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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Fasano

Su Amati e Di Bari incombe la sospensione

“Non so” risponde il consigliere regionale Fabiano Amati, nervosetto, al telefono, facendo intendere di non aver letto la norma ma perfettamente a conoscenza di una sentenza del Consiglio di Stato di un paio di giorni fa che, in applicazione della legge Severino, ha sospeso un consigliere comunale di Parabita.

“Non so” risponde il consigliere regionale Fabiano Amati, nervosetto, al telefono, facendo intendere di non aver letto la norma ma perfettamente a conoscenza di una sentenza del Consiglio di Stato di un paio di giorni fa che, in applicazione della legge Severino, ha sospeso un consigliere comunale di Parabita condannato in primo grado per abuso d’ufficio. In primo grado. Proprio come Amati che si è preso un anno e otto mesi per abuso d’ufficio e falso, e che è consigliere regionale e a dirla tutta avrebbe forse ambito a qualcosina di meglio per le elezioni del 2015.

E’ così anche per il sindaco di Fasano Lello Di Bari (Pdl) che gli diede l’incarico di redigere il piano di recupero del centro storico di Fasano, lì dove abitano i suoi parenti, oltre che di Savelletri e Torre Canne. Incarico anomalo, visto e considerato che era stato assegnato a un consigliere di opposizione. Incarico penalmente rilevante secondo il gup Maurizio Saso che al termine del giudizio con rito abbreviato ha pronunciato una sentenza dalla quale si evince condivisione delle tesi dell’accusa, sostenuta dal pm Valeria Farina Valaori.

Come si diceva un anno e otto mesi per Amati, tenuto conto dello sconto di un terzo della pena (si sarebbe arrivati a trenta mesi, in caso di rito ordinario) e otto mesi per Di Bari. Assolto il terzo imputato, il progettista. Sembra proprio che la sospensione, che può raggiungere un massimo di diciotto mesi e che viene revocata nel caso in cui intervenga in Appello o in Cassazione una sentenza assolutoria, vada applicata tanto nel caso del consigliere regionale Fabiano Amati che in quello di Lello Di Bari.

Procede il prefetto, una volta trasmessagli la sentenza dal Tribunale. E’ automatico, a quanto ha spiegato a BrindisiReport.it l’avvocato Pietro Quinto che ha affrontato il giudizio al Tar e in Consiglio di Stato per il Comune di Parabita, proprio per il caso del consigliere comunale condannato a 4 anni per abuso d’ufficio.

Una tegola per le ambizioni del piddino che fu assessore alla Protezione civile. Terminati i diciotto mesi di sospensione la consiliatura potrebbe essere già giunta da tempo al capolinea e le elezioni già trascorse.

Come al Monopoli, insomma, potrebbe dover stare fermo almeno un turno, prima di ripartire dal via. Sempre e comunque sperando, nel frattempo, in un ribaltamento del pronunciamento di primo grado che gli garantisca la revoca della sospensione. Amati che è un avvocato “non sa”. E attende il corso degli eventi che in casi simili, è un corso abbastanza breve. Roba di qualche settimana, in genere. Nel caso di specie, Prete, era stato condannato prima dell’elezione e sospeso poi nell’agosto scorso.

Ecco la ricostruzione della vicenda, sovrapponibile a qualsiasi caso che riguardi persone che ricoprono cariche elettive: “Intervenuta la legge Severino, è stato accertato che nel Consiglio comunale di Parabita sedeva un consigliere che, anteriormente alla sua elezione, era stato condannato per il reato di abuso d’ufficio ai danni dello stesso Comune di Parabita. Si trattava di una fattispecie prevista espressamente dalla legge Severino come motivo di sospensione dalla carica di consigliere comunale ancorché la sentenza non fosse definitiva e la condanna fosse anteriore alla elezione alla carica di consigliere comunale”.

Il Comune ha chiesto un parere all’avvocato Pietro Quinto, poi il prefetto ha applicato la sospensione. E’ seguito un ricorso al Tar da parte del diretto interessato che riteneva che la legge Severino facesse riferimento solo a sentenze definitive. Così non è: lo ha sostenuto il Tar, lo ha ribadito il Consiglio di Stato con sentenza di merito.

“Se vi è una condanna definitiva, non avrebbe alcun senso applicare una sospensione; a maggior ragione in quanto la condanna definitiva produce di diritto la decadenza” si legge.

Il massimo organo di giustizia amministrativa supporta quindi l’interpretazione letterale della legge con riferimento alla sua “ratio”, ossia alla “dichiarata finalità di rendere più efficaci e penetranti gli strumenti di prevenzione e repressione della corruzione, anche per adempiere agli obblighi internazionali assunti in questo senso”.

“D’altro canto – ha commentato l’avv. Quinto- non è pensabile che all’interno di una amministrazione di un Ente territoriale possa operare come amministratore un consigliere condannato, ancorché non in via definitiva, per un reato commesso ai danni della stessa amministrazione. Il principio di innocenza si arresta di fronte all’esigenza del pubblico interesse che peraltro è tutelato solo con una sospensione temporanea dall’incarico, nel mentre la decadenza e la incandidabilità si verificano solo allorquando la sentenza di condanna è divenuta definitiva”.

Riflessi nel Brindisino? Senz’altro. Per i casi analoghi di Di Bari e di Amati. E senza dimenticare che a Brindisi città c’è una situazione ad alto rischio: il sindaco è indagato per abuso d’ufficio, concussione e truffa. Ha ricevuto la notifica di un avviso di conclusione delle indagini preliminari, preludio di una probabilissima richiesta di rinvio a giudizio. Potrebbe finire a processo, potrebbe essere assolto. Ma dovesse riportare una condanna per reati contro la pubblica amministrazione, sarebbe costretto anche lui alla sospensione, in attesa della agognata “assoluzione”.

 

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