rotate-mobile
Lunedì, 4 Dicembre 2023
Cronaca San Donaci

Omicidio dell'ex carabiniere, la difesa dell'imputato: "Sta malissimo"

Via al processo a Michele Aportone, il 71enne di San Donaci accusato di aver ammazzato Silvano Nestola la sera del 3 maggio del 2021. Il medico legale verificherà per conto della Corte d'Assise se l'imputato possa stare in carcere e se sia in grado di stare in giudizio

“Le condizioni di salute di quest’uomo sono precipitate al punto che non gli consentono di stare neppure in giudizio”: è quanto ha sostenuto oggi, martedì 18 ottobre, in aula l’avvocata Francesca Conte nei riguardi di Michele Aportone, il 71enne di San Donaci accusato di aver assassinato con un fucile da caccia Silvano Nestola, ex carabiniere di 45 anni, la sera del 3 maggio del 2021, mentre lasciava casa della sorella col figlio di undici anni, a Copertino.

Questa mattina, nella prima udienza del processo, proprio su sollecitazione della legale, la Corte d’Assise del tribunale di Lecce, presieduta dal giudice Pietro Baffa (a latere, la collega Maria Francesca Mariano e i giudici popolari), ha conferito un doppio incarico al medico legale Alberto Tortorella.

Il primo riguarda il parere (che dovrà essere espresso entro cinque giorni) sull’eventuale incompatibilità dello stato di salute dell’imputato con la detenzione carceraria, all’esito del quale i giudici decideranno se concedergli i domiciliari; la seconda (da depositare entro trenta giorni) in merito alla capacità dello stesso di sostenere un processo. Per quest’ultimo accertamento, al professionista, è stata concessa la possibilità di avvalersi di uno psichiatra.

I lavori peritali inizieranno lunedì prossimo nella casa circondariale di Bari, dove il 71enne è detenuto.

Non è la prima volta che la difesa presenta istanza di alleggerimento della misura cautelare (dal carcere ai domiciliari), facendo leva sia sull’età che sulle condizioni di salute del suo assistito. L’ultima fu respinta dal giudice Marcello Rizzo, dinanzi al quale si svolse l’udienza preliminare.

Nella prossima udienza, fissata per il prossimo 20 dicembre, nell’aula bunker del penitenziario di “Borgo San Nicola” sarà ascoltato il personale dell’Arma che svolse le indagini sotto la guida del sostituto procuratore Alberto Santacatterina (oggi pubblica accusa nel processo) e della collega Paola Gugliemi.

Secondo l’inchiesta, Aportone avrebbe “eliminato” Nestola perché non accettava il rapporto con la figlia Elisabetta, all’epoca 37enne, nella cui autovettura aveva piazzato un gps proprio per monitorare, insieme alla consorte (inizialmente indagata, la sua posizione fu poi stralciata), ogni suo spostamento.

In soli 35 giorni (dal 27 marzo al 2 maggio del 2021) la posizione della vettura utilizzata dalla donna fu controllata 571 volte dall’utenza in uso alla moglie (più di sedici volte al giorno, una volta ogni ora e mezza) e 134 dall’utenza in uso al 70enne (quasi quattro volte al giorno).

Per raggiungere il luogo del delitto, racconta sempre l’inchiesta, Aportone avrebbe usato due mezzi: un furgone con il quale avrebbe compiuto solo una parte del tragitto per Leverano, e successivamente lo scooter caricato all’interno dello stesso furgone e di cui poi si sarebbe disfatto, quattro giorni dopo, sezionandolo e bruciando alcuni pezzi.

Per la difesa, la ricostruzione degli inquirenti è basata su mere ipotesi, ma la tesi accusatoria finora è stata condivisa sia dal giudice Sergio Tosi, firmatario dell’ordinanza di custodia cautelare, che dal Tribunale del Riesame che confermò la misura in carcere.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Omicidio dell'ex carabiniere, la difesa dell'imputato: "Sta malissimo"

BrindisiReport è in caricamento