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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Tre piante di marijuana sul terrazzo: assolto dall’accusa di spaccio

Imputato un agricoltore. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi. Il gup del Tribunale di Brindisi ha accolto la tesi dell'avvocato Vittoriano Bruno: "Il fatto non sussiste, produzione per fini personali". Per l'accusa avrebbe ricavato 217 dosi

Tre piante di marijuana sul terrazzo non equivalgono automaticamente a sostenere che la coltivazione sia finalizzata allo spaccio: un agricoltore è stato assolto dall’accusa perché il “fatto non sussiste, come chiesto dalla difesa, affidata all’avvocato Vittoriano Bruno, secondo il quale la produzione era e restava unicamente domestica. La storia rimbalza dal Tribunale di Brindisi, dove questa mattina, davanti al gup Maurizio Saso è comparso Mario Crescenzo, agricoltore, residente a San Vito dei Normanni, denunciato a piede libero dai carabinieri della stazione del paese dopo aver scoperto che le piante che aveva sul terrazzo non erano per ornamento, ma erano altro. Marijuana, come si legge nel verbale di sequestro avvenuto il 14 luglio 2014.

Operazione antidroga dei carabinieriI militari ne trovarono tre, alte 120 centimetri. Lui, il proprietario dell’abitazione, spiegò che con lo spaccio non aveva mai avuto nulla a che fare e che non pensava assolutamente di coltivare per spacciare. La verità sarebbe stata altra: coltivazione per auto-produzione, praticamente per se stesso, o se si preferisce droga a chilometri zero. Fatto sta che nonostante la professione di innocenza dell’agricoltore, i carabinieri andarono avanti, di conseguenza la relazione di servizio venne trasmessa in Procura e da lì è partito il procedimento penale che oggi è stato discusso dalle parti.

Per l’accusa, sostenuta in giudizio dal sostituto procuratore Jolanda Chimienti, la conclusione resta una e una sola: coltivazione e quindi detenzione di sostanza stupefacente ai fini dello spaccio, anche perché secondo gli uomini dell’Arma sarebbe stato possibile ricavare un quantitativo non indifferente di dosi, 217. Per questo ha chiesto la condanna dell’imputato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione.

Per la difesa, invece, niente di più se non produzione fatta in casa sì, sul terrazzo per l’esattezza, ma in ogni caso destinata unicamente al consumo dello stesso agricoltore. Il principio è stato illustrato dall’avvocato Vittoriano Bruno del foro di Brindisi, partendo da una sentenza della Corte di Cassazione, secondo cui la “produzione ad uso domestico non comporta la diffusione delle sostanze stupefacenti” nel caso in cui manchi o non sia certa “la prova dell’offensività della condotta”. La pronuncia degli Ermellini risale al mese di gennaio.

Secondo il penalista, quindi, nel caso concreto relativo all’agricoltore, non è possibile parlare di spaccio, da qui la richiesta di assoluzione perché il fatto non sussiste. Ascoltate le parti, il gup di fronte al quale è stato celebrato il processo con rito abbreviato, ha pronunciato sentenza di assoluzione, aderendo all’impostazione della difesa. Per le motivazioni, bisognerà aspettare le prossime settimane. Certo è che il principio di recente affermato dalla Suprema Corte ha fatto capolino nel Tribunale di Brindisi.

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