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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Strage Morvillo: "Fu atto terroristico"

BRINDISI - Non ce l’aveva con Cosimo Parato, il suo ex socio in affari, non con il maresciallo Sebastiano Fiorita. Ma con il “sistema”, con i pubblici poteri. E se anche non ha cagionato grave danno al Paese, era sua intenzione farlo.

BRINDISI - Non ce l’aveva con Cosimo Parato, il suo ex socio in affari, non con il maresciallo Sebastiano Fiorita. Ma con il “sistema”, con i pubblici poteri. E se anche non ha cagionato grave danno al Paese, era sua intenzione farlo. E tanto basti per ritenere che sia un terrorista. Aveva dei complici. Non solo la moglie, Giuseppina Marchello, dal ruolo “ambiguo” nell’intera vicenda. Ma persone che lo avrebbero aiutato in fase di pianificazione e non in quella esecutiva.

Se ci sono complici sono impuniti, sono liberi. Non sono stati mai identificati,mai neppure sottoposti a indagine. Il “vuoto”, insomma, i “dubbi” restano anche una volta lette le motivazioni della sentenza che condanna all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi Giovanni Vantaggiato, lo stragista di Copertino, il killer di Melissa Bassi che posizionò tre bombole piene di esplosivo davanti alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi, il 19 maggio 2012, e le fece tuonare con un telecomando.

Vedeva tutto, vedeva benissimo anche che c’erano delle ragazze che si avvicinavano al cancello, secondo i giudici della Corte d’Assise di Brindisi. Ha premuto perché arrabbiato con il mondo intero. Ha seminato morte fra le adolescenti solo per quietare la sua frustrazione, non per sete di vendetta contro qualcuno in particolare.

Il profilo è preciso, tracciato dai giudici della Corte d’Assise, presieduta da Domenico Cucchiara (Francesco Aliffi a latere). Ma resta un interrogativo, ne restano tanti come più volte BrindisiReport.it ha ribadito: se la moglie di Vantaggiato non è imputabile per favoreggiamento, per ragioni di parentela, allora gli altri eventuali complici? E il movente è davvero quello delineato dallo stragista reo confesso, più volte caduto in contraddizione, come hanno sostenuto gli stessi giudici? Sostengono che vadano prese in considerazione le prime dichiarazioni dell’imputato. Ammettono che di fatto durante il dibattimento ci sia stata in alcuni punti una parziale ritrattazione.

Vantaggiato nutriva “rabbia, delusione e frustrazione” nei confronti del “mondo” e quindi anche verso i pubblici poteri che non gli avevano reso “giustizia” per via di “una sentenza di condanna “inutile” perché non coinvolgeva nemmeno tutti i responsabili della truffa di cui era rimasto vittima”. Si tratta di una truffa da 340mila euro che avrebbe messo in atto Cosimo Parato, imprenditore agricolo di Torre Santa Susanna, vittima di un altro attentato ammesso da Vantaggiato, il 24 febbraio del 2008, circostanza in cui riportò lesioni invalidanti.

“Si deve concludere – scrivono i giudici nella parte dedicata alla sussistenza dell’aggravante della finalità terroristica – che Vantaggiato a differenza di quanto dichiarato avesse intenzione di proseguire la strategia criminale di tipo terroristico iniziando con l’attentato alla scuola Morvillo Falcone collocando altri ordigni esplosivi micidiali al fine di colpire una o più vittime indeterminate scelte a caso in maniera indiscriminata e non prevedibile, con l’obiettivo altrettanto evidente di creare allarme nella gente destabilizzando i pubblici poteri”.

“Con riferimento all’eventuale assistenza o aiuto fornito da complici, mentre in sede dibattimentale l’imputato ha ripetutamente affermato di avere agito da solo, nel primo interrogatorio del pm, ha spesso utilizzato il plurale” e in effetti secondo la Corte d’Assise di Brindisi, a quanto si legge nelle motivazioni della sentenza che ha condannato all’ergastolo Giovanni Vantaggiato, sono le prime dichiarazioni rese a caldo ad essere più attendibili.

Quindi: “Ritiene la corte che se è certo che Vantaggiato abbia agito da solo sia nella fase di collocazione dell’esplosivo che in quella di attivazione dell’innesco, non può escludersi in modo altrettanto certo che, alla luce delle iniziali affermazioni rese dello stesso agli inquirenti e di quanto detto con riferimento a Giuseppina Marchello, qualche complice sia intervenuto nelle fasi precedenti, reperimento contenitori, trasporto delle bombole).

“Dalla lettura di alcune delle conversazioni intercettate – si legge – emerge il ruolo quantomeno ambiguo avuto nell’intera vicenda dalla moglie dell’imputato, Giuseppina Marchello” che, a quanto aveva più volte riferito l’accusa sostenuta nel processo dal capo della Dda di Lecce Cataldo Motta e dal sostituto Guglielmo Cataldi (mentre in fase d’indagine c’era anche un pm brindisino, Milto Stefano De Nozza, poi escluso dal processo) non era mai stata indagata perché impossibile, visto il grado di parentela, contestarle il reato di favoreggiamento personale.

Il bombarolo voleva uccidere e guardava verso il luogo in cui passavano Melissa Bassi e le compagne di scuola: “L’attentatore – sia nel momento in cui inizia a premere il pulsante sia successivamente, quando si sposta nella parte nel chiosco - ha la possibilità di vedere in modo nitido e senza ostacoli l’area dell’intero incrocio ed è perfettamente in grado di vedere il posto dove è collocato il bidone con l’esplosivo, nonché le persone che attraversano via Galanti”, la strada della scuola.

“In questi frangenti – scrivono i giudici della Corte d’Assise – l’uomo ripreso mostra un chiaro e inequivocabile interesse a guardare verso l’ingresso della scuola dove è collocato l’esplosivo, si noti a questo proposito la direzione degli occhi e la torsione del tronco, nonché l’insistenza nel premere il pulsante del telecomando, al fine evidente di controllare gli effetti dell’esplosione”.

“Ciò premesso – si legge ancora – sarebbe davvero inspiegabile che lo stesso uomo una volta raggiunto la parte posteriore del chiosco abbia repentinamente e improvvisamente cambiato atteggiamento cercando di raggiungere l’unica posizione che gli avrebbe impedito di proiettare lo sguardo sugli effetti dell’esplosione”. In quegli istanti si avvicinavano al cancello Melissa Bassi, che ha perso la vita, e le cinque studentesse che hanno riportato le ferite più gravi e che sono salve, Selena Greco, Azzurra Camarda, Vanessa e Veronica Capodieci e Sabrina Ribezzi.

Per i giudici quello del 19 maggio dinanzi alla scuola Morvillo Falcone fu un atto terroristico in quanto: “Vantaggiato non ha perseguito obiettivi di vendetta personale o di ritorsione, come nel caso del tentato omicidio di Cosimo Parato, ma ha escogitato e portato ad esecuzione una strategia criminale diversa e perfettamente compatibile con quella considerata, anche tradizionalmente di tipo terroristico”.

“Tale strategia – proseguono – per quanto originata da rabbia personale non è diretta contro qualcuno in particolare ma contro l’intero sistema, la giustizia, i processi economici principalmente per reagire a una situazione di sofferenza ma anche per sollecitare i pubblici poteri a tutelare i truffati con modalità adeguate”.

I giudici riportano alcune dichiarazioni di Vantaggiato rese dinanzi al gip: “Tutte ste azioni di truffa dovrebbero avere una precedenza, perché queste sono cose che umiliano troppo le attività di chi lavora, che subiscono queste cose qua. Le istituzioni dovrebbero dare più ascolto a queste azioni, il governo che legifera, deve dare la precedenza”.

L’imprenditore di Copertino era in grado di intendere e volere e di stare a processo. Aveva ordito un piano per apparire smagrito e ammalato. E anche dopo l’arresto aveva disponibilità di una gran quantità di esplosivo da utilizzare per il successivo “atto dimostrativo”: Seminò il terrore, cercò di indurre le istituzioni a “compiere o astenersi dal compiere qualsiasi atto”. Un genio del male, quindi. Con obiettivi “indeterminati”. Ma tutt’altro che solo.

 

 

 

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