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Cronaca

“Non sono io il killer del giovedì santo: sono fuori dalla Scu da anni”

Vitantonio D’Errico respinge l’accusa di aver ucciso Francesco Di Coste, la sera dell’aprile 2004: “Quella sera ero a casa, non lo conoscevo neanche”, ha detto al gip. “Ho già scontato i miei errori con 11 anni di carcere”

BRINDISI – “Non sono io il killer del giovedì santo: quella sera ero a casa, ero sottoposto alla sorveglianza speciale. In vita mia, non ho mai ucciso nessuno e con la Scu non c’entro niente. Ho già pagato per i miei errori e ho scontato undici anni in carcere”.

D'Errico Vitantonio Cl. 68(FILEminimizer)-2-2-2In cella Vitantonio D’Errico è finito l’altro ieri con l’accusa con di essere stato uno dei due killer che la sera dell’8 aprile 2004 spararono sei colpi di pistola calibro 6 per uccidere Francesco Di Coste, ritenuto un concorrente scomodo nella gestione del business della droga sulla piazza di Latiano. Il movente e gli autori sono stati definiti 13 anni dopo la sera dei sepolcri, dopo aver riscontrato  le dichiarazioni rese nel tempo da diversi collaboratori di giustizia, l’ultimo dei quali risponde al nome di Damiamo Danilo Chirico, 46 anni, originario di Francavilla Fontana. Quest’ultimo sostiene di essere stato teste oculare dell’omicidio avvenuto davanti alla sala giochi gestita, all’epoca, dal padre del giovane che venne ucciso. Nel frattempo è stato arrestato e condannato a 12 anni con l’accusa di omicidio preterintenzionale per aver colpito a morte Giovanni Albertini, ad Ascoli Piceno, comune nel quale risiedeva dopo essere stato ammesso al programma di protezione.

Ma quel giovane D’Errico non lo conosceva personalmente, stando a quanto ha riferito questa mattina nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è svolto nel carcere di Borgo San Nicola, davanti al gip Giovanni Gallo, ai pubblici ministeri dell’Antimafia, Alberto Santacatterina e Valeria Farina Valaori, e all’avvocato difensore Giancarlo Camassa.

“Sapevo chi fosse il padre, ma lui no. Non conosco neppure i pentiti se non Sandro Campana perché per un certo periodo tempo abitava vicino a casa mia, a Torre Santa Susanna. Gli altri collaboratori non so neppure chi siano”, ha detto l’indagato che ha respinto anche l’accusa di aver continuato a far parte della Sacra Corona Unita. “Mi sono allontanato da tutti dopo aver pagato il mio debito con la giustizia”.

Sotto inchiesta, a piede libero, restano il fratello minore e il padre, Giuseppe D’Errico e Pasquale D’Errico: il primo è ritenuto dai pm l’altro killer, ma per il gip la posizione deve essere approfondita con riferimento alle dichiarazioni dei pentiti e per questo non è stata accolta la richiesta di arresto; il secondo è indicato come affiliato all’associazione mafiosa, nella frangia riconducibile al presunto gruppo guidato dai fratelli Bruno di Torre. Nella stessa inchiesta il quarto indagato è Cosimo Di Tommaso, accusato di aver aderito al sodalizio.

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