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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Contrabbandiere ucciso: condanna definitiva per il vicequestore Antonacci

Quindici motivi di impugnazione proposti dai difensori, il professore Leonardo Mazza e l’avvocato Carmelo Molfetta, le stesse conclusioni del procuratore generale, che aveva chiesto un nuovo rinvio alla Corte d’Assise di Appello di Taranto in diversa composizione, per valutare il caso alla luce delle norme sull’uso legittimo delle armi, e quelle dell’Avvocatura dello Stato non hanno convinto i giudici della Corte di Cassazione

Quindici motivi di impugnazione proposti dai difensori, il professore Leonardo Mazza e l’avvocato Carmelo Molfetta, le stesse conclusioni del procuratore generale, che aveva chiesto un nuovo rinvio alla Corte d’Assise di Appello di Taranto in diversa composizione, per valutare il caso alla luce delle norme sull’uso legittimo delle armi, e quelle dell’Avvocatura dello Stato non hanno convinto i giudici della Corte di Cassazione, che ieri hanno confermato per il vicequestore in congedo Pietro Antonacci la condanna stabilita il 23 gennaio  2013 dal collegio di secondo grado di Taranto a 15 anni e mezzo di reclusione per l’omicidio volontario del contrabbandiere brindisino Vito Ferrarese.

Si chiude definitivamente, così, la storia giudiziaria dei fatti avvenuti nella notte tra il 14 ed il 15 giugno del 1995, quando le acque al largo del porto di Brindisi furono illuminate dai bagliori del faro di un elicottero e da quelli di numerose detonazioni, rumori cupi di granate e colpi secchi di armi automatiche e semiautomatiche. L’elicottero era del nucleo di volo di Bari della Polizia di Stato, gli spari provenivano dalle pistole e da una mitraglietta PM12 dei poliziotti a bordo del velivolo, tra i quali il questore di Brindisi dell’epoca, Franco Forleo, e il vicequestore vicario Pietro Antonacci, già capo della Squadra mobile.

Pietro AntonacciPresenze insolite nel corso di un’operazione di quel tipo, di contrasto al traffico di scafi blu tra le Bocche di Cattaro e Brindisi. Ma Forleo e Antonacci, diranno gli esiti delle indagini dirette dal pm Leonardo Leone De Castris (oggi procuratore capo a Foggia), erano pienamente coinvolti in un anomalo rapporto di scontro e insieme di complicità tra la sezione catturandi della stessa Mobile, guidato dall’ispettore Pasquale Filomena, e il nucleo di latitanti brindisini che controllavano il traffico di sigarette dalla loro enclave in Montenegro, con alla testa Adriano Benedetto Stano, che dopo la cattura passerà poi alla collaborazione con la giustizia. (Nella foto, Pietro Antonacci)

Quella tragica notte, diranno poi gli imputati, il servizio era finalizzato ad intercettare gli spostamenti dei latitanti e delle armi per la criminalità che utilizzavano per attraversare l’Adriatico la spola continua di scafi contrabbandieri. Un uomo ci lasciò la pelle, il pilota dello scafo blu Vito Ferrarese, centrato in parti vitali da uno dei proiettili calibro 9 che sibilavano dall’alto verso il velocissimo mezzo nautico impegnato in manovre elusive. Quando lo scafo fu poi preso a rimorchio e trainato da una motovedetta in porto, uno dei poliziotti della squadra di Filomena provvide a piazzare a bordo un’arma da guerra per confermare che l’equipaggio dello scafo blu era armato, e che dall’elicottero era stato deciso di aprire il fuoco proprio perché avevano visto che sul natante qualcuno puntava un’arma.

Vito Ferrarese, morto sullo scafo bluNella lunga storia processuale del caso Ferrarese, strettamente intrecciata e unificata alle attività della sezione deviata della Squadra mobile, ci sono state altre condanne definitive. L’unico ad essere alla fine escluso è stato Franco Forleo colpito da una patologia che gli impedisce da tempo di partecipare ad una udienza. Molti, carabinieri e poliziotti finiti alla sbarra insieme a contrabbandieri e pentiti, sono anche usciti assolti ma dimenticati, ma pagando un caro prezzo personale, professionale e familiare. Era rimasta in piedi la vicenda di Pietro Antonacci, funzionario pluripremiato, ma finito in carcere durante i lunghi anni del processo che conta due sentenze di appello e due di Cassazione. (A sinistra, Vito Ferrarese)

Ad Antonacci, il pm De Castris riconobbe il merito di aver contribuito alla ricostruzione dei fatti. Ma questo non è servito al funzionario ormai da qualche tempo non più in servizio, e inizialmente condannato solo per fatto colposo (e per le vince connesse con il vincolo della continuazione), a scampare alla condanna definitiva per omicidio volontario. Amarezza nelle parole del suo difensore di sempre, Carmelo Molfetta: “Adesso possiamo solo occuparci delle fase dell’esecuzione della pena”. Per Antonacci c’è il carcere militare. Per la famiglia di Vito Ferrarese, e per l’avvocato di parte civile Giuseppe Lanzalone, il sentimento opposto: soddisfazione per avere ottenuto definitivamente giustizia.

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