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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Processo Berat Dia-Oggiano, le difese fanno muro sulle intercettazioni

BRINDISI – Un’altra udienza del processo Berat-Dia iniziata con una schermaglia piuttosto sostenuta tra difesa e accusa. Oggetto del contendere il “pedinamento” della vettura di uno dei fratelli Lekli - Arbel e Viktor, conosciuti a Brindisi come “fratelli semaforo”, insigniti nel 2002 del premio Cittadini dell’anno, ora detenuti per traffico di droga – effettuato con il Gps. La difesa ha sostenuto che non è stata messa nella possibilità di conoscere i tracciati rilevati con il Gps e quindi di essere nell’impossibilità di poter effettuare compiutamente il controesame del sostituto commissario Demetrio Labrini.

BRINDISI – Un’altra udienza del processo Berat-Dia iniziata con una schermaglia piuttosto sostenuta tra difesa e accusa. Oggetto del contendere il “pedinamento” della vettura di uno dei fratelli Lekli -  Arbel e Viktor, conosciuti a Brindisi come “fratelli semaforo”, insigniti nel 2002 del premio Cittadini dell’anno, ora detenuti per traffico di droga – effettuato con il Gps. La difesa ha sostenuto che non è stata messa nella possibilità di conoscere i tracciati rilevati con il Gps e quindi di essere nell’impossibilità di poter effettuare compiutamente  il controesame del sostituto commissario Demetrio Labrini.

L’accusa, invece (sostituti Milto De Nozza e Alberto Santacatterina), ha sostenuto che tutto è nel fascicolo del pubblico ministero e quindi la difesa ne ha avuto la disponibilità da circa un anno e mezzo. Il presidente del collegio giudicante Giuseppe Licci ha disposto l’acquisizione del Dvd sul quale sono state trascritte le intercettazioni telefoniche e i “pedinamenti”, facendo onere alla difesa di indicare le parti che interessano. Ed ha fatto iniziare il controesame di Labrini che si è protratto sino a tardi.

Il processo riguarda sedici imputati, alcuni dei quali accusati di associazione mafiosa (la Sacra corona unita). Altri di singoli furti e danneggiamenti e di traffico di sostanze stupefacenti, come i fratelli albanesi Arben e Viktor Lekli, arrivati a Brindisi con l’esodo del 1991, amati dai brindisi perché si guadagnavano da vivere regolando il traffico veicolare nel tratto del canale Patri. Massimiliano Oggiano, commercialista, ex consigliere provinciale e comunale,  invece, risponde di appoggio esterno ad associazione mafiosa.

Gli imputati sono Mario Andriola, 51 anni, di Brindisi; Giovanni Francesco Brandi, 41 anni; Raffaele Giuseppe Brandi, 55 anni; Roberto Brigida, 39 anni; Enrico Colucci, 56 anni, tutti brindisini; Gianfranco Contestabile, 42 anni, di San Pietro Vernotico; Cosimo Gerardi, 39 anni; Giuseppe Gerardi, 40 anni; Vito Ingrosso, 37 anni, brindisini; Arben Lekli, 43 anni; Viktor Lekli, 45 anni, entrambi di Durazzo, residenti a Brindisi; Antonio Lococciolo, 60 anni; Tommaso Marsella, 38 anni; Massimiliano Oggiano, 41 anni, e Andrea Zingarello, 32 anni, tutti brindisini.

Andriola, i fratelli Brandi, i fratelli Gerardi, Colucci, Ingrosso e Lococciolo sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso. I due Brandi come promotori e dirigenti, gli altri di partecipi di questo “sodalizio  di tipo mafioso sorto a seguito dei mutati assetti interni alla criminalità organizzata brindisina, e in particolare in sostanziale continuità con l’associazione nota come Sacra corona unita, della quale costituiva emanazione/evoluzione, si avvaleva della forza di intimidazione derivante dalla notoria caratura criminale di Brandi Raffaele, già condannato con sentenza definitiva per partecipazione alla suddetta associazione mafiosa, che riusciva a creare un forte vincolo associativo idoneo a determinare una condizione di omertà e assoggettamento in parte della popolazione, attraverso questa struttura avente carattere armato, poiché nella disponibilità di armi da fuoco micidiali”.

Forza che si estrinsecava, secondo il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce Vincenzo Scardia, anche attraverso i contatti con la politica. E cioè attraverso il legame con Massimiliano Oggiano, al quale, in cambio dei favori che ricevevano, offrivano voti.  Ma Oggiano, poiché la sua posizione era piuttosto marginale, fu indagato a piede libero. Gli altri furono arrestati il 10 dicembre del 2007.

Ma torniamo alle eccezioni sollevate dalle difesa. Il primo ad aprire il fuoco di sbarramento è stato l’avv. Giuseppe Terragno. “La testimonianza di Labrini è inammissibile perché non può essere una lettura pura e semplice di elaborati tecnici. Chiedo che venga acquisito il tracciato del Gps in modo da poter procedere al controesame in modo compiuto”. “Quello che manca – ha rincarato Raffaele Missere -  è un verbale che dica, come sono state fatte le intercettazioni con il Gps,  quando, da chi. Questo è un processo anomalo. Si è parlato di un via vai tra l’Albania e la nostra costa di numerosi gommoni carichi di quintali di droga, ma non è stato sequestrato nemmeno un grammo”. Tutti gli altri difensori si sono associati: da Gianvito Lillo a Vincenzo Farina.

I pubblici ministeri non si sono opposti. Milto De Nozza ha chiarito perché sia l’intercettazione telefonica sia il “pedinamento” sono contenute su uno stesso Dvd. “Quando si effettuata una intercettazione con Gps – ha spiegato il pm – ci sono due percorsi paralleli e distinti. Il primo riguarda la fonia e si ottiene attraverso le celle; il secondo, che possiamo definire ‘pedinamento’, avviene attraverso un grafico video che viene registrato. Ed è ovvio che trattandosi di una stessa intercettazione è contenuta in un unico supporto che noi abbiamo già messo a disposizione con l’avviso di  conclusione delle indagini e contestuale avviso di deposito degli atti e quindi anche dei supporti tecnici”.

Licci ha, quindi, ordinato di iniziare il controesame di Labrini. Cosa che gli avvocati hanno fatto manifestando però l’intenzione di chiedere una eventuale continuazione dell’interrogatorio sulla parte relativa ai grafici del Gps a quando ne avranno preso visione. Il processo è terminato nel pomeriggio.

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