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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Processo Berat Dia, dai "fratelli semaforo" ai Brandi e a Oggiano

BRINDISI – Una nuova contestazione di traffico di droga ai “fratelli semaforo”, gli albanesi residenti a Brindisi Arbel e Viktor Lekli, a Gianfranco Contestabile e Antonio Lococciolo. E il processo “Berat Dia” slitta al 24 maggio per concedere ai difensori un congruo lasso di tempo che consenta loro di studiarsi le nuove carte.

BRINDISI – Una nuova contestazione di traffico di droga ai “fratelli semaforo”, gli albanesi residenti a Brindisi Arbel e Viktor Lekli, a Gianfranco Contestabile e Antonio Lococciolo. E il processo “Berat Dia” slitta al 24 maggio per concedere ai difensori un congruo lasso di tempo che consenta loro di studiarsi le nuove carte.

Una udienza lunghissima. Iniziata alle 11 e terminata alle 18,15, quando il presidente del Tribunale, Giuseppe Licci, ha aggiornato. Un’udienza assorbita interamente dall’interrogatorio del coordinatore delle indagini Demetrio Labrini, sostituto commissario della Dia di Lecce. Interrogatorio sospeso, che riprenderà nella prossima udienza.

Il processo riguarda i fratelli Raffaele e Giovanni Brandi, i fratelli Lekli, i fratelli Cosimo e Giuseppe Gerardi, il gioiellere di Carovigno Florenzo Borselli, l’autodemolitore Roberto Brigida, Vito Ingrosso, Lococciolo, e Massimiliano Oggiano, il politico del gruppo, colui che attraverso le sue cariche al Comune e alla Provincia avrebbe dato appoggio esterno a questa organizzazione mafiosa.

I reati loro contestati sono tanti. Si va dal traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti (si ipotizzano cinquecento chili di droga, anche se non ne è stata mai sequestra), alle minacce, alle rapine, alla guardiania abusiva, al riciclaggio del denaro sporco. Borselli, ricco gioielliere che viaggia in Ferrari, viene accusato di avere riciclato cinquantamila euro del gruppo mafioso nel casinò di Venezia.

Furono arrestati il 10 dicembre del 2007. fecero scalpore le manette ai “fratelli semaforo”, giunti a Brindisi nel 1991, con il primo grande esodo dall’Albania, e stabilitisi in città dove si erano fatti apprezzare, tanto da essere insigniti nel 2002 con il premio “Cittadini dell’anno”, regolando il traffico automobilistico sotto il ponticello del canale Patri. Vivevano con gli oboli che ricevevano dagli automobilisti.

Ma, stando alle indagini della Dia, di denaro ne avevano in abbondanza, tanto da avere acquistato in Albania un albergo con annesso distributore di benzina e da avviare una fabbrica di porte blindate. Con quali soldi? Con le mance? Affatto, sostengono investigatori e magistrato inquirente (il pubblico ministero Milto De Nozza). I soldi li prendevano con il traffico della droga.

Labrini ha ricostruito passo passo questa indagine. “L’inchiesta l’avviammo – riferisce Librini – a seguito di informazioni arrivate in nostro possesso e delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Adolfo Saponaro. Tutto ruota attorno a Arben Lekli. Da lui, pedinandolo e intercettando le sue conversazioni siamo risaliti a Lococciolo, ai fratelli Gerardi, a Contestabile, ai Brandi e a Oggiano”.

I difensori degli imputati si oppongono al modo di esporre i fatti da parte di Labrini. Non vogliono che faccia riferimento al contenuto di intercettazioni e a quanto riferito dagli altri colleghi con i quali svolgeva le indagini. Si inalberano quando il pm Milto De Nozza dice che gli avvocati “vogliono sbrindellare” la deposizione. Il presidente Licci, con grande calma e fermezza, sgombera il campo dagli ostacoli. “Labrini – dice – era il coordinatore delle indagini e quindi ovviamente doveva sapere ciò che i suoi colleghi facevano. Quindi può rispondere”.

L’opposizione viene confermata. I difensori lamentano anche la difficoltà a seguire l’esame in aula perché manca il cartaceo in quanto Labrini per la sua esposizione utilizza  il computer. Ma anche questo viene superato da Licci: “Siamo nell’era della telematica, avvocati”. E si prosegue sino a quando non si arriva alla nuova contestazione per il traffico di droga. A quel punto i difensori degli imputati si oppongono. Il Tribunale va in camera di consiglio.

Si riprenderà il 24 maggio con il prosieguo dell’interrogatorio di Labrini.

In aula questa mattina erano presenti quasi tutti gli imputati. Sia i detenuti, sia quelli a piede libero. Tra questi ultimi anche Massimiliano Oggiano che ha seguito la deposizione seduto accanto al suo avvocato. Il collegio dei difensori è composto dagli avvocati Lillo, Missere, Massaro, Cavallo, Giurgola, Epifani, Lanzalone, Terragno, Cretì, Farina, Di Bello, Cavaliere. Parti civili Sicilia e De Candia.

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