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Cronaca Ceglie Messapica

Omicidio Gioia, si indaga sul movente: il "giallo" del finto sinistro stradale

CEGLIE MESSAPICA – L’attenzione del pubblico ministero Giuseppe De Nozza è concentrata sull’incidente stradale che si verificò qualche anno fa tra la moglie di Giuseppe Gioia, 44 anni, elettricista di Ceglie Messapica, ucciso con una coltellata al cuore nel tardo pomeriggio della vigilia di Natale scorso, e Antonio Valente, 38 anni, autista cegliese, dipendente della ditta Monteco, autore dell’omicidio. Quell’incidente è stata la causa della lite tra i due e del conseguente omicidio. Per il magistrato inquirente è importante venirne a capo, stabilire che cosa accadde non tanto al momento del lieve impatto tra la vettura condotta dalla moglie di Gioia e la motoretta in sella alla quale si trovava Valente, quanto nelle fasi successive.

CEGLIE MESSAPICA – L’attenzione del pubblico ministero Giuseppe De Nozza è concentrata sull’incidente stradale che si verificò qualche anno fa tra la moglie di Giuseppe Gioia, 44 anni, elettricista  di Ceglie Messapica,  ucciso con una coltellata al cuore nel tardo pomeriggio della vigilia di Natale scorso, e Antonio Valente, 38 anni, autista cegliese, dipendente della ditta Monteco, autore dell’omicidio. Quell’incidente è stata la causa della lite tra i due e del conseguente omicidio. Per il magistrato inquirente è importante venirne a capo, stabilire che cosa accadde non tanto al momento del lieve impatto tra la vettura condotta dalla moglie di Gioia e la motoretta in sella alla quale si trovava Valente, quanto nelle fasi successive.

E per questo avrebbe delegato il comandante della stazione carabinieri di Ceglie Messapica, luogotenente Sante Convertini,  a svolgere indagini su questo aspetto specifico. Che è l’unica cosa ancora non chiara per stabilire in che misura vanno suddivise le dosi di responsabilità, fermo restando la gravità del gesto di Valente. Erano all’incirca le 17,30 quando Gioia e Valente si incontrarono dinanzi al bar Time Out, sulla provinciale per  Villa Castelli. Gioia, sposato, padre di due bimbi, era nel bar, quando vide arrivare Valente. Uscì e si affrontarono. Prima spintoni, pugni, un corpo a corpo che alcuni presenti tentarono di impedire.

Poi Valente si armò di un coltello. Due fendenti: uno al cuore e l’altro superficiale al fegato. Valente si allontana e dopo un poco si presenta ai carabinieri. “L’ho ucciso perché dal momento dell’incidente mi perseguitava”, dice l’indagato, che affida la difesa agli avvocati Aldo Gianfreda e Francesca Conte.

La versione della moglie di Gioia, che con i familiari si è affidata all’avvocato Cosimo Deleonardis, pare sia diversa. E cioè che Valente ogni volta che la incontrava la moglie, la provocava facendo finta di farsi investire, probabilmente perché l’incidente per il quale era stato risarcito, non era avvenuto nei termini in cui era stato denunciato alla compagnia di assicurazione.  L’incidente sarebbe stato talmente lieve che sia la signora Gioia, sia Valente sarebbero andati via senza problemi. Poi invece le condizioni di salute di Valente sarebbero precipitate. Collezionò un bel po’ di giorni di malattia ed ebbe un congruo risarcimento. Secondo il sospetto iniziale degli investigatori, sarebbe stata questa cifra percepita da Valente a creare astio nell’elettricista. Perché, a quanto pare, dato che l’incidente era gonfiato, voleva la sua parte.

E’ proprio questo aspetto che il magistrato inquirente vuole chiarire. E per questo ha incaricato i carabinieri di fare luce su quell’incidente, verificare la certificazione medica e con ogni probabilità sarà effettuata anche una perizia per verificare se le lesioni riportate da Valente (si parla addirittura di un arto fratturato) sono reali e compatibili con quell’incidente stradale dal quale Valente si allontana con le proprie gambe e a bordo della sua vettura.

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