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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Erchie

Traffico di stupefacenti: latitante si nascondeva nel Brindisino, arrestato

Il 48enne Giancarlo Matitecchia, residente a Villa Castelli, aveva trovato ospitalità presso l'abitazione di un 35enne di Erchie, arrestato per favoreggiamento

ERCHIE – Si nascondeva a Erchie un latitante originario della Calabria ma residente da tempo a Villa Castelli, il 48enne Giancarlo Matitecchia, che il 7 settembre 2017 si era sottratto a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Lecce, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti del medesimo, di Pierluigi Caforio, 38enne e Salvatore Margherita, 49enne, indagati per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi da fuoco, nell'ambito dell'operazione denominata "Ponte". 

L'arresto per le vie di Erchie

Matitecchia è stato intercettato martedì scorso (14 novembre) per le vie di Erchie dai carabinieri del Ros, coadiuvati dai militari della (foto a destra) Giancarlo Matitecchia(1)-2compagnia di Francavilla Fontana. Nell’ultimo periodo il 48enne, da quanto appurato dagli investigatori, aveva trovato ospitalità presso l’abitazione di un uomo del posto già nota alle forze dell’ordine, il 35enne Valentino Emanuele Fazzi (foto a sinistra), che è stato a sua volta stato arrestato e condotto presso il carcere di Brindisi, insieme allo stesso Matitecchia, per il reato di favoreggiamento personale. 

I due sono stati bloccati a bordo di una Fiat Punto in uso a Fazzi, dopo che dalle indagini era emersa la decisione del latitante di recarsi in Romania, dove aveva già trascorso un periodo di latitanza. Nell’autovettura, i carabinieri hanno rinvenuto apparati telefonici dedicati, documenti falsi, uno scanner ed una somma in contanti.

Operazione Ponte

Valentino Emanuele Fazzi(1)-2Il provvedimento cautelare emesso a carico di Matitecchia era scaturito da un’indagine condotta nei confronti di alcuni esponenti del clan Lorusso, operante nel comprensorio di Grottaglie (Taranto), ritenuti responsabili di traffico di sostanze stupefacenti. L’indagine aveva tratto origine da un’attività delegata al Ros dalla Procura di Caltanissetta a seguito del coinvolgimento di Lorusso Alberto, esponente di rilievo dell’omonimo sodalizio, nelle minacce rivolte dai vertici di “Cosa Nostra” ai magistrati della Procura di Palermo Antonino Di Matteo e Francesco Del Bene.

La conversazione fra Riina e Lorusso 

Nel 2013 la Procura nissena aveva delegato il Ros allo svolgimento di attività investigative nei confronti di Lorusso - all’epoca detenuto insieme al capo dei capi di Cosa Nostra, Salvatore Riina, presso la casa di reclusione di Milano-Opera, e in particolare a verificare l’asserita disponibilità di un “arsenale militare” cui il Lorusso aveva fatto cenno durante le conversazioni intercorse con il boss durante i momenti di socialità.  Lorusso aveva ricevuto, in più occasioni, le confidenze del Riina inerenti i propositi di vendetta nutriti da quest’ultimo nei confronti dei responsabili dei disagi connessi al regime del “carcere duro” cui lo stesso era sottoposto, e aveva altresì ascoltato le riservate considerazioni riguardanti gli auspicati attentati all’incolumità del Dott. Di Matteo a seguito delle iniziative giudiziarie che avevano fatto scaturire il processo ai soggetti coinvolti nella cosiddetta “trattativa”. 

Le attività investigative avevano preso il via con il monitoraggio del nucleo familiare e dei soggetti vicini a Lorusso, tra i quali Matitecchia e Salvatore Margherita , pugliese residente in provincia di Varese, sul conto dei quali aveva già riferito, alla fine degli anni ’90, il collaboratore di giustizia Ciro Carrriere. Gli sviluppi dell’indagine avevano permesso di attualizzare le dinamiche descritte dal collaboratore e di accertare il coinvolgimento degli indagati nel traffico di sostanze stupefacenti in forza dell’operato di Matitecchia, il quale aveva un consolidato rapporto con esponenti della ‘ndrangheta di Rosarno (Reggio Calabria).

I contatti fra le ndrine e la mala tarantina

In particolare, venivano documentati diversi incontri, a Grottaglie, tra esponenti criminali reggini e gli indagati finalizzati a pianificare l’importazione di sostanze stupefacenti da commercializzare nelle provincie di Taranto e Varese, ove risiedeva da diversi anni Margherita. Quest’ultimo disponeva, infatti, di una rete di spacciatori che provvedevano ad immettere sul mercato varesotto la cocaina proveniente dalle cosche reggine.

Le indagini hanno permesso di individuare altresì nelle rapine ai portavalori ed agli istituti di credito un’altra delle fonti illecite di guadagno degli indagati, attività criminale già realizzata in passato da Matitecchia, coinvolto nel ’92 in una rocambolesca rapina alla Cassa di Risparmio di Prato – filiale di Casarsa, che gli era costata la condanna alla pena di 8 anni e 6 mesi di reclusione.

Matitecchia, come detto, si era sottratto alla cattura il 7 settembre scorso, dileguandosi tra le campagne circostanti alla propria abitazione, situata a Villa Castelli, e riuscendo a lasciare il territorio nazionale per raggiungere la Romania. Da qui, grazie all’appoggio di alcuni complici, era rientrato in Italia tramite documenti falsi e camuffando la propria persona, avvalendosi di travestimenti e parrucche. 

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