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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Riciclaggio auto, brindisino il boss

BRINDISI – E' della provincia di Brindisi il capo dell'organizzazione criminale specializzata nel riciclaggio internazionale di veicoli di grossa cilindrata sgominata all'alba di oggi dagli agenti della polizia stradale di Viterbo che ha portato all'arresto di 16 persone, tra italiani, rumeni e bulgari. Si tratta del 39enne V.F. Insieme a lui è stato arrestato anche il fratello sempre di origini brindisine A.F di 42 anni. Entrambi risiedono in provincia di Viterbo.

BRINDISI – E' della provincia di Brindisi il capo dell'organizzazione criminale specializzata nel riciclaggio internazionale di veicoli di grossa cilindrata sgominata all'alba di oggi dagli agenti della polizia stradale di Viterbo che ha portato all'arresto di 16 persone, tra italiani, rumeni e bulgari. Si tratta del 39enne V.F. Insieme a lui è stato arrestato anche il fratello sempre di origini brindisine A.F di 42 anni. Entrambi risiedono in provincia di Viterbo.

Undici persone sono indagate a piede libero. Tutti sono responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita ed al riciclaggio internazionale di veicoli. L’indagine denominata “The River”, è stata diretta dal sostituto procuratore Massimiliano Siddi, in collaborazione con gli uomini della stradale di Viterbo, coordinati dal comandante Federico Zaccaria.

La banda noleggiava auto di grossa cilindrata in Italia o all'Estero (Spagna, Olanda e Francia) e le rivendeva dopo averne modificato i documenti. Un traffico illecito su “larga scala”, lo ha definito la polizia stradale “che assicurava ai membri dell’organizzazione introiti così consistenti da diventare, per questi, una vera e propria “professione”, stabile, esclusiva ed altamente redditizia”. Le 25 autovetture rintracciate dalla Stradale, prima che ne fossero fatte sparire le tracce, hanno un valore commerciale complessivo di circa un milione di euro. Ad essere prese di mira, quasi sempre, auto di grossa cilindrata, regolarmente noleggiate.

Il brindisino V. F. residente a Viterbo, è considerato il “boss” e la vera e propria “mente” del gruppo. E' stato arrestato nei pressi del capoluogo della Tuscia (il Viterbese) dopo essere stato sorpreso alla guida dell’ennesima fuoriserie noleggiata all’estero e introdotta in Italia per essere riciclata. E' stato associato alla casa circondariale di “Mammagialla”. Insieme a lui, al momento dell’arresto, c'era una donna, M. C., di 33 anni, originaria della Romania. Anche per lei sono scattate le manette e l’accompagnamento in carcere a Civitavecchia.

Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che tra i due personaggi, dopo anni di attività delinquenziale a stretto contatto, era sorta anche una stabile relazione affettiva. Probabilmente, anche grazie a questo, la cittadina rumena, con il passare del tempo, aveva assunto sempre più una posizione di rilevanza all’interno dell’organizzazione. In diverse occasioni, infatti, è stata proprio lei a scegliere lo Stato estero in cui agire e a selezionare i corrieri a cui affidare il trasporto delle vetture in Italia.

L’abitazione della coppia a Viterbo veniva utilizzata come punto d’incontro con gli altri membri del gruppo criminale o come luogo di momentaneo deposito dei veicoli da riciclare, in attesa del loro successivo smistamento in varie località del centro e del sud Italia, dove i veicoli venivano piazzati grazie ad una serie di contatti con soggetti appartenenti agli ambienti malavitosi romani, napoletani e siciliani”. Spiega una nota della stradale di Viterbo.

Il fratello del 39enne brindisino, residente a Bagnoregio, provincia di Viterbo, invece, gestiva l’organizzazione dei viaggi in aereo all’estero per il raggiungimento delle società di autonoleggio e la pianificazione dei trasferimenti in Italia delle vetture noleggiate. Anche lui è stato rinchiuso nel carcere a “Mammagialla”.

Tra gli altri personaggi di spicco del sodalizio criminale ci sono A. G., di 40 anni, residente nella provincia di Agrigento, T. P., di 40 anni, originario della provincia de L’Aquila, attualmente domiciliato in Germania, dove, da tempo, era monitorato dalla locale polizia nell’ambito di un’altra indagine per riciclaggio di veicoli.

Spesso i veicoli da noleggiare venivano scelti in base alle indicazioni impartite per telefono, dall’Italia, dai capi della banda, in linea con le richieste degli acquirenti finali dei veicoli. Dopo di che, iniziava il lungo viaggio in autostrada, a volte con un’altra vettura che precedeva quella del “corriere”, con funzioni di “apri pista” e segnalazione di eventuali posti di controllo della Polizia.

A noleggiare le auto provvedevano dei “corrieri” che, raggiungendo dall’Italia (quasi sempre da Roma), con volo aereo, diverse località in Germania, Belgio, Spagna e Francia, si recavano presso le filiali delle più note società di autonoleggio (Hertz, Maggiore, Europcar, Avis, Sixt) per stipulare regolari contratti con cui entrare in possesso di autovetture di “gamma medio-alta”.

La dimensione internazionale del traffico di veicoli e la notevole mobilità dei soggetti implicati hanno reso necessario il ricorso ad “Interpol” e l’intervento, per l’arresto di alcuni componenti della banda, delle Polizie di Romania, Bulgaria e Germania, con cui gli uomini della Stradale di Viterbo erano da tempo in stretto contatto operativo. Queste, sulla base dei mandati di arresto europei emessi dal gip viterbese, hanno rintracciato ed arrestato altri 10 soggetti coinvolti.

Fondamentale è risultata anche la collaborazione delle Polizie Stradali di Roma, Napoli, Cosenza, Isernia, L’Aquila ed Agrigento, le quali, nei territori di rispettiva competenza, hanno assicurato un prezioso contribuito alle indagini. Determinante per la buona riuscita delle investigazioni è stata l’utilizzazione, da parte degli investigatori della stradale, delle più moderne tecnologie attualmente a disposizione, tra cui la rilevazione della posizione dei veicoli ricercati tramite sistemi gps, la tracciatura dei telefoni cellulari degli indagati attraverso l’individuazione delle celle “agganciate” e la intercettazione degli indirizzi di posta elettronica utilizzati dai capi della banda per impartire istruzioni agli altri membri.

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