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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Ceglie Messapica

Detenuto trovato impiccato nella sua cella: aveva già tentato il suicidio

Si tratta del 46enne Nicola Nigro, di Ceglie Messapica, condannato per associazione mafiosa. L'avvocato: "Aveva una grave patologia psichiatrica, cronaca di un suicidio annunciato"

CEGLIE MESSAPICA –E’ stato trovato impiccato nel bagno della sua cella. Nonostante i soccorsi prestati dal personale di polizia penitenziaria e dagli operatori sanitari, non c’è stato nulla da fare per il 46enne Nicola Nigro, di Ceglie Messapica. L’uomo era recluso nel carcere di Bari, dove stava scontando una condanna per vari reati, fra cui associazione mafiosa. Il suo ultimo arresto risale al gennaio 2017, quando i carabinieri posero fine a un periodo di latitanza che durava dal settembre 2016, quando a suo carico fu emesso un ordine di carcerazione conseguente a una condanna passata in giudicato. Nel 2010 fu coinvolto nell’operazione Calypso, che decapitò i vertici della cosiddetta frangia mesagnese della Scu. Afflitto da problemi di natura psichiatrica, prima del trasferimento nella casa circondariale barese era stato ospitato in una comunità. Da quanto emerso avrebbe utilizzato i lacci delle scarpe per compiere l’estremo gesto. In passato più volte aveva tentato il suicidio. Il pm di turno del tribunale di Bari con ogni probabilità disporrà l’autopsia, per chiarire la dinamica dei fatti. 

L'avvocato: "Ingiusto e disumano morire così, mi rivolgerò al ministro"

Nigro era assistito dall’avvocato Francesca Conte. Il legale, contattato da BrindisiReport, esprime profondo disappunto per l’accaduto. “E’ la cronaca - dichiara - di un suicidio annunciato. Nel dicembre 2019 la Cassazione aveva stabilito che era stato ingiusto revocargli la detenzione domiciliare presso una comunità di Alberobello (Bari), annullando con rinvio per nuovo giudizio.Il tribunale di sorveglianza di Bari ha impiegato un anno e 5 mesi per rifissare la camera di consiglio, peraltro dopo alcuni solleciti formali, che era fissata per il 28 aprile di quest’anno. E per farla fissare abbiamo dovuto presentare due istanze. Il Tribunale di Sorveglianza di Lecce, malgrado ci fosse una incompatibilità assoluta e conclamata del Nigro con il regime carcerario, a causa di una patologia psichiatrica gravissima, conclamata da 10 anni a questa parte da numerosi psichiatri delle strutture pubbliche in tutte le carceri d’Italia dove è stato detenuto, ha sostenuto che, siccome non c’erano posti in comunità terapeutica, si doveva aspettare”.

“Questo - prosegue l’avvocato Conte - malgrado siano state presentate, con i colleghi che si sono avvicendati con me nella difesa, una serie di istanze in cui, alla luce dei tentativi di suicidi messi in atto, si è rimarcato che quella persona, in carcere, sarebbe morta”. Ma per il legale la vicenda non si chiude qui. “Ci rivolgeremo direttamente al ministro della Giustizia (Marta Cartabia, già presidente della Corte Costituzionale, ndr) – afferma ancora l’avocato Conte - perché uno Stato di diritto non può consentire che una persona muoia in questo modo, in preda alla disperazione, dentro un carcere. A causa del Covid non vedevo il mio assistito da 4 mesi. Ho cercato di rassicurarlo sul fatto che si sarebbe trovata una soluzione, ma lui diceva che sarebbe morto in carcere. E così è stato. Questo non è giusto e non è umano nel XXI secolo. Nessuno si permette di dire che la salvaguardia della collettività non debba essere tutelata, ma qui stiamo parlando di un soggetto che da anni non commetteva reati, che si trovava in una comunità psichiatrica e che per un capriccio si è trovato nuovamente arrestato, nonostante una sentenza della Cassazione”. 

Il sindacato Osapp: "I soggetti psichiatrici scaricati nelle carceri"

La questione riguardante l’incompatibilità con il regime carcerario dei soggetti psichiatrici, fra l’altro, è stata più volte sollevata dal segretario regionale del sindacato Osapp, Ruggiero D’Amato. “I soggetti psichiatrici - ribadisce D’Amato a BrindisiReport - oggi sono stati scaricati letteralmente nelle carceri, dalla chiusura degli Opg (ospedale psichiatrico giudiziario, ndr). Molti di questi erano davvero dei lager. Ma i detenuti psichiatrici non possono essere gestiti nel carcere perché non ci sono gli spazi, non ci sono le strutture e non è la polizia penitenziaria che può gestirli. Devono essere tolti dal circuito penitenziario e va creato un circuito parallelo in cui possano ricevere le cure e le attenzioni di cui hanno bisogno. Tenerli in carcere è come tenere un fiammifero acceso in una polveriera”. 

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