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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Processo al clan Bruno, la difesa chiama come teste l'ex latitante Campana

TORRE S. SUSANNA - L’ex primula rossa della Scu, Francesco Campana, sarà in aula il 19 maggio prossimo. Il super-boss fedelissimo di Pino Rogoli, a capo del clan già presieduto da Salvatore Buccarella, testimonierà nel processo Canali, scaturito dall’operazione che decimò il clan Bruno di Torre Santa Susanna. La testimonianza di Campana è stata invocata dal collegio difensivo, sulla scorta delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Ercole Penna. In uno dei verbali di interrogatorio resi all’atto del pentimento, Penna racconta: “I Campana infatti erano molto legati a Pino Rogoli e non ritenevano giusto il trattamento che era stato riservato al ‘vecchio’ quando nel 1998 era stato, in un certo senso, messo da parte. Francesco Campana era infatti rimasto fedele a lui ed era in buoni rapporti con Salvatore Buccarella e con ‘quelli della Torre’, cioè i fratelli Bruno. Francesco Campana ha sempre avuto un debole per loro…”. Affermazioni tutte da verificare che la difesa, a rigor di logica, non ritiene possano trovare conferma alcuna nelle dichiarazioni di Campana.

TORRE S. SUSANNA - L’ex primula rossa della Scu, Francesco Campana, sarà in aula il 19 maggio prossimo. Il super-boss fedelissimo di Pino Rogoli, a capo del clan già presieduto da Salvatore Buccarella, testimonierà nel processo Canali, scaturito dall’operazione che decimò il clan Bruno di Torre Santa Susanna. La testimonianza di Campana è stata invocata dal collegio difensivo, sulla scorta delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Ercole Penna. In uno dei verbali di interrogatorio resi all’atto del pentimento, Penna racconta: “I Campana infatti erano molto legati a Pino Rogoli e non ritenevano giusto il trattamento che era stato riservato al ‘vecchio’ quando nel 1998 era stato, in un certo senso, messo da parte. Francesco Campana era infatti rimasto fedele a lui ed era in buoni rapporti con Salvatore Buccarella e con ‘quelli della Torre’, cioè i fratelli Bruno. Francesco Campana ha sempre avuto un debole per loro…”. Affermazioni tutte da verificare che la difesa, a rigor di logica, non ritiene possano trovare conferma alcuna nelle dichiarazioni di Campana.

Alle dichiarazioni dell’ex latitante scovato dalla squadra mobile di Brindisi il 26 aprile scorso, in un rifugio nel centro storico di Oria, sono legate le dichiarazioni che Andrea Bruno si prepara a rendere nel prosieguo dell’esame cominciato ieri. “Le racconto come Bruno Andrea è diventato un mafioso, signor giudice”, ha esordito il presunto boss, “un pentito disse che era detenuto nel carcere di Brindisi, nella sezione di transito, e diceva che Ciro e Andrea Bruno, Antonio, Salvatore Tagliente e Giovanni Garganese, avevano partecipato ad una cena per un’alleanza fra clan. Tagliente, quando si pentì, raccontò di tutto, ma smentì quel pranzo. Io mi sono fatto lo stesso nove anni di carcere per 416 bis, ecco come è andata”.

Il racconto è proseguito con la narrazione della condotta cristallina, a dispetto delle insinuazioni degli inquirenti, tenuta dal momento della scarcerazione in poi: “Quando sono uscito, nel ’99, sono andato ad abitare dai miei genitori ad Erchie. Ho fatto e ottenuto una richiesta per andare a lavorare nell’azienda di famiglia. Quando sono uscito mi ho messo a lavorare, tanto che la libertà vigilata mi fu revocata un po’ prima della scadenza. Mi occupavo particolarmente del bestiame. Dopo un po’ di tempo ho costituito una ditta per conto mio e affittavo terreni per la coltivazione. Dopo ho costituito una coop che si chiamava Agrisud, poi mi hanno arrestato ed è stata chiusa”. Insomma, un onesto allevatore scambiato per boss. L’esame di Bruno, proseguito con la dettagliata contestazione delle intercettazioni, sviscerate brano a brano con l’ausilio dell’avvocato difensore Giuseppe Terragno, proseguirà solo dopo l’ascolto del boss Campana.

Sempre nel corso dell'udienza di oggi, la corte ha pronunciato sentenza di condanna a due anni e sei mesi per ricettazione a carico dell'85enne Salvatore Cavallo, testimone del processo in corso che aveva dichiarato di aver comprato un camion rubato. Assolto, per lo stesso reato, Cosimo Bruno, difeso dall'avvocato Cosimo Lodeserto.

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