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Soffiata ai carabinieri per incastrare l'ex marito: scoperti e denunciati

BRINDISI - Trascorse ventisei lunghi giorni fra carcere e arresti domiciliari con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di cocaina, erano invece poco più di 23 grammi di zucchero. Dopo un lungo anno di indagini, gli investigatori hanno scovato i presunti registi della messinscena ordita ai danni del parrucchiere brindisino Marco Santese, 30 anni. Secondo l’accusa del pm Giuseppe De Nozza, che ha chiesto per entrambi il rinvio a giudizio per calunnia aggravata in concorso, si tratta della ex moglie Monica Biasi, 25 anni e Antonio Sanasi, 40 anni, il nuovo compagno di lei. Il movente? Pare che Sanasi temesse un ritorno di fiamma fra i due ex e che, con la complicità di un confidente storico dei carabinieri, avesse soffiato la calunnia nelle orecchie dei militari.

BRINDISI - Trascorse ventisei lunghi giorni fra carcere e arresti domiciliari con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di cocaina, erano invece poco più di 23 grammi di zucchero. Dopo un lungo anno di indagini, gli investigatori hanno scovato i presunti registi della messinscena ordita ai danni del parrucchiere brindisino Marco Santese, 30 anni. Secondo l’accusa del pm Giuseppe De Nozza, che ha chiesto per entrambi il rinvio a giudizio per calunnia aggravata in concorso, si tratta della ex moglie Monica Biasi, 25 anni e Antonio Sanasi, 40 anni, il nuovo compagno di lei. Il movente? Pare che Sanasi temesse un ritorno di fiamma fra i due ex e che, con la complicità di un confidente storico dei carabinieri, avesse soffiato la calunnia nelle orecchie dei militari.

Il prologo di questa incredibile vicenda risale a poco più di un anno fa. Il parrucchiere brindisino, incensurato, viene arrestato dai carabinieri il 29 marzo scorso. Quella mattina stessa una telefonata avverte i militari che sotto il copri cerchio della sua auto l’artigiano nasconde lo stupefacente. Alle 7,30 scatta il blitz, in sei piombano nella bottega del rione Santa Chiara, e la perquisizione conferma le informazioni dello spione. Non è tutto. Ancora più incredibile è il fatto che, da lì a poco, il narcotest sulla sostanza conferma che si tratta di cocaina. L’uomo viene arrestato di fronte ai clienti increduli e al datore di lavoro, allibito. Il legale difensore, Gianvito Lillo, non si arrende e ostinatamente chiede una seconda perizia che viene infine disposta dal pubblico ministero.

I risultati confermarono l’innocenza proclamata per ventisei lunghi giorni dalla vittima: è zucchero, comune disaccaride saccarosio in polvere. Il gip Alcide Maritati dispose l’immediata scarcerazione dell’artigiano mentre l’avvocato Lillo sporse per conto del proprio assistito denuncia contro ignoti. Gli investigatori si misero immediatamente a caccia dei calunniatori. La coppia è stata stanata dagli stessi militari della compagnia francavillese, indagini coordinate dal maresciallo Antonino Farrugia, impianto accusatorio corroborato da un massiccio carico di intercettazioni.  E’ lo stesso Marco Santese, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, a suggerire la pista agli inquirenti, sa bene che non sono molte le persone che possono nutrire motivi di rancore nei suoi confronti. La traccia si rivela assai puntuale e i carabinieri, con una motivazione in più del solito, arrivano presto e bene al punto, i registi della storia sono la ex moglie e il nuovo compagno.

Il movente? Un insano desiderio di vendetta. A ordire il piano contro il parrucchiere, suggerendo il nascondiglio dello stupefacente posticcio a un confidente dei carabinieri, fu Santese, il nuovo compagno della ex moglie, con l’obiettivo di eliminare il rivale dalla circolazione. Letteralmente. Le intercettazioni confermano le prime intuizioni degli investigatori, tanto che la prima ipotesi di reato a carico dei due, ossia falso per induzione, muta in calunnia aggravata in concorso per aver fatto ingiustamente rischiare all’artigiano una pena da otto a venti anni di carcere.

Fissata per il 28 maggio l’udienza preliminare che deciderà per il rinvio a giudizio o l’archiviazione del caso, mentre pende di fronte alla Corte d’appello di Lecce la richiesta risarcitoria per ingiusta detenzione.

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