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Cronaca

Tredici ore in Pronto Soccorso: "Sembrava un campo profughi"

L'odissea di un paziente raccontata dalla nipote. Con il picco dell'influenza, aumenta a dismisura il numero di persone che quotidianamente, da tutta la Provincia, si riversano verso il Perrino

BRINDISI – Con il picco dell’influenza, aumenta a dismisura il numero di pazienti che quotidianamente, da tutta la Provincia, si riversano verso il Pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi. Una lettrice ha contattato la redazione di BrindisiReport per raccontare l’interminabile odissea patita da suo zio, di San Pietro Vernotico, e da altre decine di pazienti la notte fra il 2 e il 3 gennaio, quando il reparto “sembrava un campo profughi”.

Va detto che sul fenomeno del sovraffollamento incide in maniera significativa la cattiva abitudine di recarsi in ospedale anche per problemi di modestissima entità, che potrebbero essere tranquillamente risolti attraverso un consulto con il medico di famiglia o con la guardia medica. Bisogna ricordare a tal proposito che i pazienti trattati come codici bianchi poi devono pagare il ticket. E’ consigliabile quindi recarsi in Pronto soccorso solo in casi di reale necessità. Altrimenti non si fa altro che rendere ancor più intricati gli atavici problemi che affliggono il reparto. 

Ne sa qualcosa, appunto, lo zio della nostra lettrice, che è entrato in Pronto Soccorso alle ore 15,49 del 2 gennaio e ne è uscito alle ore 4,45 della notte. Di Seguito il racconto della nipote.

Abbiamo chiamato l’ambulanza per mio zio. Siamo arrivati a Brindisi più o meno verso le 16 con codice giallo. Il Pronto Soccorso sembrava un campo profughi. C'erano sicuramente più di 100 pazienti con due infermieri. Ore e ore di attesa per la visita cardiologica in condizioni a dir poco disumane. Ci sono stati momenti in cui non c'erano più barelle, le sedie messe a disposizione non erano sufficienti per i parenti dei pazienti

C'erano persone che erano in Pronto Soccorso dalla mattina e a notte fonda erano ancora lì. Continuavano ad arrivare persone malate e gli infermieri non sapevano più come gestire la situazione. Abbiamo aspettato più di 4 ore per la seconda consulenza cardiologia. Un vero e proprio scempio. Per non parlare poi dei servizi igienici che a mio parere in un ospedale dovrebbero essere sempre funzionanti e puliti soprattutto quando si verificano epidemie come quella che si sta verificando in questi giorni, invece no: la puzza che era più che nauseante.

Dopo tredici ore in Pronto Soccorso, l’unica risposta data: “Non ci sono posti letto ma il paziente deve essere monitorato”. Ora io mi chiedo com'è possibile che la gente gravemente malata deve attendere ore prima di una visita sperando che non peggiori la situazione e che gli infermieri devono lavorare in condizioni assurde

Ci sono state diverse discussioni tra infermieri e parenti dei pazienti presenti li. Non so quanto questa mia protesta possa cambiare le cose ma i cittadini devono sapere in che condizioni ci troviamo. Una persona va in ospedale per essere curata e non per morire su una barella. Io parlo per mio zio ma credo che valga per tutti coloro che avevano un famigliare quella notte in ospedale. 

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