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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Reflui Sfir, l'indagine non è finita. Tutto comincia da un esposto di agricoltori

BRINDISI – E’ stato l’esposto di alcuni agricoltori della zona a dare il via all’indagine sullo sversamento di acque reflue dallo stabilimento Sfir Raffineria di Brindisi Spa all’esterno, e sino al canale Fiume Piccolo che dopo poche centinaia di metri sfocia in mare nel porto medio. I fatti risalgono allo scorso mese di gennaio, quando un grande quantitativo d’acqua tracimò da sotto il muro di cinta della raffineria finendo con l’allagare parte dei campi circostanti e poi, seguendo la pendenza del terreno, raggiunse anche Fiume Piccolo.

BRINDISI – E’ stato l’esposto di alcuni agricoltori della zona a dare il via all’indagine sullo sversamento di acque reflue dallo stabilimento Sfir Raffineria di Brindisi Spa all’esterno, e sino al canale Fiume Piccolo che dopo poche centinaia di metri sfocia in mare nel porto medio. I fatti risalgono allo scorso mese di gennaio, quando un grande quantitativo d’acqua tracimò da sotto il muro di cinta della raffineria finendo con l’allagare parte dei campi circostanti e poi, seguendo la pendenza del terreno, raggiunse anche Fiume Piccolo.

Poco dopo la segnalazione del fatto il comando della stazione di Brindisi della Forestale effettuò un primo sopralluogo, rilevando la fondatezza dei contenuti della denuncia. Non restava che approfondire la conoscenza sulla natura dei reflui, e tale compito fu svolto dal dipartimento provinciale dell’Arpa. Le analisi di laboratorio hanno rivelato aliquote di manganese, boro e Cod, tracce tipiche di un processo di depurazione di sostanze organiche. Da qui il sequestro dell'area di 3mila metri quadrati.

Resta da stabilire se ci si trova di fronte ad un  episodio isolato, e se invece l’immissione di reflui nel sottosuolo e sul terreno sia stata una pratica non occasionale, e per tale ragione l’indagine è da considerare tutt’altro che chiusa. Al momento risulta indagato il direttore dello stabilimento, il portoghese Antonio Pereira di 42 anni.

Sul caso è intervenuto questa sera il consigliere provinciale dell'Udc Ciro Argese, il quale ha ricordato come, nel 2008, sia stato siglato un protocollo in cui da un lato Provincia e Comune si impegnavano ad agevolare al massimo gli iter autorizzativi per lo stabilimento, ma chiedendo a Sfir non solo di rispettare scrupolosamente le previsioni di impatto ambientale, ma addirittura di migliorarle. Invece oggi, dice Argese, ci si trova addirittura di fronte alla contestazione dello sversamento di reflui.

"Porteremo con urgenza la questione all'attenzione del Consiglio Provinciale affinchè il problema venga affrontato seriamente e la Provincia si faccia promotrice di un chiarimento e, e necessario, chieda alle autorità competenti di intervenire, approfondendo ancor più, per salvaguardare il già martoriato territorio brindisino da ulteriori rischi ambientali. Bisogna,certo,agevolare lo sviluppo di attività imprenditoriali nel nostro territorio ma la classe politica deve chiedere alle imprese, soprattutto quelle operanti in particolari settori rischiosi per l'ambiente, il rispetto delle regole", ha detto Argese.

La raffineria Sfir è stata costruita nell’area portuale a 800 metri dalla banchina commerciale di Costa Morena. La banchina consente l’attracco di navi con stazza fino a 40mila tonnellate. Per collegare lo stabilimento alla nave è stata costruita una linea di nastri trasportatori con potenzialità di 750 t/h sbocca in un magazzino del greggio  della capacità 60mila tonnellate. Lo zucchero raffinato viene stoccato in 4 silos verticali in cemento con potenzialità di scarico sfuso di 200 t/h di alimentazione del reparto big - bag ed insacco carta o polipropilene da 60 t/h.

Il progetto prevedeva una produzione giornaliera di 1.060 tonnellate, per 7.920 ore di lavorazione/anno e una produzione media annua di 300,000 tonnellate. L’impianto è stato progettato per un processo di raffineria convenzionale, prevedendo la carbonatazione e la decolorazione su carbone attivo granulare, la cristallizzazione su 5 getti ma una particolare attenzione è stata posta sulla ricerca della minimizzazione dei consumi energetici, sia elettrici che termici. Infatti il progetto comprende una centrale termoelettrica cogenerativa  costituita da due motori diesel da 17 megawatt ognuno, alimentati ad olio vegetale il cui dimensionamento è stato effettuato in modo che i cascami termici disponibili siano sufficienti a coprire l’80% delle necessità della raffineria.

La produzione elettrica è invece superiore alla richiesta degli impianti e verrà ceduta alla rete elettrica nazionale a 150 KV con priorità di dispacciamento. Nel dettaglio, il calore di raffreddamento dei due diesel viene utilizzato per il riscaldamento degli sciroppi e dell’acqua di reintegro della raffineria, mentre i fumi di scarico, depurati, filtrati ed eventualmente surriscaldati, vengono inviati a due caldaie a recupero dove viene prodotto vapore a 30 bar e 400 °C.

Il vapore viene utilizzato in una turbina a contropressione dove si produce ulteriore energia elettrica e poi inviato in raffineria per la cristallizzazione dei 5 getti. Ai due motori diesel a biocombustibile si può aggiungere o sostituire una caldaia a metano da 60 t/h a 30 bar. Il rendimento cogenerativo è il 79,2 % ed il PES (risparmio di energia primaria) pari al 51,0 per cento. Grazie all’impiego di biomasse per i diesel, è possibile l’emissione di più di 370mila certificati verdi per anno e risparmiare emissioni di CO2 per circa 727mila t/anno.

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