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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Tre attentati non fanno una coincidenza

BRINDISI – Una sequenza di fatti che lascia spazio a pochi dubbi: tre coincidenze infatti costituiscono quasi una certezza. La sequenza comincia il 18 ottobre, mentre si trova in un terreno agricolo ad alcuni chilometri da Brindisi, l’ex contrabbandiere Enrico Colucci, detto Zio Paperone, viene ferito da un colpo di pistola.

BRINDISI – Una sequenza di fatti che lascia spazio a pochi dubbi: tre coincidenze infatti costituiscono quasi una certezza. La sequenza comincia il 18 ottobre, mentre si trova in un terreno agricolo ad alcuni chilometri da Brindisi, l’ex contrabbandiere Enrico Colucci, detto Zio Paperone, viene ferito da un colpo di pistola alla gamba destra. E’ un imputato del processo Berat Dia contro il clan che secondo gli investigatori antimafia controlla Brindisi da anni, quello dei fratelli Brandi. E neppure un imputato di secondo piano: alla fine del processo di primo grado, il 21 luglio 2011, Colucci era stato infatti condannato a dieci anni. La seconda udienza del processo di appello si sarebbe dovuta tenere proprio il 18 ottobre a Lecce, ma era stata poi rinviata all’8 novembre causa sciopero degli avvocati.

Il secondo avvenimento è quello del la notte tra il 20 e il 21 ottobre, lunedì scorso, in via Aleandro al rione S. Angelo di Brindisi: qualcuno appicca il fuoco al Suv di Vincenza Passaseo, sorella del collaboratore di giustizia Giuseppe Passaseo, testimone-chiave anche nel processo Berat Dia. Le fiamme avvolgono la parte anteriore del veicolo, una Kyron Ssangyong, e distruggono il vano motore. I vigili del fuoco possono solo domare il rogo, ai carabinieri tocca avviare le indagini perché atti di ritorsione o di intimidazione nei confronti di congiunti di un pentito costituiscono un segnale allarmante.

Ma non è finita. La notte scorsa si torna a sparare contro il Cafe Monik di via S. Angelo di Vito Passaseo, fratello del pentito. Due fucilate di avvertimento e via. Come nella notte tra il 10 e l’11 ottobre 2011, quella del primo attentato: il giorno prima si era concluso il primo processo per l’Operazione Last Minute, quella contro i nuovi clan della Scu di Mesagne, Brindisi e Francavilla Fontana, basata anche su rivelazioni dell’ex barista brindisino. I tre fatti non sono separati, ritengono gli investigatori, seguendo l’ipotesi più nitida, quella dell’indagine Berat Dia: i bersagli sono un imputato di quel processo e i parenti del principale collaboratore di giustizia ascoltato in aula per ricostruire il network dei fratelli Brandi.

Passaseo tra l’altro è quello che nel processo Berat Dia ha parlato delle collusioni tra la malavita organizzata brindisina e certa politica. E’ stato il principale accusatore di Massimiliano Oggiano, poi assolto, parlando dell’incarico che ricevette da alcuni esponenti del clan per sostenere elettoralmente il consigliere comunale brindisino. Ma su questo punto specifico, Giuseppe Passaseo non è stato ritenuto attendibile dai giudici brindisini malgrado le dichiarazioni fatte in aula, mentre veniva esaminato dal pm Milto De Nozza, il 6 dicembre del 2010. Ma adesso c’è l’appello. E in questo scenario – pensano gli investigatori – si potrebbero individuare le ragioni dei tre episodi criminosi.

 

 

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