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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Quel maresciallo va sospeso: il Tar rigetta il ricorso

BRINDISI – Il maresciallo capo Giovanni Buccoliero, in quota presso la compagnia carabinieri di Brindisi, può essere sospeso dal servizio quando la sua presenza, per i reati che gli vengono contestati con rinvio a giudizio, possa recare danno all’immagine dell’Arma. Il Tar di Lecce ha respinto il ricorso presentato dal sottufficiale dell’Arma difeso dall’avvocato Vincenzo Parato.

BRINDISI – Il maresciallo capo Giovanni Buccoliero, in quota presso la compagnia carabinieri di Brindisi, può essere sospeso dal servizio quando la sua presenza, per i reati che gli vengono contestati con rinvio a giudizio, possa recare danno all’immagine dell’Arma. Il Tar di Lecce ha respinto il ricorso presentato dal sottufficiale dell’Arma difeso dall’avvocato Vincenzo Parato.

Buccoliero il 17 aprile del 2009 viene rinviato a giudizio perché  imputato per i reati di concussione in danno di E. R. e tentata concussione in danno di P. T.; concussione in danno di M. P. e rivelazione dei segreti d’ufficio commessa il 14 agosto 2007.  I primi due sono titolari di una bar a Torre Santa Susanna, luogo di nascita del maresciallo, l’altro è il titolare di un distributore di carburanti. Rivelazione del segreto d’ufficio perché il sottufficiale avrebbe rivelato notizie riservate su indagini in corso molto delicate. Accuse, ha sempre sostenuto la difesa dell’imputato, basate su nulla di concreto.

L’8 giugno lo stesso giudice per le indagini preliminari emette ordinanza di sospensione dal servizio. Che verrà revocata dal giudice per le indagini preliminari. Non finisce qui. Si tratta di reati gravi che in caso di condanna possono portare alla perdita del grado, e che, secondo il comando generale, possono arrecare discredito e grave nocumento all'immagine dell'Arma dei Carabinieri durante il periodo necessario allo svolgimento del processo penale e all'accertamento dei fatti.

Per questo il ministero della Difesa il 23 settembre del 2009, su proposta del vice comandante generale dell’Arma del 7 settembre precedente, emette il decreto di sospensione dal servizio. Decisione che poggia sul fatto che il sottufficiale è sottoposto ad un procedimento penale per imputazioni per le quali può derivare la perdita di grado. La sospensione precauzionale dall’impiego comporta il percepimento di metà dello stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo. Il ricorrente, ritenendo il provvedimento illegittimamente lesivo dei propri interessi, lo impugna chiedendo la sospensiva e quindi l’annullamento del provvedimento. Sospensiva che non viene concessa. Contro questa decisione ricorre al Consiglio di Stato.

La quarta sezione del Consiglio di Stato “in riforma della ordinanza cautelare di rigetto del Tar, in considerazione della intervenuta esclusione di alcune imputazioni a carico del ricorrente in sede di riesame della misura interdittiva, accoglie l’istanza cautelare di primo grado, evidenziando, altresì, che ricorressero le condizioni per un riesame del provvedimento impugnato”.  E quindi l’Arma, in esecuzione dell’ordinanza emessa in sede di appello, con decreto del 7 maggio 2010, sospende gli effetti del provvedimento impugnato e Buccoliero viene riammesso temporaneamente in servizio a partire dal 23 febbraio 2010. Ma in attesa della decisione nel merito del ricorso al Tar e, “contestualmente, per il periodo successivo, ha nuovamente disposto la sospensione precauzionale dall’impiego ai sensi dell’art. 20, comma 1, della l. n. 599/1954 a decorrere dal 7 maggio 2010”.

“Il provvedimento da ultimo emanato – scrivono i giudici del Tar nella sentenza - è stato gravato con motivi aggiunti. Con i motivi di ricorso la parte lamenta la violazione di legge e, in particolare, dell’art. 20 della l. n. 599/1954, dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e dell’art. 97 Cost. nonché l’eccesso di potere per erronea presupposizione di fatto e di diritto, violazione dei doveri di buona e corretta azione amministrativa, omessa ed insufficiente motivazione, contraddittorietà manifesta, illogicità ed irrazionalità, sviamento della causa tipica ed elusione e violazione del giudicato cautelare”.

La terza sezione del Tar ha però ritenuto irrilevanti e infondati i motivi di ricorso, affermando che l’ente di appartenenza, quando ci sono motivi validi, come quello di arrecare danno all’immagine del Corpo per il quale si lavora, ha diritto a procedere alla sospensione cautelare. E quindi  ha rigettato il ricorso.

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