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Cronaca

Corso per Oss da 2.800 euro ma attestato non valido: in tre a giudizio

Dovranno rispondere di truffa il presidente dell’istituto Giacomo Leopardi, con sede a Lecce, e due tutor nel processo che si aprirà a settembre nel tribunale di Brindisi. Tutto partito dalla denuncia di una 35enne di Scorrano

LECCE - Ci sarà un altro processo sui falsi attestati rilasciati col titolo di Operatore sociosanitario che chiama in causa lo stesso istituto Giacomo Leopardi,  con sede a Lecce, dove si sono tenuti i corsi di formazione. Sott’accusa per truffa ci sono: il presidente C. D. G., 54 anni, di Manduria,  e amministratore della Informates school con sede a Teramo; F. D. M., 31, residente a Lecce, ed E.O., 35, originaria di Brindisi ma residente a Roma, quali tutor didattici.

Al mandarli al banco degli imputati è stato il pubblico ministero Alfredo Manca, all’esito delle indagini avviate in seguito alla denuncia giunta sulla sua scrivania, in cui c’era il racconto della “disavventura” vissuta da una 35enne di Scorrano. Questa raccontò di aver frequentato il corso per diventare Oss, al costo di 2.800 euro, sino all’esame finale tenutosi in una struttura alberghiera di Pescara, dopo un periodo di tirocinio, e di aver superato la prova, ricevendo così un attestato di qualifica professionale. Il documento risultava rilasciato a Teramo l’11 luglio del 2016, dalla “Informates school srl”, e riportava come intestazione “Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e della Regione Abruzzo”.

Ma al momento della partecipazione a un concorso nell’ospedale di Foggia, la malcapitata avrebbe scoperto di avere in mano solo carta straccia, perché l’ente di formazione non era inserito nell’Albo regionale degli organismi di formazione accreditati dalla Regione Abruzzo.

La prima udienza si terrà il prossimo 27 settembre davanti al giudice Maurizio Rubino del tribunale di Brindisi, e in quella sede la persona offesa potrà costituirsi parte civile con l’avvocato Giuseppe Presicce. Non è escluso che i procedimenti analoghi già avviati nei riguardi degli imputati (difesi dagli avvocati Umberto Leo del foro di Lecce e Antonio Liagi del foro di Taranto), confluiscano in un unico processo.

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