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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Sesso in cambio di case: condannato a 6 anni l'ex assessore comunale Sanna

BRINDISI – Sei anni di carcere per richieste di prestazioni sessuali in cambio di un interessamento per una casa popolare. L’ex assessore alle Politiche abitative della giunta guidata dal sindaco Giovanni Antonino (arrestato pure lui in quegli anni, ma per mazzette) è uscito con le ossa rotte dal processo che lo vede imputato per cinque casi di abuso sessuale e concussione. Il tribunale, presidente Gabriele Perna, ha accolto la richieste del pubblico ministero Milto Nozza: sei anni di reclusione. Non un giorno in meno, respingendo la tesi difensiva (avvocato Roberto Palmisano) secondo cui non vi era stata violenza in quanto le donne erano consenzienti.

BRINDISI – Sei anni di carcere per richieste di prestazioni sessuali in cambio di un interessamento per una casa popolare. L’ex assessore alle Politiche abitative della giunta guidata dal sindaco Giovanni Antonino (arrestato pure lui in quegli anni, ma per mazzette) è uscito con le ossa rotte dal processo che lo vede imputato per cinque casi di abuso sessuale e concussione. Il tribunale, presidente Gabriele Perna, ha accolto la richieste del pubblico ministero Milto Nozza: sei anni di reclusione. Non un giorno in meno, respingendo la tesi difensiva (avvocato Roberto Palmisano) secondo cui non vi era stata violenza in quanto le donne erano consenzienti.

Domenico Sanna, 60 anni, brindisino, per questa turpe vicenda di violenza sessuale, scoperta grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali che il governo Berlusconi sta cercando di cancellare ma che in fondo si rivelano uno strumento di difesa per i cittadini perbene, finì agli arresti il 9 luglio del 2004 su ordine del giudice per le indagini preliminari Simona Panzera, la quale accolse la richiesta del pubblico ministero dell’epoca, Pasquale Sansonetti. La battaglia in aula l’ha condotta il sostituto procuratore Milto De Nozza. E l’ha spuntata.

Fatti vecchi, risalenti agli anni tra il 2003 e il 2004, scoperti casualmente, hanno detto i verbalizzanti nelle precedenti udienze. Le indagini, avviate nell’ottobre del 2003, furono seguite personalmente dal sostituto commissario Domenico Conte della squadra mobile di Brindisi, che, di concerto con il magistrato inquirente, impiegò tutti gli strumenti tecnici consentiti dalla legge per inchiodare l’allora amministratore comunale alle proprie responsabilità.

Non era facile trasformare in capi di accusa che potessero reggere il dibattimento le dicerie che circondavano questa persona. Si parlava in giro di donne che avevano dovuto subire violenze per avere la casa. Ma nessuna delle vittime aveva mai avuto il coraggio e la forza di far mettere a verbale ciò che avevano nascosto ai propri familiari; ciò che erano state costrette, secondo l’accusa, a patire pur di avere una casa.

E già. Perché all’epoca Sanna era l’assessore alla casa, e di fatto continuò a conservare un certo potere anche dopo la caduta dell’amministrazione Antonino. Avere un tetto sotto cui ripararsi è uno dei problemi più gravi con i quali tanti brindisini, quotidianamente debbono fare i conti. Disoccupazione e casa. Nei giorni scorsi si è tenuta l’udienza di un processo, poi aggiornato ad altra data, dinanzi al giudice monocratico chiamato a decidere chi aveva diritto ad occupare una casa popolare. E, quindi, chi aveva violato la legge: l’assegnatario che aveva momentaneamente lasciato vuoto l’appartamento o il senzatetto che si era ficcato dentro.

Di questi storie, che finiscono anche nelle aule di giustizia, ce ne sono tante, perché c’è fame di case da parte di gente che non ha lavoro e non può permettersi di pagare un affitto. Sanna, secondo l’accusa, approfittava di questa necessità. E quando a rivolgersi a lui era una donna, in cambio del suo interessamento doveva soddisfare le sue voglie.

Poi ci fu il colpo a sorpresa che spianò la strada all’arresto dell’assessore. Durante un’operazione antidroga, in casa di una donna, i poliziotti rinvennero una cassetta audio che conteneva la registrazione di una conversazione tra lei e Sanna. La donna aveva registrato tutto quanto si era detta con l’assessore, le avance dell’uomo, e così via.

Sul contenuto della registrazione gli investigatori prima, il pubblico ministero dopo e infine il giudice per le indagini preliminari che ordinò l’arresto, non ebbero dubbi di sorta. L’assessore chiedeva alla donna prestazioni sessuali in cambio di un suo intervento sulle graduatorie degli alloggi popolari. Gli incontri – ricostruirono i poliziotti della Squadra mobile – avvenivano nello studio di Sanna: una villetta a due piani lungo la statale 7, a ridosso dell’ospedale Perrino.

Il 5 maggio il processo era ripartito per la quinta volta. Era stato già incardinato, ma per vari motivi era sempre saltato. Tra i motivi c’era stato anche il dover ricomporre il collegio presieduto da Perna perché un giudice era stato trasferito in altra sede. Ora è arrivato a conclusione. Se ne riparlerà in appello, perché sicuramente l’imputato ricorrerà al giudice di secondo grado.

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