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Cronaca

Omicidio, ma era libero: arrestato

CELLINO S. MARCO – Ha raggiunto in carcere il fratello Joseph, il 26enne Antonio Orofalo, che il 19 giugno del 2010 alle 17,40 aveva partecipato alla caccia e all’eliminazione del pregiudicato Gianluca Saponaro di S. Pietro Vernotico, ammazzato con una fucilata sotto l’orecchio destro per vendicare il pestaggio che poche ore prima, alle 15 circa, proprio Antonio Orofalo aveva subito da parte di Saponaro. I fratelli Orofalo, dopo una breve assenza per sfuggire alla cattura, si erano consegnati il 24 giugno ai carabinieri, ma il solo Joseph – all’epoca dei fatti 21enne – era stato sottoposto a fermo essendosi accusato dell’esecuzione materiale dell’omicidio e definendo marginale la posizione del congiunto. E in galera ci finì il più giovane dei due.

CELLINO S. MARCO – Ha raggiunto in carcere il fratello Joseph, il 26enne Antonio Orofalo, che il 19 giugno del 2010 alle 17,40 aveva partecipato alla caccia e all’eliminazione del pregiudicato Gianluca Saponaro di S. Pietro Vernotico, ammazzato con una fucilata sotto l’orecchio destro per vendicare il pestaggio che poche ore prima, alle 15 circa, proprio Antonio Orofalo aveva subito da parte di Saponaro. I fratelli Orofalo, dopo una breve assenza per sfuggire alla cattura, si erano consegnati il 24 giugno ai carabinieri, ma il solo Joseph – all’epoca dei fatti 21enne – era stato sottoposto a fermo essendosi accusato dell’esecuzione materiale dell’omicidio e definendo marginale la posizione del congiunto. E in galera ci finì il più giovane dei due.

Ma al termine del giudizio abbreviato svoltosi davanti al giudice dell’udienza preliminare di Brindisi il 22 novembre scorso, Antonio Orofalo è stato condannato a 18 anni per concorso nell’omicidio aggravato di Gianluca Saponaro e nel porto e nella detenzione dell’arma utilizzata per il delitto. Lo stesso gip ha poi emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’imputato, sussistendo il concreto pericolo di fuga nelle more degli altri gradi di giudizio, ma anche esigenze di cautela sociale, perché dopo l’omicidio Antonio Orofalo, dicono i carabinieri, “si atteggia a criminale di livello palesando anche cinismo per quello aveva fatto. Parlando dell’omicidio con altre persone afferma di aver fatto un ‘piacere ad amici buoni’, nonché si vanta di aver ucciso un ‘camorrista’ ed infine palesa la disponibilità di armi anzi di un’armeria”.

Il provvedimento restrittivo è stato eseguito ieri dai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo provinciale di Brindisi, assieme ai colleghi della stazione di Cellino S. Marco, contesto in cui era maturato il conflitto tra la vittima e i due fratelli, cui aggiungere altri episodi avvenuti invece a S. Pietro Vernotico. In estrema sintesi, Saponaro – stando alle risultanze investigative – pretendeva il pizzo dagli Orofalo, passando da una richiesta iniziale di mille euro, ad una di 5mila. La ragione del tentativo di estorsione è stato oggetto di vari sospetti da parte di polizia e carabinieri (parte delle indagini furono effettuate dalla Squadra mobile), comunque Antonio Orofalo non aveva mai pagato.

Così sabato 19 giugno di due anni fa alle 15 fu prelevato da un commando capeggiato da Saponaro, condotto in campagna, picchiato, minacciato, e poi abbandonato alla periferia di Cellino S. Marco. Poco dopo, dopo aver chiamato il fratello Joseph in aiuto, accorso alla guida di un Suv nero notato da vari testimoni, un modello della casa coreana Ssangyong,  mise alla ricerca di Saponaro. I due fratelli hanno sostenuto di aver incrociato per caso il pregiudicato di S. Pietro alla periferia di Cellino, dove avvenne il delitto, e di aver fatto fuoco quando Gianluca Saponaro estrasse una pistola semiautomatica inserendo un colpo in canna. Invece è possibile, secondo gli investigatori, che l’incontro fatale sia avvenuto dopo un colloquio telefonico. In seguito si accerterà che con i due fratelli Saponaro c’era anche un terzo parente minorenne. Dopo l’omicidio la fuga, durata però lo spazio di qualche giorno.

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