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Cronaca

“Nella Fiat Croma fino a 300 chili di droga tra paraurti e bagagliaio”

Il brindisino Carella ristretto nel carcere di via Appia, Cannalire a Torino. Coca e hashish acquistati in Marocco e importati dalla Spagna all’Italia per arrivare anche a Brindisi

BRINDISI – Fiat Croma imbottite di droga: sino a 300 chili per ogni viaggio lungo l’Italia, da Torino a Brindisi e in Calabria. Cocaina e hashish tra paraurti e bagagliaio, modificati da carrozzieri amici. I retroscena sul mezzo di trasporto, rigorosamente su strada, e sulla rete di persone in contatto con i 12 che sono finiti in carcere all’alba di ieri, emerge dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare ottenuta dai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Torino, titolari dell’inchiesta chiamata Bellavita. Il brindisino Orlando Carella, panettiere, è stato arrestato a Brindisi ed è ristretto nel carcere di via Appia, mentre Giovanni Cannalire è stato arrestato a Torino, dove da qualche tempo si occupava della gestione di un autolavaggio.

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Secondo l’accusa Cannalire avrebbe fatto parte dell’associazione finalizzata al traffico di droga, mentre Carella sarebbe stato contattato in alcune occasioni per occuparsi del trasporto sino a Brindisi tre anni fa. Le contestazioni sono state mosse con riferimento al 2014, periodo di tempo antecedente rispetto a quello preso in considerazione dalla Procura di Brindisi nell’inchiesta chiamata Last Travel, partita dopo l’inseguimento che la sera del 9 agosto 2016 portò alla scoperta di una Fiat Croma con 85 chili di hashish. L’auto venne intercettata nei pressi del centro commerciale Le Colonne. Cannalire, in quella circostanza, riuscì a fuggire a piedi, mentre venne arrestato in flagranza Antonio Di Giovanni, il genero, rimasto indagato a piede libero nell’inchiesta Bellavita.

Secondo i carabinieri del Ros, cocaina e hashish, in ingenti quantità, venivano acquistate in Marocco e importate dalla Spagna all’Italia per essere commercializzate in prevalenza a Torino e da qui veniva smistate al Sud, tra Brindisi e la Calabria. A capo dell'organizzazione, stando all’accusa, ci sarebbe stato Rocco Piscioneri, originario di Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, arrestato nel 2014 a Torremolinos, vicino a Malaga, scarcerato nel 2015 per gravi problemi di salute e morto a marzo 2017 in una struttura protetta di Foglizzo. Al suo posto sarebbe subentrato il fratello Cosimo, 69 anni, arrestato anche lui nella località andalusa in collaborazione con la polizia spagnola, assieme ad Mario Antonio Di Giacomo, ritenuto il suo braccio destro. E ricercato da anni.

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Gli altri arrestati sono: Sandro Brancadoro, torinese di 49 anni;  Mario Contrò, catanese residente a Caselle Torinese di 62 anni; Antonio Di Giovanni, torinese di 34 anni; Natale Lupia, catanzarese domiciliato a Torino di 65 anni; Francesco Pannozzo, torinese di 54 anni; Antonio Squillace, di Caulonia di 49 anni; Bruno Trunfio, di Chivasso di 48 anni. Luigi Tommaso Trisolino, leccese trapiantato a Torino di 80 anni, è stato posto agli arresti domiciliari mentre Vittorio Di Giovanni, torinese di 41 anni, dovrà osservare l’obbligo di dimora nel comune di Torino.

Tra i destinatari del provvedimento c’è Bruno Trunfio, ex assessore all’Edilizia del Comune di Chivasso durante l’Amministrazione guidata dal sindaco Andrea Fluttero ed ex vicesegretario dell’Udc cittadino. L’ordinanza gli è stata notificata nel  nel carcere di Genova, dove sta scontando una condanna in seguito alla sentenza scaturita dall’inchiesta Minotauro, sulla cosiddetta “locale” di Chivasso, una struttura territoriale della ’ndrangheta. Il giro degli interrogatori di garanzia dovrebbe iniziare domani mattina. 

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