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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Racket e politica, Di Donna scagiona Oggiano: "Mai ricevute pressioni da lui"

BRINDISI - “Mai avuto pressioni, né tanto meno aggressioni verbali da parte del capogruppo di Alleanza nazionale, Massimiliano Oggiano, per l’assunzione di Francesco Brandi nella Multiservizi”. Con queste parole l’ex presidente del consiglio comunale di Brindisi, Nicola Di Donna, testimone chiamato in causa dal difensore di Oggiano, Fabio Di Bello, smentisce l’ex presidente della società partecipata del Comune Cosimo Pagliara. Il processo è quello che vede alla sbarra, in qualità di principali imputati, i due fratelli Giovanni (detto Francesco) e Raffaele Brandi, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al controllo del racket delle estorsioni a Brindisi e dintorni.

BRINDISI - “Mai avuto pressioni, né tanto meno aggressioni verbali da parte del capogruppo di Alleanza nazionale, Massimiliano Oggiano, per l’assunzione di Francesco Brandi nella Multiservizi”. Con queste parole l’ex presidente del consiglio comunale di Brindisi, Nicola Di Donna, testimone chiamato in causa dal difensore di Oggiano, Fabio Di Bello,  smentisce l’ex presidente della società partecipata del Comune Cosimo Pagliara. Il processo è quello che vede alla sbarra, in qualità di principali imputati, i due fratelli Giovanni (detto Francesco) e Raffaele Brandi, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al controllo del racket delle estorsioni a Brindisi e dintorni.

Secondo l’accusa del pm Milto De Nozza, i due fratelli avevano in Oggiano (imputato per concorso esterno nell’associazione) il punto di raccordo fra il clan e l’amministrazione comunale. A sostegno di questa tesi, fondamentale la testimonianza di Pagliara, l’ex presidente della Multiservizi rimasto vittima di un attentato incendiario alla propria auto per mano di ignoti, che ha parlato di esplicite pressioni di Oggiano per l’assunzione di Brandi nella partecipata comunale. Quell’attentato fu frutto di ritorsione, per essersi opposto alla richiesta del capogruppo di An?

E’ una delle incognite demandate al dibattimento in corso, sul quale il collegio presieduto dal giudice Giuseppe Licci è chiamato ad accertare la verità. Per intanto l’ex presidente del consiglio comunale ha smentito categoricamente di aver mai ricevuto pressioni di sorta. “L’avvocato Pagliara – ha chiesto Di Bello – ha riferito nel corso della sua audizione del 30 novembre 2006 (conferenza dei capigruppo, ndr) che lei gli disse di lasciar perdere Oggiano, di non accettarne le provocazioni, è vero tutto questo?”. Di Donna ha smentito categoricamente di aver mai ricevuto provocazioni, istigazioni o sollecitazioni, in nessun senso.

Testimonianza che fa il paio con quella del segretario provinciale dell’Ugl Ercole Saponaro, chiamato in aula per le stesse circostanze, in particolare riguardo a un tentativo di Oggiano di fare pressioni sui sindacati per ottenere l’assunzione di Brandi. Anzi “di scaldare la piazza”, come aveva detto Pagliara. “Mai, signor giudice – ha risposto Saponaro – niente di tutto questo”. Gli attentati all’ex presidente della Multiservizi, contestualmente alla manifestazione di assoluta indisponibilità a reclutare Brandi fra i lavoratori della partecipata, restano dunque una misteriosa coincidenza, una incognita che potrebbe rimanere tale, anche al termine del processo.

Dai testimoni agli imputati. L’ultima parte dell’udienza è stata dedicata all’ascolto di Victor Lekli, uno dei due albanesi ribattezzati dalla città di Brindisi “fratelli Semaforo”, per avere a lungo sopperito con la loro presenza alternata all’assenza di segnaletica lungo il ponte del canale Patri. Servizio per il quale il Comune li aveva insigniti della cittadinanza onoraria, prima di essere arrestati con l’accusa di aver preso parte nell’associazione mafiosa capeggiata dai Brandi, con funzione di corrieri: secondo il pm prelevavano e trasportavano la droga rivenduta nelle piazze brindisine dall’Albania.

“Non c’è brindisino che non ci abbia dato una mancia piccola o grande per il servizio sotto il ponte, signor giudice”, ha detto Lekli, e ha fatto nomi e cognomi diligentemente appuntati su un taccuino. Nulla di inverosimile, i fratelli Semaforo erano un esempio di impegno al quale la città intera era riconoscente. Una riconoscenza culminata nell’accumulo di un tesoro, da parte dei Lekli: “Nel 1996 avevamo messo insieme circa 186 milioni di lire”, frutto della generosità dei brindisini, secondo l’imputato, non di un traffico internazionale di droga, come sostengono gli inquirenti.

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