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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Strage Brindisi: in appello per "vizio di mente"

BRINDISI - L’imputato formalmente è Giovanni Vantaggiato, il bombarolo di Copertino la cui furia stragista si scatenò a Brindisi in un sabato di primavera del 2012. Il 19 maggio. In realtà il processo d’appello che inizierà lunedì prossimo a Lecce sarà il banco di prova per un'altra questione, e cioè la tenuta dell’aggravante della finalità terroristica

BRINDISI - L’imputato formalmente è Giovanni Vantaggiato, il bombarolo di Copertino la cui furia stragista si scatenò a Brindisi in un sabato di primavera del 2012. Il 19 maggio. In realtà il processo d’appello che inizierà lunedì prossimo a Lecce sarà il banco di prova per un'altra questione, e cioè la tenuta dell’aggravante della finalità terroristica che è stata riconosciuta in primo grado e che, lo ricordano tutti, all’atto della contestazione, ancora in fase di indagini, comportò il trasferimento di competenza del fascicolo da Brindisi alla Dda di Lecce.

L’ergastolo per Giovanni Vantaggiato, non dovrebbe comunque essere in discussione, salvo colpi di scena. Il killer di Melissa Bassi, detenuto nel carcere di Lecce, è stato condannato oltre che al carcere a vita a 18 mesi di isolamento diurno. Il pg che sosterrà l'accusa sarà Antonio Maruccia. L’atto d’appello del suo legale, Franco Orlando, punta essenzialmente su due presupposti: il vizio di mente che andrebbe riconosciuto a seguito di perizia e che per la difesa potrebbe determinare l’assoluzione del 70enne e la non sussistenza dell’aggravante.

E’ stata infatti chiesta alla alla Corte d’Assise d’Appello di Lecce la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’espletamento della perizia psichiatrica. La sentenza, inoltre, va “riformata per l’insussistenza dell’aggravante della finalità terroristica” contestata insieme al reato di strage. La richiesta di perizia psichiatrica è stata ribadita dalla difesa anche in secondo grado sul presupposto che il rigetto dei giudici di primo grado vada interpretata come una assunzione di responsabilità degli stessi “pur in presenza di elementi oggettivi di segno contrario”. Tra questi il deperimento fisico di Vantaggiato, dimagrito di oltre 20 chili e tornato di recente ad essere recluso nel carcere di Lecce dopo un periodo trascorso in ospedale prima e nella casa circondariale di Bari, in seguito.

Le intercettazioni nella sala colloqui dell’istituto detentivo di Borgo San Nicola, effettuate nell’autunno del 2012, dalle quali si evinceva che l’imprenditore di Copertino stesse attuando una strategia per uscire dal carcere, testimonierebbero secondo quanto riportato nell’appello, proprio l’esistenza di patologie psichiche che lo renderebbero incapace di intendere e volere oltre che di stare a processo. “L’atteggiamento tenuto dal sig. Vantaggiato durante tutto il periodo di detenzione – si legge – durante il processo e durante l’interrogatorio, conferma quanto affermato nella consulenza tecnica richiamata, che inquadra il soggetto in un disturbo misto di personalità con tratti paranoidei caratterizzato da momenti depressivi trasformati in rabbia esplosiva e devastante e momenti di maniacalità in cui il soggetto dà prova della propria grandezza”.

“Generalmente, ed anche nel caso di specie, il soggetto paranoico appare estremamente lucido, a tal punto da progettare alla lettera anche gli omicidi più efferati e più complessi; inoltre, pur essendo abilissimo nel depistare e nascondere le motivazioni delle proprie azioni (folli), è incapace di comprendere il contenuto e le conseguenze reali del proprio gesto”. “Dall’esame delle intercettazioni telefoniche relative al periodo di carcerazione e dalla tipologia di reato commesso, il Vantaggiato conferma pienamente le ipotesi diagnostiche che ne descrivono la personalità, confermando ancora una volta che il soggetto presenta una condizione psicopatologica del tutto evidente e tale da determinare condizioni fisiche estremamente gravi e difficilmente trattabili nel carcere ove si trova ristretto.

L’atteggiamento tenuto dal Vantaggiato all’interno del carcere, in relazione al dimagrimento patologico indotto per ‘tentare di uscirne’, conferma la sua patologia mentale, la sua ossessione, il suo delirio di grandezza, la sua maniacalità, il suo pensiero ossessivo e ricorrente, fermo solo e sempre su di un unico pensiero, centrato anche stavolta esclusivamente sulla ricerca di una soluzione ‘a qualunque costo’ in grado di permettergli di uscire da lì, senza, ancora una volta, pensare e valutare le conseguenze pericolose di ogni sua azione”.

Quanto all’aggravante della finalità terroristica contestata al reato di strage: “Nessuna estremizzazione può portare a ritenere che il gesto di Vantaggiato fosse destinato alla determinazione di un allarme sociale ed alla destabilizzazione dei poteri pubblici; piuttosto induce a ritenere che si tratti del gesto sconsiderato di chi, per una degenerazione patologica della facoltà di determinarsi, decide di ‘farsi giustizia’ da sé. Significativo è, in tal senso, l’episodio dell’attentato a Cosimo Parato, del quale Vantaggiato, si è attribuita la responsabilità. La rabbia nutrita per Cosimo Parato ed i suoi complici (in particolare il maresciallo dei carabinieri Sebastiano Fiorita, per le cui accuse è imputato in concorso con la moglie per calunnia, ndr) sono la vera e confessata ragione di entrambe le azioni delittuose. Nessun fine politico, nessun atto eversivo, nessun fine destabilizzante o di costrizione dei poteri: piuttosto l’insano desiderio di vendetta nei confronti di Parato, ma anche nei confronti di quel Tribunale di Brindisi che, dal suo punto di vista, gli aveva reso una sentenza ‘ingiusta’” Un atto dimostrativo, sì, ma “senza voler uccidere”.

A tutt'altro genere di conclusioni è giunta invece la Corte d’Assise di Brindisi, come si può attestare dal contenuto della motivazione della sentenza. Non ce l’aveva con Cosimo Parato, il suo ex socio in affari, non con il maresciallo Sebastiano Fiorita. Ma con il “sistema”, con i pubblici poteri. E se anche non ha cagionato grave danno al Paese, era sua intenzione farlo.

Vantaggiato nutriva “rabbia, delusione e frustrazione” nei confronti del “mondo” e quindi anche verso i pubblici poteri che non gli avevano reso “giustizia” per via di “una sentenza di condanna “inutile” perché non coinvolgeva nemmeno tutti i responsabili della truffa di cui era rimasto vittima”.

“Si deve concludere – scrivono i giudici nella parte dedicata alla sussistenza dell’aggravante della finalità terroristica – che Vantaggiato a differenza di quanto dichiarato avesse intenzione di proseguire la strategia criminale di tipo terroristico iniziando con l’attentato alla scuola Morvillo Falcone collocando altri ordigni esplosivi micidiali al fine di colpire una o più vittime indeterminate scelte a caso in maniera indiscriminata e non prevedibile, con l’obiettivo altrettanto evidente di creare allarme nella gente destabilizzando i pubblici poteri”.

“Con riferimento all’eventuale assistenza - proseguono -  o aiuto fornito da complici, mentre in sede dibattimentale l’imputato ha ripetutamente affermato di avere agito da solo, nel primo interrogatorio del pm, ha spesso utilizzato il plurale”. Quindi: “Ritiene la corte che se è certo che Vantaggiato abbia agito da solo sia nella fase di collocazione dell’esplosivo che in quella di attivazione dell’innesco, non può escludersi in modo altrettanto certo che, alla luce delle iniziali affermazioni rese dello stesso agli inquirenti e di quanto detto con riferimento a Giuseppina Marchello, qualche complice sia intervenuto nelle fasi precedenti, reperimento contenitori, trasporto delle bombole).

Il processo di primo grado si è concluso oltre con la sentenza di condanna al carcere a vita per strage aggravata dalla finalità terroristica, con la confisca del patrimonio da 2 milioni di euro di Vantaggiato, reo confesso dei fatti accaduti il 19 maggio 2012 quando fece esplodere con un telecomando a distanza tre bombole di gas piene di polvere esplodente dinanzi all’istituto professionale, oltre che di un precedente attentato compiuto il 24 febbraio 2008 a Torre Santa Susanna ai danni di Cosimo Parato (difeso da Raffaele Missere), l’uomo della truffa da 343.000 euro che sarebbe il movente dell’attentato di Brindisi. Vanni il bombarolo avrebbe infatti maturato ‘frustrazione’ nei riguardi del sistema giustizia per una sentenza di condanna a carico di Parato ritenuta ingiusta (e di recente confermata in appello). Sono state riconosciute alle vittime provvisionali fino a 800.000 euro, non ancora liquidate. Oltre ai feriti sono parte civile il Comune (difeso da Massimo Manfreda), la Provincia, i ministeri dell’Istruzione dell’Interno, la Regione Puglia.

 

 

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