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Cronaca

Spaccio di droga in carcere, cade l’accusa per Francesco Coffa: “Solo uso personale”

Accolto il ricorso dei difensori. Il detenuto resta in cella dopo la condanna all’ergastolo per l’omicidio Tedesco

BRINDISI – “Solo uso personale di sostanza stupefacente”: cade l’accusa di spaccio di droga in carcere per il detenuto Francesco Coffa, 37 anni, di Brindisi, nel frattempo trasferito nella casa circondariale di Trani, dopo la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Cosimo Tedesco. Fine pena mai appellata dai difensori.

Il Tribunale del Riesame

Francesco CoffaL’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Brindisi è stata annullata dal Riesame di Lecce, presidente Silvio Piccinno, lo scorso 17 marzo 2018, in accoglimento del ricorso presentato e discusso dai difensori dell’indagato, gli avvocati Agnese Guido e Massimo Murra del foro di Brindisi. La motivazione è riservata, termine di 45 giorni.

I penalisti hanno sostenuto che non si trattasse di detenzione ai fini dello spaccio, ma esclusivamente finalizzata al consumo personale dal parte del detenuto nel periodo di tempo in cui Coffa era recluso nel carcere di Foggia. E’ nel penitenziario della Capitanata che, secondo l’accusa imbastita dal pubblico ministero, sarebbe emersa la presenza di hashish e cocaina: la droga, stando a quanto contestato nel provvedimento di arresto, in alcuni casi sarebbe riuscita a entrare, essendo stata nascosta in giubbotti, anche per bambini, e scarpe, oppure nel doppiofondo di borse destinate ai detenuti e contenenti indumenti.

Per Coffa, quindi, l’ordinanza è stata annullata, ma resta in carcere in attesa della discussione in sede di Appello, con riferimento al processo scaturito dall’inchiesta sull’omicidio di Cosimo Tedesco, avvenuto in un condominio del quartiere Sant’Elia di Brindisi, il primo novembre 2014. Omicidio aggravato dai futili motivi, stando alla sentenza del gup del Tribunale di Brindisi, legato a un diverbio tra adulti, avvenuto la sera precedente in occasione della festa di Halloween per i bambini, alla quale partecipavano i piccoli delle due famiglie.

Gli altri indagati

L’accusa di spaccio in carcere era stata mossa, oltre che nei confronti di Coffa, anche con riferimento ad Alessandro Polito, 37 anni, di Brindisi, anche lui coinvolto nell’omicidio Tedesco e condannato all’ergastolo (con Andra Romano, reo confesso). Accusa di spaccio anche per: Alessandro Coffa, 35, (fratello di Francesco); Rosario Galluzzo, brindisino, 45 anni; Pasquale Scolti, fasanese, 39 anni; Eros Roberto, di Manfredonia, 30 anni, e Ilario Vicerè, di Foggia, 21.

Nei confronti dei fratelli Coffa e di Polito il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, Giuseppe Biondi, aveva  firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, di fronte agli elementi raccolti dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria del comando provinciale nell’ambito dell’inchiesta Exodus, mentre rispetto agli altri ha ritenuto idonea la misura degli arresti domiciliari di fronte all’accusa di avere “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro e con soggetti ancora in corso di identificazione, detenuto e trasportato 8,1 grammi di cocaina e 19,8 grammi di hashish con l’intento di introdurli nella casa circondariale dove l’avrebbero ceduta a terzi”. Fatto questo “commesso a Brindisi, Manfredonia e Foggia, dal 17 settembre 2017 sino al 25 ottobre successivo”.

L’accusa

Il gip aveva condiviso l’impostazione del pubblico ministero della Procura di Brindisi e ha scritto che “è certo che i detenuti Francesco Coffa e Alessandro Polito siano stati gli organizzatori dell’impresa criminale attraverso l’imprescindibile collaborazione di Pasquale Scolti e Alessandro Coffa” in quel periodo liberi. “Sono loro – si legge nel provvedimento di arresto – i quattro soggetti che coinvolgevano e utilizzavano altre persone al fine di introdurre sostanza stupefacente nel carcere”.

E’ emerso che “Alessandro Coffa detenesse a Brindisi lo stupefacente che Pasquale Scolti, su indicazione di Francesco Coffa e Alessandro Polito, era stato incaricato di prelevare e consegnare al corriere incaricato di introdurlo all’interno della casa circondariale”. A tal fine, sempre secondo il giudice, “nessuno meglio di un familiare di un detenuto avrebbe potuto assolvere il compito. Ecco, allora, che gli indagati coinvolgevano prima il detenuto Rosario Galluzzo che affidava il compito” a un congiunto “e, successivamente, fallito il primo tentativo, coinvolgevano il detenuto Ilario Vicerè” a sua volta parante di una donna “arrestata in flagranza di reato”.

Le scarpe e i giubbotti

Stando a quanto emerso dalle indagini, la droga doveva essere nascosta nelle  “scarpe da ginnastica oppure nei giubbotti dei bambini”, ammessi al colloquio con i detenuti. Una volta a colloquio avrebbe dovuto esserci la consegna degli indumenti o, a seconda delle circostanze, lo scambio delle scarpe. Per Coffa quella droga era destinata al solo consumo personale.

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