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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Scu e bische, pesanti richieste del pm

BRINDISI - Richieste di pene varianti tra i 26 anni per Daniele Vicientino, i 16 per Albino Prudentino e i 14 per altri imputati hanno concluso oggi l'arringa del pm Alberto Santacatterina al processo nato dall'operazione del Ros del 29 settembre 2010, contro quel clan della Scu al quale era possibile affiliarsi senza più alcun rito.

BRINDISI - Lo stratagemma di Penna&Co ha dato i suoi frutti, seppur svelato, poi, dal pentito. Lo dimostra il fatto che stamani, durante la requisitoria, il pm della Dda Alberto Santacatterina, ha dovuto soffermarsi sulla differenza sostanziale tra l'affiliazione e la partecipazione a una associazione mafiosa. Ha dovuto far notare che l'articolo 416 bis non si cura di riti e di gerarchie, ma di consenso e forza di intimidazione.

Insomma, si può essere sodali, e secondo l'accusa lo sono i 10 imputati, organici alla Scu, pur senza alcun ''battesimo di fuoco". Durante la discussione del processo Calipso al clan Penna - Vicientino è emerso come la Sacra corona unita degli anni Duemila fosse riuscita a mutare gli assetti in modo proficuo. E probabilmente sarebbe stato ancor più difficile scoprirne i meccanismi d'ultima generazione se un bel giorno, proprio dopo gli arresti del 29 settembre 2010 eseguiti dai Ros, Ercole Penna, alias Linu lu Biondu, non avesse deciso di vuotare il sacco.

Le richieste di pena di Santacatterina sono pesanti, del resto si parla di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al gioco d'azzardo, al contrabbando, alla detenzione di armi oltre che naturalmente al traffico di droga. Per Albino Prudentino il conto si ferma a 16 anni, per Bruno Bembi 12, per Giovanni Vicientino 18, per Maurizio Vicientino 10, per Angelo Cavallo 16, per Gennaro Solito (ex poliziotto di Ceglie Messapica) 16, per Nicola Nigro 14, per Tiziano Maggio 14, per Tobia Parisi14, per Daniele Vicientino 26.

Il pm Alberto Santacatterina ha parlato a lungo. Ha letto le intercettazioni telefoniche che costituiscono una delle basi più solide dell'inchiesta. Si parla di Albino Prudentino come colui che fa girare i soldi. Si parla delle regole imposte da Vicientino: "Uno vuole fare usura, deve rendere conto. Se no, non la fa. Vuole fare bisca? Deve dare conto, se no gioca d'azzardo".

Alla fine, paradossalmente, emerge che Penna ha anticipato con le sue dichiarazioni quel che hanno stabilito poi diverse sentenze della Corte di Cassazione. Si può essere affiliati senza per questo aver partecipato "a questi riti magici che non ci interessano". Così come si può essere affiliati e ambire all'assoluzione, perché magari il rito è stato voluto da un genitore o da un parente ed è soltanto l'indice di appartenenza alla stirpe, piuttosto che la testimonianza di partecipazione a una organizzazione criminale di stampo mafioso.

Insomma, la Sacra corona, con i suoi capo-area, si era organizzata per far sì che fosse difficile scoprirne il business quotidiano fatto di macchinette videopoker, di contatti con l'Albania, di droga e di traffici illeciti vari sulle due sponde dell'Adriatico.

Nell'inchiesta che portò il 29 settembre del 2010 all'emissione di 11 ordinanze di custodia cautelare, c'era anche lui, l'attuale collaboratore di giustizia Ercole Penna, detto Lino lu Biondu, che ha poi parlato, condendo i propri resoconti di dettagli tali da far ritenere che non avesse alcuna intenzione di calunniare, ma di liberarsi di un fardello divenuto eccessivamente pesante. Nell'ambito del medesimo procedimento Penna è stato giudicato con rito abbreviato e condannato a 8 anni.

Il collegio difensivo, nel processo, la cui udienza odierna si è conclusa con l'arringa dell'avvocato Giancarlo Camassa per Tobia Parisi, è composto dagli avvocati Raffaele Missere, Vito Felici, Cosimo Deleonardis, Ladislao Massari, Aldo Gianfreda, Pasquale Annicchiarico. Sono costituti parte civile l'associazione Antiracket e il Comune di Mesagne, con gli avvocati Carmelo Molfetta e Anna Luisa Valente, oltre all'Avvocatura dello Stato per il ministero degli Interni che hanno chiesto provvisionali sul risarcimento danno complessivo dai 50 mila ai 100 mila euro. Il loro diritto a battere cassa era stato riconosciuto nel corso del giudizio abbreviato per il pentito mesagnese.

 

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