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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Scu e gioco d'azzardo: arresti e sequestri sull'asse Lecce-Brindisi

Operazione all'alba del Gico della Guardia di Finanza del capoluogo salentino. Contatti con i clan del Brindisino

L’operazione della Guardia di Finanza di Lecce, condotta nelle prime ore del mattino di oggi 22 gennaio 2020, colpisce nuovamente un business, quello del gioco d’azzardo e delle slot, di cui da tempo la criminalità organizzata cerca di assumere il controllo. Il blitz interessa anche la provincia di Brindisi, dove già tre volte questo settore di business fu colpito nei primi anni di attività.

I colpi arrivarono con l’Operazione Calypso del Ros di Lecce e del Reparto operativo provinciale di Brindisi dei carabinieri, il 29 settembre 2010, contro la joint-venture tra il clan mesagnese guidato da Daniele Vicientino e il gruppo ostunese di Albino Prudentino, che stava operando in Albania; il 28 dicembre 2010 dalla Squadra Mobile di Brindisi con l’Operazione Last Minute, basata su rivelazioni del nuovo pentito Ercole Penna, ex figura di spicco del clan Vicientino passato alla collaborazione dopo l’arresto di tre mesi prima, che ricostruirono l’infiltrazione della Nuova Scu nell’economia provinciale.

Infine, il 4 marzo 2013 con arresti e sequestri dalla Guardia di Finanza di Brindisi, con l’Operazione Fast Line contro un sistema di società che secondo le accuse servivano al gruppo di Albino Prudentino per controllare attività di gioco d’azzardo. Ma a quanto pare, su questo settore il tentativo di ristabilire una zona grigia sotto il controllo della malavita non si è mai fermato. Come spiega l'articolo che segue, della collega Valentina Murrieri di LeccePrima.  (Redazione BrindisiReport)

LECCE – Un duro colpo è stato inferto, all’alba, nei confronti di una vasta organizzazione stanata da una settantina di militari del Gico del Nucleo di polizia economico e finanziaria di Lecce, il Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata. Dieci in manette di cui tre in carcere, altrettanti ai domiciliari e i restanti quattro sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, su disposizione del gip del Tribunale di Lecce, Edoardo D’Ambrosio. Sono in totale 29 gli indagati a piede libero per svariati reati in concorso tra Galatina, Aradeo, Carmiano e Corigliano d'Otranto. Maxi sequestro preventivo di beni mobili ed immobili, compendi aziendali e quote nei confronti di sette società, conti correnti e depositi anche personali per un valore di circa 7 milioni di euro.

L'indagine coordinata dalla Dda di Lecce, la Direzione distrettuale antimafia ed è stata denominata "Dirty slot", per indicare simbolicamente i torbidi affari del clan malavitoso. I coinvolti nell'operazione risponderanno delle accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, frode informatica, esercizio di giochi d’azzardo ed esercizio abusivo di giochi e scommesse aggravati dal metodo mafioso, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori.

I riflettori degli investigatori sono stati puntati sullo slot e giochi per le scommesse sportive: i finanzieri hanno scoperto un sodalizio criminale di stampo mafioso, dedito alle estorsioni, alla truffa informatica e al gioco d’azzardo. I componenti dell’organizzazione sono stati ritenuti vicini al clan Coluccia di Galatina e ad alcune frange brindisine della Sacra corona unita. Si tratta di Alberto Marra; Massimiliano Marra e Gabriele Antonio De Paolis, ristretti nell’istituto penitenziario leccese. Ai domiciliari sono invece finiti: Leonardo Costa, Luigi Marra, Pamela Sabina Giannico. In quattro, infine, sottoposti alla misura dell’obbligo di firma: Andrea Bardoscia, Daniele Donno, Stefano Greco, Maurizio Zilli.

Secondo i riscontri investigativi, il gruppo avrebbe controllato il mercato del gaming con modalità mafiose nel Tacco così come nelle province di Brindisi, Taranto, Frosinone e Latina. Tutto è cominciato dalla denuncia sporta da un imprenditore salentino, operante nella produzione e noleggio di video-apparecchi da gioco e da alcune dichiarazioni rilasciate da collaboratori di giustizia.

L’uomo sarebbe rimasto vittima di una estorsione, da parte di un pregiudicato vicino al clan Coluccia. Il malcapitato avrebbe dovuto pagare il “pizzo” pur di tenere le proprie slot machine nei locali tra Galatina e Noha. Ma non è tutto. Durante l’indagine delle fiamme gialle, le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno anche rilevato anche un secondo tentativo di estorsione ai danni di un altro titolare di sala giochi, questa volta a Corigliano d’Otranto.

I due fratelli Marra, Alberto e Massimiliano, titolari della Teckno Win Srl, azienda operante nel settore dei videogiochi e già indagati nell’ambito di un altro procedimento penale e sempre ritenuti vicini al noto clan galatinese, sarebbero stati identificati come i “beneficiari” delle azioni della compagine mafiosa: quest’ultima avrebbe imposto a volte anche con violenza fisica a titolari di bar, ristoranti e sale da gioco l’installazione di circa 400 videogiochi prodotti dalla Tecno Win Srl.

Secondo le indagini dei finanzieri, i fratelli Marra sarebbero a capo di un gruppo dedito alla manipolazione e alterazione delle schede di gioco e nell’attività di raccolta illegale delle scommesse per via telematica, effettuata per mezzo di congegni elettronici collegati a bookmaker stranieri, privi di autorizzazione ad operare in Italia, sottraendo gli introiti alla tassazione statale. Congegni dunque "taroccati" per interrompere i flussi telematici di comunicazione ai Monopoli di Stato. Quegli stessi proventi, hanno scoperto le fiamme gialle, venivano piuttosto riciclati nell’avvio di nuove attività intestate a terzi individui, “insospettabili”, per proteggere l’impero patrimoniale del clan salentino della Scu.

I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria leccesi hanno effettuato sequestri di apparecchiature elettroniche e svolto una verifica fiscale nei confronti della società: hanno rilevato una enorme evasione fiscale di circa 2,5 milioni di euro e di oltre 15 milioni di euro di Iva, grazie anche alla scoperta di documentazione extracontabile in formato digitale rinvenuta negli hard disk della società, ricostruita dai militari delle fiamme gialle.

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