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Cronaca

Omicidio Tedesco, il pm in Appello: “Ucciso con premeditazione”

Ricorso della Procura dopo la sentenza del gup. Impugnano anche i difensori dei tre imputati condannati all'ergastolo con l'aggravante dei futili motivi. Per Andrea Romano chiesta la derubricazione in omicidio preterintenzionale: "non voleva uccidere". Per Alessandro Polito e Francesco Coffa invocata l'assoluzione per non aver commesso il fatto

BRINDISI – Ricorso in Appello per l’omicidio di Cosimo Tedesco, 52 anni, ucciso a colpi di pistola in un appartamento di piazza Raffaello, nel rione Sant’Elia, a Brindisi: per la Procura venne ucciso con “premeditazione”, ulteriore aggravante da aggiungere ai futili motivi affermati nella sentenza di primo grado a carico degli imputati, Andrea Romano, 29 anni, Alessandro Polito, 31, e Francesco Coffa, 34.

cosimo tedesco-2Tutti e tre sono stati condannati, in abbreviato, all’ergastolo il 22 luglio scorso, per il fatto di sangue avvenuto nel capoluogo la mattina del primo novembre 2014, all’indomani di uno screzio tra genitori di alcuni bambini nel corso della festa di Halloween, in un locale del quartiere Bozzano. I tre sono stati riconosciuti dal gup Paola Liaci del Tribunale di Brindisi anche colpevoli del tentato omicidio di Luca Tedesco, figlio della vittima (Nella foto accanto Cosimo Tedesco)

Il contesto in cui avvenne la tragedia, stando a quanto si legge nella motivazione della sentenza, è da ricondurre al compleanno di una bambina, nipote della vittima, durante la quale un’altra bimba di tre anni, figlia di un’amica della madre della festeggiata, si avvicinò a un neonato di appena dieci giorni che stava dormendo nel passeggino per toccarlo. Il piccolo era nipote di Tedesco. Ci fu un battibecco tra adulti. I genitori della bambina andarono via. Poi una girandola di telefonate subito dopo la festa e sino al mattino successivo, quando Cosimo Tedesco raggiunse Romano nell’abitazione di quest’ultimo. Di lì a poco la tragedia che, nella ricostruzione dei difensori nessuno voleva, sostengono gli avvocati degli imputati.

Se da un lato il pm, ribadisce l’impostazione iniziale, precisando che almeno uno degli imputati fosse armati e pronto a sparare, dall’altro i penalisti hanno appellato partendo dalla negazione dei futili motivi. Per Romano, i difensori Cinzia Cavallo e Ladislao Massari, chiedono la derubricazione del reato da omicidio volontario in preterintenzionale sostenendo che l’imputato ha sì sparato, ma non aveva in alcun modo volontà di uccidere e quel che è stato, è avvenuto al di là della reale intenzione. Per Polito, difeso da Cinzia Cavallo e Giuseppe Corleto, è stata chiesta l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Richiesta identica è stata avanzata per Francesco Coffa, difeso dagli avvocati Massimo Murra e Agnese Guida

Secondo il gup “risulta di solare evidenza l’abissale sproporzione esistente tra il sacrificio di una vita umana e il motivo alla base della condotta. Anzi, l’aver agito per tale motivo, per un proposito di vendetta e di affermazione del proprio onore, è indice univoco di un istinto criminale più spiccato e di una maggiore pericolosità degli imputati”. Lo stesso contesto culturale, che a dire dei difensori, escluderebbe la possibilità di ritenere sussistente la contestata aggravante viene escluso proprio da soggetti che a quel contesto dovrebbero appartenere, ma che evidentemente percepiscono il tutto esattamente per quello che è, ovvero un futile motivo. A questa direzione rimandano le conversazioni intercettate in cui si parla di una “cretinata”.

Certo anche, stando alla sentenza di primo grado, che “fu Romano a esplodere i colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Cosimo Tedesco, come da questi ammesso e confermato dai rilievi tecnico-scientifici. Erano presenti Sandro Polito e Francesco. Tedesco muore in ospedale per arresto cardiocircolatorio da shock emorragico massivo secondario a lesioni del polmone destro, del fegato e dello stomaco, da ferite da arma da sparo a proiettili singoli. Mentre Francesco Coffa è colui che spara a Luca Tedesco”.

Per il gup non risulta credibile la versione fornita da Romano secondo cui avrebbe preso la pistola che si trovava sulla cappa della cucina, solo a seguito del fare minaccioso di Tedesco e avendo pensando erroneamente che questi stesse per estrarre una pistola e dopo una colluttazione”. “E’ certo che armato fosse Polito, verosimile che lo fosse Coffa”.

“Né si può ragionevolmente pensare che con l’esplosione di tre colpi che hanno posto termine alla vita di Tedesco, attingendolo per due volte a organi vitali, Romano e i suoi complici non si fossero prefigurati, accettandone il rischio, l’evento fatale”. Anzi. Il giudice sostiene anche che tutti “fossero pronti a usare le armi” sulla base dell’evoluzione degli eventi “atteso che Coffa per agevolare la propria fuga e quelle suoi complici, Polito e Romano, non ha esitato a esplodere altri colpi all’indirizzo di Luca Tedesco, due dei quali lo attingevano in zone vitali, ponendo così il medesimo in serio e concreto pericolo di vita. Così come Alessandro Polito non ha esitato a puntare l’arma contro Luciano Tedesco mentre il padre era riverso per terra agonizzante e poi a sparare in aria”.

Questo però, secondo il giudice, non deve portare a ritenere sussistente l’aggravante della premeditazione contestata dal pm. Sul punto i difensori hanno dibattuto parecchio. “Non può ragionevolmente ritenersi che Romano quando telefona dopo la festa e Polito nelle chiamate successive per chiedere un chiarimento tra Cosimo Tedesco e Andrea Romano, avessero già maturato la volontà di uccidere”. Non solo. “Una simile intenzione va esclusa dal luogo e dal giorno in cui l’incontro avviene, un appartamento e alle ore 12 di un giorno di festa”. Ma la Procura è di avviso opposto.

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