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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Ostuni

Rosa Marina: confiscate le ville del clan

BARI - Il prestanome che si intestava i beni della mafia è morto da due anni, ma la guardia di finanza ha confiscato ugualmente i beni ai suoi eredi. E tra i tesori spuntano anche un paio di ville nel villaggio vip di Rosa Marina, lungo il litorale della Città bianca, già sottoposte a sequestro nel 2009. I dettagli dell'operazione sono stati diffusi stamane dal Comando provinciale delle Fiamme gialle. Beni per 102 milioni di euro, riconducibili al clan barese Parisi-Stramaglia, sono stati confiscati dai finanzieri del Gico del Comando provinciale di Bari, con la collaborazione del Servizio Centrale di Investigazioni sulla Criminalità Organizzata (Scico) di Roma, agli eredi dell'imprenditore Michele Labellarte, morto due anni fa e considerato il riciclatore delle ricchezze della cosca.

BARI - Il prestanome che si intestava i beni della mafia è morto da due anni, ma la guardia di finanza ha confiscato ugualmente i beni ai suoi eredi. E tra i tesori spuntano anche un paio di ville nel villaggio vip di Rosa Marina, lungo il litorale della Città bianca, già sottoposte a sequestro nel 2009. I dettagli dell'operazione sono stati diffusi stamane dal Comando provinciale delle Fiamme gialle. Beni per 102 milioni di euro, riconducibili al clan barese Parisi-Stramaglia, sono stati confiscati dai finanzieri del Gico del Comando provinciale di Bari, con la collaborazione del Servizio Centrale di Investigazioni sulla Criminalità Organizzata (Scico) di Roma, agli eredi dell'imprenditore Michele Labellarte, morto due anni fa e considerato il riciclatore delle ricchezze della cosca.

Il patrimonio confiscato è costituito da 8 società di capitali, 89 immobili (ville di pregio, appartamenti, capannoni industriali, terreni nelle province di Bari, Mantova e Brindisi, a Rosa Marina, appunto), conti correnti bancari e automezzi.

Il provvedimento rientra nell'operazione “Domino”, che nel dicembre 2009 aveva portato all'arresto di 83 presunti affiliati ai clan baresi. Tutti finiti alla sbarra - insieme al boss dell'omonimo clan, Savino Parisi - per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, usura, estorsione e trasferimento fraudolento di valori.

Le società finite nel mirino delle Fiamme gialle investivano i proventi illeciti nell'acquisto di ville, appartamenti, capannoni industriali e terreni edificabili. La principale operazione di reimpiego di proventi illeciti ricostruita dai finanzieri del Gico è stato il cosiddetto “affare universitario e cioè nella realizzazione, da parte di Michele Labellarte, di un progetto denominato “Centro Universitario Integrato” pubblicizzato come “il più importante d'Italia” capace di offrire 3.500 posti letto a studenti universitari fuori sede. Oltre alle sette società sono stati sottoposti a confisca, complessivamente, 89 immobili (tra cui ville, appartamenti, capannoni industriali e terreni) ubicati a Bari e provincia, Brindisi (Ostuni), Mantova, e 83 rapporti di conto bancari e 4 automezzi, per un valore complessivo di circa 102 milioni di euro.

In pratica, tra le prime volte in Puglia, i beni sequestrati ad un indiziato di appartenere ad un clan malavitoso vengono acquisiti definitivamente al patrimonio dello Stato, sfruttando le novità legislative introdotte dai recenti pacchetti sicurezza che hanno, tra l'altro, attribuito maggiore rilevanza alla "pericolosità/mafiosità" del bene rispetto a quella della persona che di quel bene dispone. Ciò consente, quindi, l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale in forma disgiunta da quella personale, nonchè la procedibilità, in caso di decesso della persona interessata ed entro 5 anni dalla sua morte, anche nei confronti degli eredi o aventi causa.

Ne deriva che il decesso di una persona sottoposta a misure di prevenzione (come nel caso di Labellarte), una volta accertata la sua organicità ad un sodalizio di stampo mafioso, non fa venir meno l'applicabilità della misura di prevenzione. Secondo quanto accertato dall'inchiesta tra il 2001 ed il 2002 il clan mafioso pugliese aveva la necessità di convertire dalle lire agli euro ingenti somme di denaro derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti, contrabbando, usura, estorsione e dal commercio di armi. E per questo il boss Angelo Michele Stramaglia si rivolse a Labellarte, imprenditore rampante di Valenzano, condannato nel 2002 per bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale, con grandi disponibilità finanziarie e ben introdotto nei circuiti affaristici della Bari bene: un colletto bianco disposto a lavare, come si dice in gergo, il tesoro dell'organizzazione.

Non è la prima confisca che avviene all’interno del villaggio. Già in passato  era finito sotto tiro il dorato patrimonio immobiliare di proprietà di Mario Coluccia (60 anni, presunto affiliato al clan che fa capo alla famiglia Fornelli). Ed è ancora più datato il sequestro, con successiva confisca, della maxi villa appartenuta all’ex re delle cliniche private baresi, Francesco Cavallari, oggi sede dell’associazione “Centro per l’autonomia”.

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