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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Tangentopoli brindisina, Ferraro e De Nozza ripropongono in Appello il loro teorema

LECCE – Rigetto di tutti gli appelli presentati dagli imputati. Con questa richiesta è iniziata la requisitoria della pubblica accusa, sostenuta in Corte di Appello dagli stessi Adele Ferraro e Giuseppe De Nozza, i due magistrati che ricostruirono gli anno d’oro delle tangenti a Brindisi. Il processo di secondo grado ai “complici” dell’allora sindaco Giovanni Antonino, è stato aggiornato al 20 dicembre. La pubblica accusa quel giorno completerà il quadro probatorio a carico degli imputati e inizieranno i difensori. La battaglia si snoderà anche sulle prescrizioni. Perché, secondo i difensori, almeno alcuni capi di imputazione, dovrebbe essere ormai prescritti.

LECCE – Rigetto di tutti gli appelli presentati dagli imputati. Con questa richiesta è iniziata la requisitoria della pubblica accusa, sostenuta in Corte di Appello dagli stessi Adele Ferraro e Giuseppe De Nozza, i due magistrati che ricostruirono gli anno d’oro delle tangenti a Brindisi. Il processo di secondo grado ai “complici” dell’allora sindaco Giovanni Antonino, è stato aggiornato al 20 dicembre. La pubblica accusa quel giorno completerà il quadro probatorio a carico degli imputati e inizieranno i difensori. La battaglia si snoderà anche sulle prescrizioni. Perché, secondo i difensori, almeno  alcuni capi di imputazione, dovrebbe essere ormai prescritti.

Come nel caso di Carmine Dipietrangelo, ex vice presidente del Consiglio regionale (Pd) e Luigi De Michele, esponente del vecchio Psi, entrambi all’epoca dei fatti consiglieri comunali, condannati in primo grado a otto mesi ciascuno, pena sospesa, per  finanziamenti ricevuti dalla società Brindisi Due Srl (che stava realizzando case a Tuturano) a sostegno delle campagne elettorali dei rispettivi partiti. In primo grado gli stessi due pubblici accusatori avevano chiesto la condanna rispettivamente a tre anni e due mesi e a due anni e due mesi contestando loro il reato di corruzione.

Nella requisitoria odierna la pubblica accusa si è soffermata sulle posizioni di Dipietrangelo,  De Michele, di Nicola Siccardi (all’epoca consigliere) e di Alfonso Gallo (imprenditore), assolti in primo grado,  ritenendo che la pena vada modificata verso l’alto. D’altro canto, non poteva essere diversamente, dato che i pubblici ministeri proposero appello solo nei confronti di questi quattro imputati. Il processo in primo grado di concluse con quindici condanne e nove assoluzioni.  Altri due imputati erano stati assolti in processi connessi, tra cui l’ex presidente della Provincia, l’allora berlusconiano Nicola Frugis, poi condannato in Appello a quattro anni di reclusione per avere intascato una mazzetta di trenta milioni di lire dall’imprenditore portuale toscano Mario Salucci, ex presidente della squadra di calcio brindisina, ideatore della Bti, poi fallita con strascico di un centinaio di operai lasciati senza lavoro.

Salucci è stato il grande accusatore di tutti i politici brindisini, è stato quello che, nel segreto dei locali della compagnia della Gdf di Ostuni, raccontò ai magistrati inquirenti i presunti misfatti della nostra classe politica. E se la cavò senza alcun danno perché riuscì a far passare la tesi di essere finito nelle mani voraci dei brindisini e non di essere stato colui che aveva unto gli ingranaggi.  Dal processo di primo grado erano già usciti Antonino (difeso dall’avvocato Massimo Manfreda) che aveva patteggiato la pena a tre anni e sei mesi ed altri due imputati (il presidente del Consiglio comunale Ermanno Pierri, condannato a due anni e l’intermediario Massimo Ercolani condannato a un anno e sei mesi) il cui iter processuale si era concluso dinanzi al giudice per l’udienza preliminare beneficiando degli sconti previsti per il patteggiamento.

Le condanne avevano riguardato l’ex sindaco socialista Giuseppe Marchionna (otto mesi, pena sospesa), l’ex braccio destro di Antonino, Luca Scagliarini, agente marittimo e imprenditore, condannato a cinque anni di carcere con l’attenuante di avere restituito 500mila euro incassati dalla compagnia che forniva il carbone alla centrale di Costa Morena, attraverso l’intermediazione di Massimo Ercolani. Sei anni a Biagio Pascali, imprenditore, che aveva distribuito trecento milioni per vendere al Comune un lotto di appartamenti. Tre anni a Franco Leoci, il politico che distribuì i soldi messi a disposizione da Pascali; cinque anni a Rocco Errico, socio di Pascali; quattro anni e sei mesi all’ex consigliere regionale di Forza Italia Marco Pezzuto, che secondo l’accusa era uno dei vertici del disegno corruttivo;  un anno per Fabrizio Criscuolo, Antonio Rizzo e Fabrizio Vezzani; un anno e due mesi all’imprenditore Antonio D’Oriano; due anni al costruttore Gerardo Vero; un anno e quattro mesi, per favoreggiamento, a Giovanni Faggiano.

Assolti i dipendenti comunali Teodoro Marinelli, Carlo Cioffi, Luana Cosmai, Fabio Lacinio e Mario Scioscioli. Assolti anche il consigliere comunale e imprenditore Giovanni Di Bella e l’imprenditore Giuseppe Roma. I fatti contestati risalgono agli anni tra il 1997 e il 2003. Antonino era stato rieletto da poco sindaco di Brindisi con una percentuale stratosferica. Il primo mandato di sindaco lo aveva ricevuto con una maggioranza di destra. Poi nel mezzo del cammino era passato con la sinistra. E alle elezioni successive di era ripresentato con la sinistra. Fu arrestato nell’ottobre del 2003 in una stanza di albergo, a Roma, dove si trovava per impegni istituzionali. Furono arrestati anche Pezzuto, Siccardi, Pierri, Pascali, Errico, Scagliarini.

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