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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Scomparsi, ora decisiva l’autopsia

BRINDISI - Se non saranno riscontrati segni di violenza sul corpo di Teodoraq Rexhepaj, allora sarà chiaro che l’avventura in mare avviata il 15 marzo insieme al geometra brindisino Vittorio Danese è finita con un naufragio.

BRINDISI - Se non saranno riscontrati segni di violenza sul corpo di Teodoraq Rexhepaj, allora sarà chiaro che l’avventura in mare avviata il 15 marzo insieme al geometra brindisino Vittorio Danese è finita con un naufragio. Il corpo del 62enne albanese, a quanto pare dovrebbe trattarsi proprio di lui, è stato restituito dal mare Adriatico in Croazia, molto a nord rispetto alla città di partenza dei due che si erano messi in viaggio su uno scafo preso a noleggio da Brindisi, nottetempo. Erano diretti a Valona.

E’ stato il figlio di Rexhepaj a contattare Luca Leoci, l’avvocato che assiste la compagna di Danese (Vincenza Bufalo), per comunicargli che nel portafogli della vittima - a quanto si apprende a Brindisi - sono stati trovati documenti di identità di Rexhepaj: per questo le autorità  croate hanno informato quelle albanesi. Le autorità italiane, invece, stanno compiendo verifiche. Così come accertamenti vengono eseguiti dagli agenti della Squadra mobile di Brindisi, diretti dal vicequestore Alberto Somma, che conducono le indagini coordinati dal pm Antonio Costantini.

Il punto è questo: se di tragedia in mare si è trattato, e quindi vanno scartate altre ipotesi più truci, allora bisogna capire cosa ci stava a fare Danese in mezzo all’Adriatico, in una notte invernale in cui non c’era forse burrasca ma il mare non era neppure una tavola blu. Perché rischiare la vita? Non sarà che qualcuno, forse, gli aveva promesso una lauta ricompensa perché si occupasse di portare a termine qualche servizio su committenza, tipo l’introduzione in Italia di armi?

Si sa infatti che Danese aveva debiti. La sua piccola impresa edile non andava a gonfie vele. Aveva cercato di investire, negli ultimi tempi, nel settore delle rinnovabili.  La compagna, madre dei suoi due bambini, ha riferito agli inquirenti che spesso Danese partiva, andava in giro per l’Europa, ma non è che si impicciasse troppo, lei, dei suoi affari professionali. Non si era stupita, quindi, quando Vittorio gli aveva detto che sarebbe mancato ancora qualche giorno. Non aveva avuto di che approfondire. Gli investigatori, insomma, stanno continuando a lavorare sodo, non escludendo che si siano ramificate in Puglia organizzazioni criminali italo-albanesi che necessitano di manovalanza con la faccia pulita.

Di insospettabili cui far fare il lavoro sporco. Danese ha rischiato la vita per chissà quale ragione. Elvis Bozzetti, altro giovane geometra, ha tentato un’impresa impossibile. Si è messo alla guida di una vettura con un arsenale nel bagagliaio. La sua autovettura. E per arsenale si intende una dozzina di Kalashnikov e pure qualche bomba a mano. Pazzo? Il suo status di professionista al di sopra di ogni sospetto avrebbe forse incantato coloro che sono deputati al controllo dei passeggeri. Alla fine è stato scoperto, è finito in galera. Di sicuro, però, non ha rischiato la pelle oltre che la fedina penale, senza una contropartita.

Sarà questa l’altra faccia della crisi, in tempi in cui contrabbando non viene più in soccorso, come invece succedeva un tempo, di chi naviga in cattive acque. Poi, però, c’è chi ci lascia la pelle. Le speranze, per Danese, sembrano ridotte al lumicino.

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