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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Falesia killer, il pm chiede quattro condanne e due assoluzioni

A conclusione del processo sulla frana che travolse e uccise un giovane ricercatore, la Procura conferma l'accusa di omicidio colposo per i rappresentanti del consorzio Uni.Versus, mentre esclude la responsabilità di Cioffi, ex dirigente dei Trasporti del Comune e di Epifani di Torre Guaceto

BRINDISI – La Procura di Brindisi ha confermato l’accusa di omicidio colposo per la morte di Paolo Rinaldi, ricercatore travolto da una frana sulla falesia di Apani, per quattro imputati sui sei per i quali aveva chiesto il processo. Tre giorni dopo la tragedia, avvenuta il 21 ottobre 2010, sarebbe stato il suo 29esimo compleanno.

Il pm Antonio Costantini

Un anno e sei mesi sono stati chiesti dal pm per  Umberto Ruggiero, nato e residente a Bari, 85 anni, quale rappresentante legale e responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’Uni.Versus, l’Ente che aveva organizzato lo svolgimento di un’attività formativa di specializzazione sulle tecniche per la gestione delle coste;  un anno e sei mesi chiesti  anche per Ettore Ruggiero, nato e residente a Bari, 53, direttore di fatto dello stesso consorzio “poiché dotato di ampia autonomia di gestione finanziaria e del personale”; due anni e sei mesi per Alessandro Ciccolella, nato e residente a Brindisi, 46, direttore del Consorzio di Torre Guaceto e responsabile del servizio di Prevenzione e protezione; otto mesi per Franco Nicola Marinò, nato a Carovigno e residente a Brindisi, 46, addetto del Consorzio che aveva assunto l’incarico di accompagnare i tirocinanti all’interno dell’area.

Il pubblico ministero ha invocato l’assoluzione per  Carlo Cioffi, nato e residente Brindisi, 59, responsabile pro tempore del settore Trasporti, porto, interporto, aeroporto e mobilità del Comune capoluogo, e per Vincenzo Epifani, nato a Brindisi e residente a Carovigno, 37, come presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante del Consorzio di Torre Guaceto. “Non hanno commesso il fatto”, ha detto concludendo la requisitoria. La sentenza è rimessa al Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, dal quale attendono risposte la mamma, il papà e le sorelle del ricercatore, in attesa da sette anni di sapere se si sia trattato di fatalità, di destino, o se ci siano state responsabilità di qualcuno per una falesia diventata killer.

Il pubblico ministero ha contestato l’illecito amministrativo nei confronti del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto e di quello Universitario per conto del quale il ragazzo stava misurando l’erosione del litorale a Nord del capoluogo: 350quote sono state chieste per il primo, 280 per il secondo. Da quel 21 ottobre 2010 la falesia e le condizioni di erosione con annesso rischio frana concreto sono confluite nel piano della costa con azioni del Comune e richieste di finanziamento. Ma la domanda resta una e una sola: si poteva evitare quella morte? Quella mattina di fine ottobre Paolo Rinaldi, originario di Taranto, assieme ad altri giovani si era presentato puntale all’appuntamento nell’area protetta gestita dal Consorzio di Torre Guaceto, per proseguire l’attività formativa di specializzazione organizzata dalla Uni.Versus sulle “tecniche Gis per la gestione delle coste delle aree rurali” e stava effettuando con l’uso di un Gps uno studio sulla implementazione dei dati topografici in possesso del Consorzio di Torre Guaceto sul fenomeno erosivo.

Crolli della falesia nella zona tra Apani e Torre Guaceto

Attorno alle 10,30, stando alla ricostruzione dei fatti operata dai funzionari dello Spesal, il Servizio di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, venne “investito da un frana distaccatasi dalla falesia sovrastante e seppellito da numerosi e pesanti detriti caduti dall’altro che gli cagionavano un grave politrauma da schiacciamento e massivo spandimento emorragico retro peritoneale da fratture multiple del bacino, con conseguente collasso cardiocircolatorio terminale”. Rinaldi, in quel momento, aveva le spalle “rivolte e adiacenti la parente limo argillosa avente quota dal livello di campagna due metri e mezzo circa”.

L’accusa è stata mossa “per colpa generica, imprudenza, negligenza e imperizia” perché “il luogo ove stava effettuato il lavoro era notoriamente e da tempo caratterizzato dal rischio di frana, tanto più accentua tosi a ridosso dell’evento, a causa delle particolari condizioni meteo-marine e delle forti e pregressi piogge che avevano interessato la zona”. L’area, inoltre, era “priva di adeguata segnalazione di pericolo” nel punto in cui il gruppo di ragazzi si trovava. Tra l’altro “senza aver ricevuto alcuna informazione sulla pericolosità del luogo, né addestramento o istruzione sulle misure di precauzione da adottare”. A guidarli c’era il guardaparco Franco Nicola Marinò che rimase ferito, persona che stando alla tesi del pm “era priva di formazione e competenza in materia e comunque aveva assunto l’incarico anche a salvaguardia dell’incolumità fisica dei soggetti che gli erano stati affidati”.

Il dirigente pro tempore del Comune di Brindisi, assistito dall’avvocato Roberto Cavalera, avrebbe agito – stando a quanto si legge nel capo di imputazione - “in violazione del provvedimento del sindaco del primo luglio” dello stesso anno, con cui gli “veniva attribuito specifico incarico”, ma avrebbe omesso “di curare l’apposizione di segnaletica monitoria e/o di interdizione sul territorio costiero per la pericolosità e la pubblica incolumità” che avrebbe dovuto essere “posizionata sulle spiagge, in luoghi ben visibili”. Anche in inglese, francese e tedesco con la dicitura ‘attenzione-pericolo di crollo della falesia’. Cartelli di questo tipo ancora si trovano lungo la costa. Il pm è arrivato a conclusione opposta rispetto all’origine.

Parti lese sono i genitori del ragazzo e le sorelle che hanno deciso di seguire il processo costituendosi parte civile con gli avvocati Leonardo La Porta, Annarita D’Errico e Pasquale Annicchiarico del foro di Taranto. Nel collegio difensivo ci sono gli avvocati Massimo Manfreda, Vincenzo Farina, Karin Pantaleo, Gianvito Lillo e Giuseppe Affinito. La sentenza è prevista per gli inizi di maggio.

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