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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Francavilla Fontana

Danni causati da randagi: "All'Asl l'onere di provare il servizio di recupero"

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso contro una sentenza del tribunale di Taranto presentato da un uomo di Francavilla Fontana, rappresentanto dall'avvocato Antonio Andrisano, aggredito da due cani

FRANCAVILLA FONTANA - La Corte di Cassazione (VI Sez. Civ. Ter ord. n. 9621/22 del 07.12.2021), accogliendo il ricorso proposto dall’avvocato Antonio Andrisano, del foro di Brindisi, torna ad occuparsi della questione relativa alla responsabilità di aziende sanitarie e comuni a seguito delle aggressioni subite dai cittadini ad opera di animali randagi. Il Supremo Collegio ha infatti cassato la decisione del tribunale di Taranto che, confermando la sentenza del Giudice di Pace, aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta.

La vicenda riguarda un’aggressione subita nel maggio 2015 da un uomo residente a Francavilla Fontana, nell’agro di Grottaglie (Taranto), da parte di due cani randagi di grossa taglia. La Corte, accogliendo i motivi di impugnazione, ha premesso che la responsabilità per i danni causati da animali randagi deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 del Codice civile e non dalle regole di cui all’art. 2052 del Codice civile. Ebbene, da tale premessa la giurisprudenza del Supremo Collegio ha tratto la conseguenza che nella fattispecie di illecito aquiliano l’individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo rileva non sul piano della colpa, ma dell’imputazione della responsabilità omissiva sul piano causale.

In base alla normativa regionale pugliese l’obbligo giuridico del recupero dei cani compete ai servizi veterinari delle Asl, mentre i comuni hanno l’obbligo di costruzione o risanamento dei canili sanitari. Una volta individuato il soggetto titolare dell’obbligo giuridico del recupero la pubblica responsabile dei danni riconducibili all’omissione dei comportamenti dovuti in quanto l’omissione di una condotta rileva, proprio, quale condizione determinativa del processo causale dell’evento dannoso.
La Corte, accogliendo le doglianze di cui al ricorso, ha giustamente rilevato che, l’onere del danneggiato di provare, anche per presunzioni, l’esistenza di segnalazioni o richieste di intervento, più volte valorizzato dalla stessa Corte, si pone però “a valle” rispetto a quello del soggetto (Asl) tenuto per legge alla predisposizione di un servizio di recupero di cani randagi.
La Corte ha evidenziato che il servizio di recupero dei cani randagi grava sulle Asl e la domanda è fondata su un fatto che costituisce concretizzazione del rischio.

Quindi, come rilevato dal ricorrente, spettava all’Asl dedurre e dimostrare di aver dato compiuta osservanza e, solo una volta che questa prova fosse stata data, spettava all’attore dedurre e dimostrare che, per esempio, il servizio era improntato solo sulla carta. Secondo la Corte di Cassazione la sentenza impugnata ha contravvenuto a tali principi nel respingere la domanda risarcitoria dell’attore sul rilievo, erroneo evidentemente, che esso non avrebbe provveduto neanche ad allegare eventuali profili di colpa in capo alla Asl per non aver provveduto, sempre l’azienda sanitaria,  su apposita e specifica segnalazione alla cattura e al ricovero dell’animale randagio.

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