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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Mesagne

Nessuna minaccia in aula all'altro boss pentito: assolto "Il Marocchino"

BRINDISI – Antonio Vitale, mesagnese, soprannominato “Il Marocchino”, è stato assolto questa mattina dal tribunale di Brindisi, presidente Giuseppe Licci, dall’accusa di avere minacciato l’ex boss della Sacra corona unita, anche lui di Mesagne, Massimo D’Amico, un tempo suo alleato ai vertici della cosiddetta Nuova Scu. “Assolto perché il fatto non sussiste” è stata la motivazione della sentenza. Il pubblico ministero Alberto Santacatterina, aveva chiesto la condanna a quattro mesi di carcere.

BRINDISI – Antonio Vitale, mesagnese, soprannominato “Il Marocchino”, è stato assolto questa mattina dal tribunale di Brindisi, presidente Giuseppe Licci, dall’accusa di avere minacciato l’ex boss della Sacra corona unita, anche lui di Mesagne, Massimo D’Amico ("Uomo tigre"), un tempo suo alleato ai vertici della cosiddetta Nuova Scu. “Assolto perché il fatto non sussiste” è stata la motivazione della sentenza. Il pubblico ministero Alberto Santacatterina, aveva chiesto la condanna a quattro mesi di carcere.

Assoluzione perché il fatto non sussiste invece era stata la richiesta dei difensori di Vitale, gli avvocati Cinzia Cavallo e Marcello Falcone. E il tribunale l’ha accolta. I fatti risalgono ai tempi di uno dei tanti processi di mafia in cui Vitale era imputato e D’Amico, passato dall’altra parte della sponda, l’accusatore. I due erano in videoconferenza. Come stamattina Vitale, che ha seguito l’udienza dalla sala appositamente attrezzata nel supercarcere nel quale è rinchiuso.

Vitale, mentre deponeva D’Amico, fece un gesto con la mano destra, alzandola dal basso verso l’alto, in direzione di D’Amico. Quest’ultimo ritenne che fosse una minaccia e quindi riferì al magistrato inquirente che avviò il procedimento conclusosi oggi. Vitale è uno dei tanti capi che si sono succeduti al vertice della Sacra corona unita. Ed uno dei pochi che non si sono pentiti e stanno  scontando le pene che sono state comminate loro.

“il Marocchino” di anni di carcere ne ha accumulati quarantacinque. Dal 1999 è in regime di 41 bis, e cioè da solo in cella, un’ora di aria al giorno, non può leggere i giornali. Dovrebbe lasciare il carcere nel giro di cinque o sei anni al massimo. Per cui anche una banalità come il processo svoltosi questa mattina può diventare importante. Al crimine si avvicinò giovanissimo. Qualche furtarello, poi le rapine e infine la Sacra corona unita. Fu proprio per le rapine che finì la prima volta in carcere. Uscito per un permesso evase.

La sua latitanza durò abbastanza, ma alla fine fu catturato nelle campagne di Ceglie Messapica. La sua cattura era diventata prioritaria per le forze dell’ordine in quanto Vitale, seppure giovanissimo, metteva subito mano alla pistola. Approdato alla Sacra corona, non ebbe difficoltà a farsi strada. Iniziò come affiliato di Giuseppe Rogoli, ma poi, pian piano, si affrancò e costituì un suo gruppo molto forte. Assieme a D’Amico e a Massimo Pasimeni, diedero vita alla Nuova Sacra corona, mettendo da parte Rogoli. D’Amico si pentì e apparve sulla scena un arrembante Peppo Leo che si fece largo a forza di omicidi. Arrestato, anche lui si pentì. Vitale invece è un duro e puro. Non ha aperto bocca e aspetta di saldare il proprio conto con la giustizia.

Nel frattempo la Scu si è sbriciolata. Soprattutto dopo l’ultima mazzata, la più poderosa, ricevuta con l’operazione “Mediana”, coordinata da Leonardo Leone de Castris, attuale procuratore di Rossano Calabro. Ci furono 160 arresti. Solo Giovanni Falcone, in Sicilia, prima di essere ammazzato da Cosa Nostra, aveva portato a termine un’operazione antimafia con un numero superiore di arresti.

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