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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Carvone: Giuseppe Ferrarese rinviato a giudizio, la famiglia del 19enne parte civile

Nell'aula bunker di Lecce si è celebrata stamani l'udienza preliminare. Il processo inizierà il prossimo 18 aprile, presso la corte d'assise di Brindisi. A giudizio anche un 54enne (estraneo all'omicidio) per minacce nei confronti della testimone chiave e favoreggiamento

BRINDISI – Il prossimo 18 aprile, presso la corte d’assise del tribunale di Brindisi, inizierà il processo sull’omicidio di Giampiero Carvone. L’unico imputato per il delitto avvenuto la notte del 10 settembre 2019, al rione Perrino, è il 27enne Giuseppe Ferrarese. Il giovane, difeso dagli avvocati Cosimo Lodeserto ed Emanuela De Francesco, è stato rinviato a giudizio dal gup del tribunale di Lecce, Angelo Zizzari, nel corso dell’udienza preliminare che si è svolta stamattina (martedì 14 marzo) presso l’aula bunker di Lecce. 

Oltre al 27enne sarà processato anche il 54enne Orlando Carella, difeso da Giuseppe Guastella, estraneo all’omicidio ma accusato di minacce nei confronti della testimone chiave affinché coprisse Ferrarese e di favoreggiamento. Quest’ultimo reato gli è stato contestato dalla pm della Dda di Lecce, Carmen Ruggiero, nel corso della precedente udienza, celebrata lo scorso 27 febbraio. La famiglia di Carvone, rappresentata dall’avvocato Marcello Tamburini, si è costituita parte civile. 

Il delitto e il movente

Carvone aveva appena 19 anni quando fu ucciso davanti all'ingresso della palazzina in cui risiedeva insieme ai familiari, in via Tevere 19. Un proiettile lo centrò alla testa. Il padre lo soccorse immediatamente, ma il ragazzo, in condizioni disperate, morì qualche ora dopo presso l'ospedale Perrino di Brindisi. Ferrarese è stato arrestato lo scorso 26 giugno in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Lecce, Giulia Proto, al culmine di indagini condotte dalla Squadra Mobile di Brindisi diretta dal vicequestore Rita Sverdigliozzi. Il giovane è accusato di omicidio aggravato dal fine di agevolare le attività del clan brindisino della Scu capeggiato da Andrea Romano e di porto illegale in luogo pubblico di una pistola calibro 7,65. 

Il movente è stato individuato in un “un furto d'auto e del successivo danneggiamento della stessa - si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - dovuto ad un sinistro stradale, furto perpetrato in danno di persone 'sbagliate'”. Ma Carvone sarebbe morto “fondamentalmente per avere fatto l''infame' – scrive ancora il gip - avendo riferito ad un uomo di spessore, assai temuto, i nomi dei suoi complici nel furto”, tra cui proprio Giuseppe Ferrarese. 

Le rivelazioni della testimone chiave

Le rivelazioni di una giovane brindisina hanno avuto un ruolo determinante in un’inchiesta che inizialmente aveva preso altre direzioni. Si tratta appunto della testimone chiave che ha smentito l’alibi fornito da Ferrarese agli investigatori. Questi infatti riferì che la notte dell’omicidio si trovava presso l’abitazione della ragazza e da lì avrebbe sentito esplodere dei colpi di arma da fuoco. Ferrarese avrebbe quindi chiesto alla giovane di confermare tale racconto, nel caso in cui fosse stata ascoltata dalla polizia. E' quanto emerge dalla dichiarazioni poi rese dalla testimone nel corso di un'udienza del processo su una tentata estorsione nei confronti del padre di Giampiero Carvone.

Successivamente, ascoltata dalla Squadra Mobile, la ragazza ribadì la medesima versione dei fatti, consegnando "agli inquirenti - si legge nell'ordinanza di custodia cautelare - una verità in grado di resistere a qualunque prova di forza, dimostrando grande coraggio e un profondo senso di giustizia". "La circostanza che ella fosse a conoscenza della dinamica per averla appresa dall'autore del grave fatto di sangue - si legge ancora nel provvedimento restrittivo - emerge dalla perfetta coincidenza tra le modalità della dinamica dell'omicidio raccontata (dalla teste, ndr) e la ricostruzione operata nella consulenza tecnica". La stessa inoltre "sconfessa, in più sedi, in maniera logica e coerente, il falso alibi che Ferrarese aveva fornito agli inquirenti in ordine al luogo in cui fosse mentre il suo amico veniva colpito a morte".

L'incidente probatorio

Ascoltata lo scorso 4 novembre in sede di incidente probatorio, la testimone ha sostanzialmente confermato le accuse mosse nei confronti di Ferrarese. In sede di incidente probatorio sono stati ascoltati anche i collaboratori di giustizia Andrea Romano, Annarita Coffa, Angela Coffa e Alessandro Polito, che a loro volta hanno confermato le dichiarazioni rese in precedenza agli inquirenti. 

La tentata estorsione al padre di Carvone

Va ricordato che nella prima fase delle indagini furono individuati i presunti responsabili di un episodio di tentata estorsione ai danni del papà di Giampiero, avvenuto poche ore prima dell’omicidio, a seguito del furto di un’auto che sarebbe stato commesso dallo stesso Giampiero. Successivamente la polizia risalì anche ai presunti autori di un colpo di fucile esploso in una piazza del rione Perrino dove, seduti su una panchina, si trovavano due ragazzi ritenuti appartenenti allo stesso gruppo di Carvone, per minacciarli di morte dopo aver scoperto l’autore del furto dell’auto. Ma le persone coinvolte in queste vicende, condannate in primo grado con sentenza emessa un anno fa dal tribunale di Brindisi, nulla hanno a che vedere con l’omicidio. L’unico che deve rispondere del delitto è infatti Giuseppe Ferrarese. 
 

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