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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Jelenic: dopo 15 anni il Dna cancella i dubbi sui resti

Per i pentiti fu ammazzato. Di fatto scomparve nel nulla, quindici anni fa. A distanza di tre lustri da quella misteriosa scomparsa, si profila un clamoroso colpo di scena. Proprio mentre i familiari avevano perso ogni traccia utile alla ricostruzione della verità, il tempo e l'esame del Dna hanno dissolto ogni dubbio sui resti del cadavere di Vladimir Jelenic, detto Vania: il ventiduenne montenegrino ucciso la notte tra il 23 e il 24 ottobre del 1995 a Bar, in Montenegro.

Per i pentiti fu ammazzato. Di fatto scomparve nel nulla, quindici anni fa. A distanza di tre lustri da quella misteriosa scomparsa, si profila un clamoroso colpo di scena. Proprio mentre i familiari avevano perso ogni traccia utile alla ricostruzione della verità, il tempo e l'esame del Dna hanno dissolto ogni dubbio sui resti del cadavere di Vladimir Jelenic, detto Vania: il ventiduenne montenegrino ucciso la notte tra il 23 e il 24 ottobre del 1995 a Bar, in Montenegro.

Il giovane - secondo la Dda di Bari - fu ucciso per aver chiesto all’ex boss ostunese Francesco Prudentino, un pizzo di 200 milioni di vecchie lire per offrire protezione alle attività illecite legate al contrabbando internazionale di sigarette che il capoclan delle bionde svolgeva all'epoca in Montenegro.

La conferma sull'dentità dei resti  è stata resa nota nel corso dell'udienza del processo in corso dinanzi alla Corte d'Assise di Bari. La mamma di Jelenic è infatti giunta dal Montenegro in compagnia di un legale e ha portato con sé i risultati dell'esame del Dna compiuto sui resti umani trovati nel paese balcanico. I risultati - a quanto pare - sarebbero compatibili con il Dna di Jelenic.

Il pm della Dda di Bari Giuseppe Scelsi, che accusa nel processo Prudentino di essere il mandante del delitto e il pentito Benedetto Stano di esserne l'esecutore, ha fatto richiesta di rogatoria internazionale per acquisire gli atti dalla magistratura montenegrina, che indaga sul delitto.

L’episodio del giovane slavo, capo di un gruppo criminale locale che operava a Bar, risale all’autunno del 1995. Per l’accusa il giovane rimase vittima nel tentativo di inserirsi nel business del contrabbando. Dietro la sua sparizione, afferma la magistratura inquirente, ci sarebbe una richiesta di tangente e minacce rivolte poco prima di scomparire a Francesco Prudentino. Quest’ultimo, per l’accusa, avrebbe chiesto a Stano di eliminarlo.

Quest’ultimo, secondo le sue stesse confessioni, avrebbe fatto sparare all’estortore. Quanto al cadavere, in un primo momento pare fosse stato nascosto in un giardino.  I resti furono trovati casualmente il 4 luglio del 1997. Al processo che si svolge a Bari era stata acquisita la perizia fatta dallo stesso medico che ora ha fatto l'esame del Dna. In quella perizia il medico legale montenegrino sostenne che i resti potevano appartenere sia a un uomo sia a una donna e che il colpo alla testa poteva essere stato provocato da uno sparo ma anche da un corpo contundente.

Ed a proposito delle parti molli affermò che in genere si distruggono totalmente se il cadavere è sotterrato e lasciato in acqua. Mentre se è è all'aria aperta occorrono un paio di anni. Per questo lui escludeva che potessero appartenere allo slavo ammazzato la notte tra il 23 e 24 ottobre del 1995 a Cany, vicino Bar. Ora lo stesso medico legale, ed è questo il fatto nuovo, ha ribaltato quella prima perizia sostenendo che il Dna di quei resti è compatibile con quello della madre del ragazzo slavo ammazzato da Prudentino. E, comunque, in Montenegro, per la stessa vicenda è in corso un processo con un imputato che non è Francesco Prudentino.

Comunque oggi a Bari il colpo di scena, che a distanza di anni potrebbe fare luce sull’inquietante scomparsa di Vladimir Jelenic e sull’eventuale ruolo recitato da “Ciccio la busta” (difeso dall’avvocato Lolita Maria Buonfiglio Tanzarella), imputato nel processo con l’accusa di essere il mandante di quell’omicidio. Ciccio Prudentino catturato nel 2000 a Salonicco, al termine di un lungo periodo di latitanza, è attualmente sottoposto al regime della sorveglianza speciale

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