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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Ostuni

Chiesero pizzo a costruttore: condanne

OSTUNI – Condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione due ostunesi che fra il 2007 e il 2009 presero di mira un imprenditore edile loro concittadino.

OSTUNI – Condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione due ostunesi che fra il 2007 e il 2009 presero di mira un imprenditore edile loro concittadino, perseguitandolo con varie richieste estorsive precedute dal furto di mezzi da lavoro. Si tratta di Giovanni Roma, 54 anni, e Lorenzo Palmisano, 55 anni, entrambi gravati da vari precedenti penali. I due sono stati condannati con sentenza di primo grado per tentata estorsione.

Il processo è frutto di una lunga e articolata indagine condotta dai poliziotti del commissariato di Ostuni diretti dal vicequestore Francesco Angiuli. L’attività di riscontro è iniziata il 3 luglio del 2009, quando la vittima, l’imprenditore C. L., si presentò in commissariato per denunciare che nel corso della precedente nottata qualcuno aveva tentato di rubare la sua automobile dal Villaggio Fontanelle, a Villanova, dove l’aveva parcheggiata per motivi di lavoro.

Il furto sfumò grazie all’intervento provvidenziale di una volante dello stesso commissariato richiamata dal segnale di allarme. E incoraggiato dall’operato degli agenti, C. L. riferì che quel tentativo di furto, verosimilmente, poteva essere inquadrato in un’azione persecutoria - punitiva posta in essere nei suoi confronti da malavitosi del luogo.

Già in altre occasioni, infatti, il costruttore aveva subìto il furto di altri mezzi, per la cui restituzione aveva ricevuto una richiesta di denaro da parte di persone a lui note. Sono quattro i furti agli atti. Il 26 febbraio del 2007, venne rubato un grosso camion Fiat che si trovava presso una officina meccanica per riparazioni (il mezzo venne poi recuperato poi in un casolare diroccato). Il 29 gennaio 2008, era stato danneggiato il parabrezza della stessa autovettura oggetto del tentativo di furto la notte fra il 2 e il 3 luglio del 2009.

Il 27 febbraio del 2008, sparì un costoso Iveco modello 100 dotato di gru, indispensabile per l’attività di impresa (tale veicolo, il giorno successivo, fu rinvenuto in contrada Morgicchio èresso Specchiolla e restituito all’avente diritto). Lo steso autoarticolato venne trafugato anche il 22 aprile del 2009 (anche in quella circostanza il mezzo venne successivamente recuperato e restituito all’imprenditore). Era forte il sospetto che questi episodi rientrassero in un unico disegno criminale.

Lo stesso giorno in cui subì il furto dell’autocarro Iveco, infatti, il denunciante venne avvicinato da un suo ex dipendente, accompagnato da un altro uomo presentato come fratello. L’operaio disse al suo datore di lavoro che egli ed il fratello erano a conoscenza del luogo in cui si trovava il camion che gli era stato rubato e che, per la restituzione dello stesso, era necessario che egli sborsasse la somma di 4000 euro. A fronte di tale richiesta, C.L. prese tempo fino al pomeriggio del giorno successivo, quando venne contattato telefonicamente da un uomo (poi identificato in Lorenzo Palmisano), che, spacciandosi per l’ex operaio dell’imprenditore (“Siamo quelli di ieri, dove ti trovi?”, disse Palmisano alla vittima in nel corso della conversazione telefonica), lo aveva invitato a chiudere la comunicazione perché era in procinto di raggiungerlo per discutere di persona.

Pochi minuti dopo, infatti, mentre si accingeva ad entrare all’interno del suo ufficio, C. L. venne raggiunto ed avvicinato da due persone a bordo di una Y 10, ma non si trattava dell’ex operaio e di suo fratello. Il passeggero del veicolo (poi formalmente identificato in Palmisano), disse testualmente all’imprenditore: “Tu sei C.L.?”. Ottenuta risposta affermativa, Palmisano replicò: “Ci siamo appena sentiti al telefono. Siamo quelli del camion. Lo abbiamo trovato, se ti interessa ci devi dare 4.000 euro. Ne possiamo subito parlare”.

Ma l’imprenditore liquidò i due senza esitazione, perché sapeva che il mezzo in questione era stato rinvenuto e sequestrato nell’agro di Carovigno. Nel depositare la denuncia. C.L. ricordò anche che lo stesso giorno in cui gli era stato rubato l’autoarticolato, aveva notato due individui che si aggiravano con fare sospetto nel luogo in cui successivamente è stato consumato il furto, lanciandogli occhiate minacciose.

Dopo questa lunga serie di atti intimidatori, temendo ulteriori rappresaglie e ritorsioni, l’imprenditore approfittò del tentativo di furto della sua auto per raccontare tutto alle forze dell’ordine. Partite immediatamente, le indagini portarono presto i poliziotti sulle tracce di Palmisano e Roma, tenuti d’occhio già da tempo per i loro trascorsi giudiziari. I due, sulla base degli elementi acquisiti dagli investigatori, erano soliti andare in giro a bordo di una Y 10 e frequentare un noto esercizio commerciale della Città Bianca che era ritenuto il centro logistico di un altro malvivente arrestato tempo dopo nell’ambito dell’operazione Omnibus.

Quando i poliziotti arrivarono alla quadratura del cerchio, Palmisano, Roma e i due fratelli (uno dei quali l’ex operaio di C.L.) vennero denunciati per concorso in tentata estorsione. Le ulteriori indagini delegate sono state seguite dal pm della procura di Brindisi, Pierpaolo Montinaro. E ieri si è arrivati all’ultima udienza del processo di primo grado, culminata con la condanna di Palmisano, difeso dall’avvocato Giuliano Calabrese, e Roma, che dovranno pagare anche 300 euro di multa a testa. Sono stati assolti, invece, i due fratelli.

 

 

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