la linea telefonica, “i cavi devono passare nel terreno di un privato”, dice un altro ingegnere consultandosi con il direttore dei lavori, “e questo non ne vuole nemmeno sentir parlare”.

In tarda mattinata arriva anche il sindaco di Manduria Paolo Tommasino. “Mandato al decimo mese di vita”, sottolinea guardando la data sull’orologio, “è un buon inizio”. Ma il sindaco non sorride. La notizia del campo a un passo dalla città è arrivata all’amministrazione pidiellina fra capo e collo, il sindaco è stato convocato in prefettura a decisioni già prese. Lui se la prende con la Regione: “Pretendo che il governo regionale sia al nostro fianco”, tuona, “vogliamo garanzie sul piano sanitario e della sicurezza. Lunedì terremo un consiglio straordinario, ma i clandestini dovranno essere identificati e catalogati, anche se questo è un brutto termine”. Poi corregge il tiro: “Non mancheremo questa prova di solidarietà”.

La parata istituzionale è appena agli inizi. Arrivano alla spicciolata il consigliere regionale uddiccino Euprepio Curto, l’assessore provinciale di Brindisi Giovanni Pomarico, nel pomeriggio tocca all’assessore ai Lavori pubblici Fabiano Amati e Nicola Fratoianni cui toccherà rassicurare sindaco e assessore del ruolo della Regione, che ha promesso di non defilarsi. Al consiglio comunale di lunedì invece, parteciperà il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano in persona.

Ma l’attesa, per gli operatori che per i prossimi mesi vivranno fianco a fianco con i profughi, è altra. “Speriamo nell’aiuto dei volontari. Sono loro la nostra ricchezza e la forza, per questa gente disperata, gente in fuga”. Lonoce i migranti li conosce ormai da un pezzo. La cooperativa che vinse l’appalto a Restinco avrebbe dovuto gestire quello che era un Centro di prima accoglienza, ed esattamente per l’accoglienza era stato concepito il progetto. Si è ritrovato lui stesso nell’inferno del Cie. E’ l’unico qui a non pronunciare, nemmeno per accidente, la parola clandestini.

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