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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Sequestrato il settore del carcere di Brindisi dove si suicidò un detenuto tunisino

BRINDISI – Un intero settore del carcere di Brindisi è stato sottoposto a sequestro preventivo dall’autorità giudiziaria, nell’ambito delle indagini sulla morte di un detenuto tunisino di 43 anni, impiccatosi nella notte tra il 6 ed il 7 agosto 2010. La circostanza è stata resa nota da un comunicato di uno dei sindacati della Polizia penitenziaria, l’Osapp: “E’ di queste ore la notizia ufficiale del sequestro intero reparto detentivo disposto, in via precauzionale, dal tribunale di Brindisi, un atto mai operato nell’intero territorio nazionale dalla magistratura penale”. Sempre secondo l’Osapp, “anche l’amministrazione penitenziaria potrebbe essere chiamata ed ascoltata per una ipotesi di reato di istigazione al suicidio per le criticità del reparto detentivo del carcere in cui i detenuti sono stati ubicati”.

BRINDISI – Un intero settore del carcere di Brindisi è stato sottoposto a sequestro preventivo dall’autorità giudiziaria, nell’ambito delle indagini sulla morte di un detenuto tunisino di 43 anni, impiccatosi nella notte tra il 6 ed il 7 agosto 2010. La circostanza è stata resa nota da un comunicato di uno dei sindacati della Polizia penitenziaria, l’Osapp: “E’ di queste ore la notizia ufficiale del sequestro intero reparto detentivo  disposto, in via precauzionale, dal tribunale di Brindisi, un atto mai operato nell’intero territorio nazionale dalla magistratura penale”. Sempre secondo l’Osapp, “anche l’amministrazione penitenziaria potrebbe essere  chiamata ed ascoltata per una ipotesi di reato di istigazione al suicidio per le criticità del reparto detentivo del carcere in cui i detenuti sono stati ubicati”.

“Come sindacato di polizia  - si legge nella nota dell’Osapp - avevamo  da tempo segnalato  l’inopportunità di un sovraffollamento dei reparti detentivi, di una situazione di criticità per quanto concerne igiene, salubrità dei locali e sovraffollamento. Noi dell’amministrazione – poliziotti, dirigenti, sindacati - non possiamo continuare a pagare disattenzioni che sono addebitabili ad altri ed in altre sedi. Adesso, come sindacato di polizia, siamo più preoccupati di prima,pur avendo fiducia e stima nella magistratura,ma nelle stesse condizioni ci sono anche altri reparti dei penitenziari pugliesi,considerando che Brindisi è di recente ristrutturazione”.

Il provvedimento è legato al dramma verificatosi nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2010, quando, un detenuto  tunisino fu trovato impiccato nella sua cella dagli agenti della polizia penitenziaria della casa circondariale di via Appia: l’uomo, che avrebbe finito di scontare la condanna nel maggio 2012, aveva utilizzato una maglietta legandola alle sbarre della finestra del bagno. Nonostante l’immediatezza dei soccorsi, non ci fu nulla da fare. La vittima non riusciva da mesi a vedere i due figli di sei e otto anni. Sembra, infatti, che non era stato possibile trovare nessuno che accompagnasse i bambini in carcere, dopo che anche la loro madre era stata arrestata per il furto di alcune bottiglie di alcool in un supermercato.

Appena il 3 febbraio scorso sempre nel carcere di Brindisi un altro detenuto di 58 anni in attesa di giudizio è stato salvato in extremis dall'intervento di un  agente di polizia penitenziaria (quella volta è stato il sindacato Sappe a segnalare il caso). L'uomoi, accusato di rapina, aveva tentato di impiccarsi utilizzando un lenzuolo assicurato alle sbarre della finestra.

Nel caso del sequestro, si tratta di un provvedimento disposto dal Tribunale del riesame cui si era rivolto il pm Raffaele Casto, dopo che il giudice delle indagini preliminari aveva rigettato una prima richiesta del sostituto procuratore. Nello specifico, sono stati posti i sigilli a sette celle di sicurezza che non erano adeguatamente esplorabili dal personale di vigilanza attraverso lo spioncino, come invece prescrive il regolamento. La direzione del carcere aveva già segnalato al ministero il problema, ma senza esiti. Sino al suicidio del 6 agosto 2010, che innescò l'inchiesta.

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