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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Naufragio del Venerdì Santo, si avvicina il momento della sentenza di appello

LECCE - Lo scorso 28 settembre il procuratore generale Giuseppe Vignola ha chiesto l’assoluzione del comandante della corvetta “Sibilla”, che nella sera del 28 marzo 1997 speronò nel Canale d’Otranto la ex motovedetta albanese “Kater I Rades” provocandone l’affondamento con tutto il suo carico di uomini, donne e bambini diretti verso la costa brindisina. I morti furono 84, e i superstiti 37: erano quelli che si trovavano in coperta e riuscirono a buttarsi in acqua. In primo grado, per Fabrizio Laudadio ci fu una condanna a tre anni per naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.

LECCE - Lo scorso 28 settembre il procuratore generale Giuseppe Vignola ha chiesto l’assoluzione del comandante della corvetta “Sibilla”, che nella sera del 28 marzo 1997 speronò nel Canale d’Otranto la ex motovedetta albanese “Kater I Rades” provocandone l’affondamento con tutto il suo carico di uomini, donne e bambini diretti verso la costa brindisina. I morti furono 84, e i superstiti 37: erano quelli che si trovavano in coperta e riuscirono a buttarsi in acqua. In primo grado, per  Fabrizio Laudadio ci fu una condanna a tre anni per naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.

Il pg a settembre ha chiesto inoltre la conferma della condanna a 4 anni pronunciata dal tribunale di Brindisi per Namik Xhaferi (l’albanese che si ritiene fosse al comando della Kater. Il 5 ottobre , sempre presso la Corte di Appello di Lecce, hanno discusso le parti civili facendo rilevare la colpa che sussiste in capo a Laudadio nella circostanza del naufragio. Domani, 19 ottobre, tocca ai difensori e potrebbe anche essere il giorno della sentenza.

Contro l’assoluzione del comandante italiano si sono pronunciati oggi i movimenti antagonisti e antirazzisti, che annunciano una presenza davanti al palazzo di giustizia di Lecce. “Se ciò si verificasse – si legge in un comunicato a proposito di una possibile assoluzione di Laudadio -  costituirebbe un precedente gravissimo, poiché si accetterebbe l’impunità della condotta militare in tutte le operazioni di peacekeeping e controllo della sicurezza nazionale. Sarebbe così sancito che la testimonianza delle  vittime  è sempre inattendibile.  Si spera che la futura sentenza non uccida per la seconda volte  i bambini della Kater, ma anche il cuore dei loro genitori  che ancora li piangono, e la nostra coscienza”.

Le indagini sulla collisone della notte del Venerdì Santo del 1997 fu condotta dalla squadra mobile di Brindisi e dal pm Leonardo leone De Castris, che blindò ogni passaggio dell’attività investigativa per evitare tentativi di inquinamento delle prove. La procura brindisina impose il recupero del relitto e del suo pietoso carico, che si trovava a 780 metri di profondità. Tutto fu poi issato su un pontone e trasferito a Brindisi, dove le operazioni di trasferimento a terra della ex motovedetta di fabbricazione russa avvenne sotto gli occhi del mondo intero.

La “Kater I Rades” era uscita dal porto di Valona alle 16 di quel giorno, ed aveva ignorato i segnali inviati dalla fregata “Zeffiro” che intimava di rientrare. Poi la fregata lasciò il compito di interdire la motovedetta alla corvetta “Sibilla”, che faceva parte del dispositivo di dissuasione degli sbarchi di clandestini. Ma ne nacque una tragica sequenza di virate e controvirate che alla fine portò la prua della nave militare a collidere con una fiancata della motovedetta, lunga appena 21 metri, che si capovolse e affondò nelle gelide acque dell’Adriatico con la maggior parte della gente che si trovava sottocoperta.

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