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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio contrabbandiere: "Antonacci andò oltre i limiti della sua funzione"

Il vicequestore in congedo Pietro Antonacci andò oltre i limiti della sua funzione la notte fra il 14 e il 15 giugno del 1995, quando il contrabbandiere Vito Ferrarese fu ucciso da una pioggia di proiettili e bombe a mano partita da un elicottero della polizia. E' quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Cassazione

BRINDISI - Il vicequestore in congedo Pietro Antonacci andò oltre i limiti della sua funzione la notte fra il 14 e il 15 giugno del 1995, quando il contrabbandiere Vito Ferrarese fu ucciso da una pioggia di proiettili e bombe a mano partita da un elicottero della polizia a bordo del quale si trovava anche il questore Franco Forleo, durante un inseguimento in mare.

E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della corte di Cassazione che ha confermato la condanna a 15 anni e 6 mesi di carcere inflitta all’ex capo della Squadra mobile di Brindisi dalla corte d’Appello di Taranto, il 23 gennaio del 2013. L’ex dirigente della polizia si trova recluso dallo scorso 2 marzo presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, dove si costituì spontaneamente, accompagnato dalla figlia e dal suo avvocato, Carmelo Molfetta.

Antonacci, che per la lotta alla criminalità organizzata aveva ricevuto la medaglia d'oro al valor civile, cercò di fermare un contrabbandiere in fuga su un motoscafo con colpi di arma da fuoco e granate lanciate dall'elicottero della polizia. Al riguardo, la Sesta sezione penale scrive che la Corte d'assise d'appello di Taranto, il 23 gennaio 2013, "ha espressamente e inequivocabilmente argomentato circa il superamento dei limiti della funzione Pietro Antonaccipubblica di cui l'imputato era investito, quale intrinseco alle condotte in addebito". Spiega la Cassazione che "quel che nell'azione è stato obliterato è in primo luogo il rispetto della legalità che si impone sempre e comunque agli appartenenti alle forze dell'ordine, quand'anche essi si trovino in situazioni pericolose per la propria incolumità personale e ciò integra il dato tipico dell'aggravante".

Nel dettaglio gli 'ermellini' osservano che "sparare ripetutamente e con lucida determinazione all'indirizzo del natante, impiegando un'arma di prestazioni elevate (mitraglietta M12) non di ordinanza, ancorchè in dotazione al corpo di polizia di appartenenza, nel corso di un inseguimento notturno connotato da alta velocità e da frequenti mutamenti di rotta sia dell'imbarcazione sia dell'elicottero su cui l'imputato si trovava, in un contesto di emulazione e di reciproca esaltazione dovute anche alla presenza di un superiore gerarchico (l'allora questore di Brindisi Francesco Forleo) partecipante all'azione, con impiego anche di bombe a mano, ancorchè non riferibile in prima persona al ricorrente, unitamente alla mancata adozione di particolari sistemi di puntamento dell'arma da fuoco volti a indirizzare i colpi in parti determinate dell'imbarcazione atte a tenere indenni gli occupanti, in assenza di una particolare perizia professionale nell'uso delle armi, ammessa dallo stesso imputato, costituiscono indiscutibili indici rilevatori della sussistenza di un'alta probabilità che qualcuno degli occupanti fosse attinto dai colpi esplosi, quando non dalle bombe lanciate verso l'imbarcazione in fuga".

Bocciato anche il ricorso del ministero dell'Interno, responsabile civile che sollevava censure, tra l'altro, sulla sospensione del processo nei confronti di Forleo. La Cassazione, sul punto, ha spiegato che "non ravvisa alcuna contraddizione tra l'originaria decisione di non sospendere il processo e quella successiva di procedervi, non appena la situazione accertata dal perito incaricato di valutare le condizioni di salute psichica dell'imputato Forleo ne hanno configurato la necessità: si tratta di decisioni che il giudice deve assumere in relazione alla concreta situazione emergente dagli accertamenti disposti e ben può accadere che la necessità di sospensione non si configuri in un determinato momento del processo per materializzarsi successivamente, all'esito del progredire della patologia o di più approfondite verifiche di carattere medico-legale".

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