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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Francavilla Fontana

Prima l'odissea negli ospedali, e dopo la morte, quella giudiziaria

Morì il 3 novembre del 2011 dopo sette mesi trascorsi tutti tra un ospedale e l’altro, e tre interventi chirurgici, ma dopo il decesso di questo paziente di 56 anni di Francavilla Fontana, cominciò anche un rimpallo delle competenze tra procure conclusosi ieri

FRANCAVILLA FONTANA – Morì il 3 novembre del 2011 dopo sette mesi trascorsi tutti tra un ospedale e l’altro, e tre interventi chirurgici, ma dopo il decesso di questo paziente di 56 anni di Francavilla Fontana, cominciò anche un rimpallo delle competenze tra procure conclusosi  ieri. Se non vi saranno altri rinvii. Un’odissea prima per la persona deceduta, e prima e dopo tale evento per i suoi familiari, e certamente anche per i cinque medici indagati, tre chirurghi e due anestesisti del “Camberlingo” di Francavilla Fontana, i quali attendono a loro volta che il loro ruolo sia vagliato dal gip, ed eventualmente dal tribunale. Una storia complessa, svoltasi tra l’ospedale di Francavilla Fontana, il Fazzi di Lecce, il centro di riabilitazione San Raffaele di Ceglie Messapica ed infine il S. Orsola di Bologna.

Tutto comincia con l’ennesimo ricovero al “Camberlingo” della persona poi deceduta. Avvertiva forti dolori addominali ma le indagini diagnostiche svolte nel corso dei diversi ricoveri non portavano a conclusioni certe. Il primario dell’epoca optò per una laparatomia esplorativa, eseguita il 4 aprile 2011, con colecistectomia. Il 14 aprile il paziente fu nuovamente operato, per eseguire un delicato intervento di colostomia su bacchetta. Le cose non andarono bene: la persona operata accusò un shock e fu ricoverata in rianimazione al Vito Fazzi di Lecce. Il 23 aprile il paziente fu trasferito nel reparto di chirurgia dello stesso ospedale salentino.

Vengono eseguiti altri accertamenti diagnostici, senza esito. Il 26 maggio il paziente viene ricoverato al centro san Raffaele di Ceglie Messapica per la riabilitazione, e vi resta fino al 20 luglio, data in cui viene dimesso. Ma il 21 luglio il protagonista di questo calvario è già a Bologna, ricoverato d’urgenza al S. Orsola.  La sua situazione psico-fisica è grave. E’ depresso, quasi non assume più cibo, vengono ripetuti gli accertamenti radiodiagnostici ma senza esito. E’ necessaria anche una consulenza psichiatrica per fronteggiare lo stato depressivo del 56enne.

Il 7 ottobre i chirurghi bolognesi decidono di intervenire a loro volta sull’addome del paziente, che continua a lamentare forti dolori, e vi trovano bloccato tra le anse intestinali un corpo estraneo tubolare non identificato tramite Tac, che viene rimosso. Purtroppo, il 3 novembre il paziente muore. Il pm di Bologna interessato del caso nomina un consulente tecnico di ufficio, i familiari della vittima ne nominano uno di parte. Il responso del perito medico-legale del magistrato conclude che il corpo estraneo può risalire agli interventi del 4 o del 14 aprile eseguiti a Francavilla Fontana, che può trattarsi di un frammento di un tubicino di drenaggio, ma anche che non si può attribuire con certezza la causa di morte a questo corpo estraneo.

Su quest’ultimo particolare concorda anche il perito della famiglia, ma aggiunge che a suo giudizio quel paziente non doveva essere neppure operato. La procura di Bologna trasmette dunque gli atti a quella di Brindisi per competenza. E il pm brindisino nomina a sua volta un altro consulente d’ufficio. Vengono indagati i cinque medici per consentire loro di partecipare agli accertamenti medico-legali con periti di fiducia. I medici nominano i loro difensori, gli avvocati Vittoriano Bruno del Foro di Brindisi, e Massimo Bellini del Foro di Lecce. Gli avvocati della parte civile sono Domenico Attanasi del Foro di Brindisi, e Annalisa Bianco del Foro di Bologna.

Il perito-medico legale della procura di Brindisi conferma l’inutilità degli interventi effettuati a Francavilla, ma anche di quello di Bologna, e indica come possibili cause la presenza del tubo di drenaggio nell’intestino del paziente o altri eventi patologici. Il giudice delle indagini preliminari di Brindisi, sulla base della presunzione di corresponsabilità dei medici di Bologna, dove il decesso è avvenuto, rimanda gli atti alla procura emiliana. Il pm di Bologna allora formula le richieste di rinvio a giudizio, ma contesta le responsabilità solo ai medici di Francavilla Fontana.

E ieri, martedì 26 maggio, si è svolta l’udienza preliminare a Bologna. In questa sede gli avvocati Bruno e Bellini hanno sostenuto che non sussiste la circostanza della competenza dei magistrati bolognesi secondo l’articolo 16 del codice di procedura penale, bensì che deve avere la prevalenza l’articolo 8, e cioè che la competenza non è del giudice dove è avvenuto il decesso, ma di quello del luogo dove si è consumata la presunta condotta che ha avuto come dipendenza causale la morte del paziente. E il giudice dell’udienza preliminare di Bologna ha accolto tale tesi, dichiarandosi incompetente. Gli atti, inevitabilmente, saranno rimandati a Brindisi il cui pm dovrà formulare i capi di accusa e chiedere il rinvio a giudizio dei medici indagati, per stabilire o escludere loro responsabilità nella vicenda.

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