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Cronaca

Omicidio della piccola Maria: confermata la condanna per la madre

PERUGIA - Confermata la condanna a quindici anni di carcere (tre condonati) per Tiziana Deserto, 36 anni, di Latiano, ritenuta responsabile di concorso nell’omicidio e in violenza sessuale della figlia Maria Geusa di due anni e sette mesi. La Corte di assise di appello di Perugia ha assolto la Deserto dall’accusa di maltrattamenti della figlia, ma non le ha creduto per quanto riguarda la sua estraneità all’omicidio della figlia commesso dal suo amante Giorgio Giorni, imprenditore edile di Sansepolcro, condannato all'ergastolo.

PERUGIA - Confermata la condanna a quindici anni di carcere (tre condonati) per Tiziana Deserto, 36 anni, di Latiano, ritenuta responsabile di concorso nell’omicidio e in violenza sessuale della figlia Maria Geusa di due anni e sette mesi. La Corte di assise di appello di Perugia ha assolto la Deserto dall’accusa di maltrattamenti della figlia, ma non le ha creduto per quanto riguarda la sua estraneità all’omicidio della figlia commesso dal suo amante Giorgio Giorni, imprenditore edile di Sansepolcro, condannato all'ergastolo.

Tiziana Deserto, difesa dagli avvocati Eugenio e Gianni Zaganelli, si è sempre professata innocente. Questa mattina, prima che la Corte entrasse in camera di Consiglio, la donna ha chiesto di poter parlare. “Giudicatemi serenamente – ha detto rivolgendosi alla Corte -. Non ho fatto nulla di male alla mia bambina. Mi aspetto un’assoluzione piena”. Alla lettura della sentenza non era in aula. Aveva salutato i suoi avvocati e, con il marito Massimo Geusa, muratore di Erchie, e con la madre, è partita in treno per raggiungere Latiano.

E invece dopo un paio di ore di Camera di consiglio ha pronunciato la sentenza. Gliel’ha comunicata Eugenio Zaganelli per telefono. “Avvocato, sono innocente”, è stata la risposta di Tiziana Deserto. «La mia assistita - ha riferito Zaganelli - ha detto di essere tranquilla nonostante tutto e in qualche modo sollevata perchè i giudici l'hanno assolta per uno dei reati per i quali era stata condannata. Attendiamo ora di vedere la motivazione della sentenza. A nostro avviso già quella della Corte d'Assise si basava sul niente. Ricorreremo in Cassazione”. “I maltrattamenti erano il cardine della sentenza di primo grado”, ha sottolineato l'altro difensore, l'avvocato Gianni Zaganelli. “Questo è il primo segnale di sgretolamento dell’accusa - ha aggiunto -. Riusciremo a dimostrare l'innocenza di Tiziana che dal 2004 ha subìto una pesante campagna mediatica. È stata descritta come la peggior donna al mondo, paragonata a una strega del Medioevo”.

Tiziana Deserto aveva scaricato ogni responsabilità sul suo ex amante. Colui per il quale aveva convinto il marito a lasciare Erchie, dove abitavano, ed a trasferirsi dalle parti di Sansepolcro, dove abitava e aveva il cantiere edile Giorni. Imprenditore che assunse come piastrellista Massimo Geusa. Ma contemporaneamente frequentava abitualmente la coppia del Brindisino e portava tanti regali alla piccola Maria. E non solo. Giorni passava ore ed ore da solo con la bambina. “Per farlo familiarizzare – disse la madre ai giudici -  dato che avevamo deciso di vivere insieme”. Sino ad allora si erano incontrati in un appartamentino che Giorni aveva affittato a Città di Castello.

“L’unica colpa di Tiziana – ha più volte ripetuto Eugenio Zaganelli – è stata quella di fidarsi di quell’uomo”. “Un mostro che ha fatto del male, tanto male, alla mia bambina”, l’ha definito la Deserto. Secondo i giudici di primo e secondo grado, però, non è stato solo Giorni a far del male alla piccola. Ma anche la madre, contro la quale si sono costituiti parte civile i suoceri. Stando alla doppia sentenza di condanna, la Deserto era perfettamente consapevole di quel che accadeva. Quei lividi sulle braccia di Maria che persino la maestra dell’asilo frequentato dalla piccola aveva notato, non potevano essere sfuggiti alla madre. Eppure continuava ad affidarla a Giorni. La mattina del 5 aprile del 2004 Giorni passò da casa dei Geusa. Massimo era al lavoro. C’erano madre e figlia. Giorni prese la piccola e la portò con sé in macchina a Città di Castello. Quel giorno le cose precipitarono. Nel pied-a-terre Giorni usò violenza alla bambina. La picchiò tanto da tramortirla. Quando si rese conto della gravità della situazione, corse in ospedale. “E’ caduta dalle scale”, disse ai medici del pronto soccorso. Che però ben presto si resero conto che quelle lesioni fossero di ben altra natura.

Il giorno dopo la bambina morì. Mentre era in corso il funerale a Latiano Giorni fu arrestato. Cominciò ad emergere una vicenda torbida che portò all’incriminazione anche della mamma di Maria. Giorni confessò. “Piangeva e l’ho picchiata, ma non l’ho violentata”, si difende. Giorni, detenuto, Tiziana libera, vengono messi a confronto. “Tu sapevi tutto”, dice lui. “Non è vero, sei un bugiardo, mi hai ingannato, assassino”, grida lei disperata. Il processo in primo grado alla Deserto è lungo e complesso. Tanti indizi, prove certe nessuna. Cento testimoni, 32 udienze e alla fine la condanna a 15 anni di carcere, tre dei quali condonati. E’ la sera del 24 novembre 2007 quando la Corte di assise di Perugia, dopo sei ore di camera di consiglio, emette la sentenza.

Dopo quasi due anni e mezzo arriva la sentenza di secondo grado. Ed ora alla Deserto resta la strada della Cassazione per cercare di evitare di dover trascorrere lunghi anni in carcere.

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