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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Mesagne

Passione morbosa e incendiaria di una infermiera: arrestata con il complice

Gli hanno incendiato tre auto. Gli hanno fatto trovare fuori dalla sua abitazione, il cui garage è stato anche centrato da una fucilata, la testa mozzata di un cane e dei proiettili. Lo hanno inondato di sms minatori e violato il suo profilo Facebook. Tutto questo per l’esasperata gelosia della sua ex compagna, con la quale la relazione era ancora in corso quando si sono verificati i primi attentati

MESAGNE – Gli hanno incendiato tre auto. Gli hanno fatto trovare fuori dalla sua abitazione, il cui garage è stato anche centrato da una fucilata, la testa mozzata di un cane e dei proiettili. Lo hanno inondato di sms minatori e violato il suo profilo Facebook. Tutto questo per l’esasperata gelosia della sua ex compagna, con la quale la relazione era ancora in corso quando si sono verificati i primi attentati.

I poliziotti del commissariato di Mesagne al comando del vicequestore Rosalba Cotardo hanno arrestato i presunti responsabili dell’incredibile serie di inquietanti atti persecutori di cui fra il febbraio del 2015 e lo scorso settembre è rimasto vittima un mesagnese di 47 anni impiegato presso il petrolchimico. Le manette ai polsi sono scattate appunto per la ex fidanzata, la 47enne C.E.. infermiera, e per un 37enne della provincia di Taranto, L.R., entrambi  incensurati.  A carico dei due è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere in regime di domiciliari firmata dal gip del tribunale di Brindisi Tea Verderosa, su richiesta del pm Pierpaolo Montinaro. I poliziotti hanno lavorato a ritmo serrato per mesi con l’obiettivo di ricostruire il complesso mosaico investigativo.

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Da quanto appurato dalle forze dell’ordine. C.E. aveva intrattenuto con il 47enne "una relazione connotata dall’alternarsi di periodi apparentemente sereni a periodi litigiosi con interruzioni del rapporto”.  L'infermiera aveva mostrato un "attaccamento morboso al suo compagno ed una gelosia tale da portarla a tenerlo stretto a sé a tutti i costi”. Non poteva essere un caso, quindi, che gli atti persecutori fossero iniziati in concomitanza con un momento di crisi del rapporto e siano diventati ancora più cruenti dopo la rottura del legame sentimentale.

La lunga sequela di reati è documentata dalle denunce puntualmente sporte dalla vittima. E’ iniziato tutto il 4 giugno del 2014, quando venne Rosalba Cotardo-2incendiata l’Audi A4 Avant del malcapitato, parcheggiata nei pressi della sua abitazione nel centro di Mesagne.  Le immagini del sistema di videosorveglianza dell’abitazione confinante a quella della vittima immortalarono due soggetti dal volto coperto da un paio di cappucci che passavano vicino all’abitazione e, dopo appena due minuti dal loro transito, si verificarono due esplosioni che devastarono la macchina (a destra, il vicequestore Rosalba Cotardo)

Alla prima querela ne seguirono altre per denunciare la ricezione di sms sulla sua utenza telefonica contenenti minacce, molestie, ingiurie e provenienti da numerazioni parziali riconducibili a cabine pubbliche. Particolarmente inquietante il contenuto di alcune minacce: “Apri gli occhi che a chiuderli non ci vuole niente”, “Era bella Audi dopo il botto”, “Non mi scappi boom” , “Guardati sempre in giro”, “Saprai correre quando ti scarico un caricatore calibro 9”, “I botti di capodanno ti arrivano prima”, “Inutile nascondersi, gli AK47 bucano i muri”. E altro ancora. 

L’operaio subì anche violazione del profilo Facebook e la clonazione della password. Qualcuno in più occasioni si intrufolò infatti nel suo account personale, compiendo diverse operazioni (gli investigatori, con il supporto della polizia postale, accerteranno successivamente che dietro l’attacco c’erano proprio l’infermiera e il tarantino).  

A un certo punto anche la stessa E.C. cominciò a denunciare una serie di atti persecutori ai suoi danni. Ma per la polizia lo ha fatto con il doppio fine di allontanare i sospetti su di lei e di suscitare un comportamento protettivo da parte dell’uomo. Nulla di quello denunciato dalla 47enne, infatti, ha mai trovato un riscontro oggettivo. I poliziotti allora hanno cominciato a focalizzare le loro attenzioni sulla donna. La stessa avrebbe “sempre cercato di depistare le indagini e indirizzarle su frequentazioni sbagliate del suo compagno – fanno sapere gli inquirenti -  sconsigliandogli di acconsentire agli accertamenti tecnici su Facebook, in quanto inutili ed addirittura controproducenti perché avrebbero potuto ancor di più ‘aizzare’ gli sconosciuti persecutori”.

A partire dal mese di febbraio, inizia un vero e proprio stillicidio persecutorio. Il mesagnese prima trova dei proiettili in una busta chiusa a lui indirizzata, poi si imbatte nella testa mozzata di un cane di razza corso in una busta  di plastica lasciata sull’uscio di casa (le immagini del sistema di videosorveglianza hanno ripreso, alle ore 1:43 del 25 aprile 2015, un soggetto incappucciato che posava il sacchetto di plastica e si allontanava).

Lo scorso 9 maggio, un individuo cosparse il contenuto di una bottiglietta di plastica sulla Fiat Panda dell’operaio e diede fuoco alla macchina. L’8 luglio venne data alle fiamme la terza auto: una Lancia Musa. In questo caso ad agire furono due persone che si avvicinarono alla vettura a bordo di  uno scooter di grossa cilindrata e lanciarono contro la parte anteriore destra del mezzo una sostanza che poi venne accesa, provocando il rogo.

La notte del 7 settembre venne esploso un colpo di fucile a canne mozza contro il portone del garage (in questo caso le telecamere ripresero un uomo con volto coperto che raggiunse a piedi l’abitazione e aprì il fuoco). L’ultimo episodio risale allo scorso 6 ottobre, quando il mesagnese ritrovò nuovamente un proiettile all’interno di una busta indirizzata a lui. 

L’attività di indagine è stata lunga (da giugno 2014 è, a tutt’oggi, ancora in corso per ricostruire alcuni fatti ancora privi di quella quantità di elementi probatori che permettono di ricondurli agli autori, mandanti ed esecutori materiali). I poliziotti hanno scavato nella vita privata e professionale dell’uomo. Non è stato semplice risalire ai due indagati, sei si considera che  questi utilizzavano metodi comunicativi in codice e numerose schede telefoniche intestate a terzi soggetti e negavano la loro conoscenza. 

Tutti gli strumenti investigativi sono stati utilizzati per far luce su questi episodi che, per la loro frequenza e per la loro crudeltà, avevano allarmato la società civile e le istituzioni pubbliche. Ma alla fine gli agenti sono riusciti a districare l’intricata matassa, facendo emergere un chiaro quadro indiziario.

C.E. e L.R. sono dunque accusati di  “avere, in concorso fra loro, e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, reiteratamente molestato e minacciato l’ex compagno di C.E. ., in modo da cagionargli un perdurante e grave stato d’ansia e di paura ovvero ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria e dei propri congiunti, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, ponendo in essere una serie di condotte persecutorie e moleste”. 

L’infermiera avrebbe agito “alternativamente, quale mandante ed esecutore materiale, e il tarantino quale esecutore”. In particolare l’infermiera, nel corso della relazione e “a causa della gelosia per presunte relazioni dell’uomo con altre donne”, anche avvalendosi della collaborazione di R.L.., avrebbe “inviato al compagno una serie di sms dal contenuto ingiurioso e minaccioso”, avrebbe violato “tramite le utenze fisse a loro in uso il profilo “Facebook” dello stesso cambiandone la passwor”.

La stessa inoltre avrebbe “simulato reati ai suoi danni” e dopo la rottura della relazione avrebbe inviato al suo ex compagno “sms minacciosi e persecutori”. Si sarebbe presentata presso la sua abitazione, “pretendendo spiegazioni sulla fine della relazione” e il 9 maggio, con la complicità del tarantino, diede fuoco alla Panda dell’ex, facendolo sprofondare in una spirale di intimidazioni giunta al capolinea grazie ai poliziotti. 

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