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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Paziente deceduto dopo una prova da sforzo: medici e Asl condannati

“Il paziente è morto per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia nell’arte medica”: la tragedia 18 anni fa, in un reparto dell’ospedale Perrino di Brindisi,  dopo quella che sembrava una ordinaria prova da sforzo, “oggi” la condanna della Asl in solido con due medici, al risarcimento di quasi un milione di euro a titolo di danni in favore della vedova e dei figli

BRINDISI – “Il paziente è morto per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia nell’arte medica”: la tragedia 18 anni fa, in un reparto dell’ospedale Perrino di Brindisi,  dopo quella che sembrava una ordinaria prova da sforzo, “oggi” la condanna della Asl in solido con due medici, al risarcimento di quasi un milione di euro a titolo di danni in favore della vedova e dei figli.

Sono i tempi della giustizia, quella civile che va ancor più a rilento del processo penale, a passo di lumaca, amplificando il dolore di chi ha perso un marito e un padre alla soglia dei cinquanta anni. Senza riuscire ancora a capire cosa sia successo quel maledetto giorno di anni addietro. Era il 1997 quando il cuore di un paziente brindisino, ricoverato presso l’ospedale del capoluogo, cessò di battere.

Quarantotto ore prima, stando a quanto risulta dalla ricostruzione processuale passata al vaglio dei tre gradi della giustizia italiana e quindi diventata definitiva, si era sottoposto alla prova da sforzo, un accertamento di routine che il primario del reparto aveva prescritto tenuto conto della cartella clinica e che un altro medico, peraltro uno fra i più esperti per anni di servizio maturati, aveva eseguito. Non ci fu nulla da fare. Arresto cardiaco.

La famiglia sporse denuncia in Procura chiedendo alla magistratura brindisina di fare chiarezza, di stabilire cosa successe e di accertare se quella tragedia fosse in qualche modo conseguenza di una condotta umana oppure una fatalità. Chiesero giustizia, moglie e quattro figli rivolgendosi a due avvocati del Foro di Brindisi. Il pm dispose l’acquisizione delle cartelle cliniche e di lì a breve i due medici vennero indagati con l’accusa di omicidio colposo, ipotesi di reato confermata a conclusione dell’inchiesta, con richiesta di rinvio al giudizio del Tribunale. 

Fu l’inizio di un calvario processuale per i familiari, un susseguirsi di perizie mediche: da un lato la consulenza dell’Azienda sanitaria locale che escludeva qualsiasi colpa così come l’esistenza di casi analoghi in letteratura, dall’altra quella per conto dei parenti del paziente, costituti parte civile, poi quella super partes disposta dal giudice. Sino ad arrivare alla prima sentenza: morte per colpa medica, fu omicidio colposo e non una tragica fatalità, perché i medici agirono con imprudenza, negligenza e imperizia.

I legali dei due professionisti impugnarono la sentenza in appello, ma la conclusione della Corte fu la stessa a cui giunse il Tribunale. Stesso verdetto dalla Cassazione nel 2009: sentenza di “condanna dell’azienda in solido con i medici dipendenti, al risarcimento del danno”, da liquidarsi in separata sede. Parallelamente venne incardinato il processo civile, sempre nel ’97 per effetto della citazione in giudizio della Asl quale “civilmente responsabile nel procedimento penale”. 

Nel 2010 la Asl è stata citata in giudizio davanti al Tribunale di Milano dagli stessi eredi del paziente “con due separati atti, i cui procedimenti sono stati successivamente riuniti”, per ottenere la condanna in solido con gli imputati e con la compagnia assicuratrice Zurich insurance (per uno solo dei medici) al risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti in conseguenza del decesso del congiunto e dante causa degli attori”. A Milano ha sede la Zurich Insurance, così come le altre società di assicurazioni, chiamate poi in causa, come la Assitalia, Danubio, Fondiaria, Lloyd Internazionale Lavoro & Sicurtà, “nei limiti delle rispettive percentuali di copertura assicurativa e massimali di polizza”.

I giudici di primo grado del capoluogo lombardo hanno concluso con sentenza di condanna al risarcimento dei danni per 971.866 euro e 95 euro complessivi, dei quali 252.821,82 in favore della vedova.

Secondo l’avvocato della Asl che, per l’occasione si è affidata all’esterno, “la sentenza appare convincentemente motivata anche in considerazione del fatto che  è fondata principalmente sull’accertamento operato in sede penale con sentenza definitiva di condanna”. Così è scritto nella lettera acquisita la protocollo il 21 gennaio scorso. “Le posizioni della Asl risultano ben argomentate e non suscettibili di modifiche in sede di appello”, ha aggiunto il penalista cassazionista. Di conseguenza, è stata esclusa l’ipotesi di impugnare la sentenza del Tribunale di Milano che, scaduti i termini per il ricorso, è diventata definitiva. E la Asl in questi giorni sta procedendo al  risarcimento degli eredi. 

Nel frattempo solo la Zurich Insurance ha “già versato direttamente in favore degli eredi l’intero massimale, pari a 568.102,58 euro”. Nei confronti delle altre, la l’Azienda sanitaria locale ha avviato verifiche contabili e si è riservata, all’esito, “ogni azione finalizzata al recupero delle indennità ancora dovute.
Mentre resta il dolore senza fine della famiglia per una tragedia impossibile da capire e accettare nonostante i 18 anni trascorsi, ora che secondo la giustizia c’è stata la responsabilità di due medici e della Asl. 

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