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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Truffa dei fondi per le calamità, battaglia legale sull'agriturismo

BRINDISI – Sarà discussa il 7 ottobre la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pubblici ministeri Adele Ferraro e Antonio Negro per Angela Cucci, 56 anni, di Cisternino, dipendente della Provincia, arrestata il 16 novembre scorso assieme ad altre quattordici persone (dieci in carcere e quattro ai domiciliari) per una colossale truffa in danno dello Stato, percependo, con gli altri arrestati, parte di finanziamenti per le calamità naturali non dovuti per un importo di circa 7 milioni di euro.

BRINDISI – Sarà discussa il 7 ottobre la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pubblici ministeri Adele Ferraro e Antonio Negro per Angela Cucci, 56 anni, di Cisternino, dipendente della Provincia, arrestata il 16 novembre scorso assieme ad altre quattordici persone (dieci in carcere e quattro ai domiciliari) per una colossale truffa in danno dello Stato, percependo, con gli altri arrestati, parte di finanziamenti per le calamità naturali non dovuti per un importo di circa 7 milioni di euro.

L’udienza è stata fissata dal giudice Valerio Fracassi. Peraltro della vicenda Cucci, difesa dagli avvocati Aldo e Mario Guagliani, si è interessata la Cassazione che nelle scorse settimane (si è in attesa dei motivi della decisione) ha deciso che una nuova sezione del Tribunale del riesame di Brindisi dovrà tornare a pronunciarsi sul sequestro dei beni della Cucci. Indubbiamente un altro punto a favore della difesa in questa vicenda che esplose lo scorso 16 novembre con l’arresto di quindici persone. L’operazione fu definita “Pioggia d’oro” e indicata come il raggiro più consistente della storia brindisina.

Furono sottoposti a sequestro preventivo beni della famiglia Guarini-Cucci per oltre tre milioni e mezzo di euro, tra i quali masseria Marangiulo, che è uno dei più noti bed&breakfast della Puglia, un complesso di trulli, una Fiat 500 e denaro su vari conti correnti. Tra i beni sequestrati anche quelli che la Cucci aveva avuto in eredità e intestati  ai figli che con la vicenda giudiziaria non hanno nulla a che fare. Quindici arresti, dunque, per una colossale truffa condita di mazzette, ideata secondo gli inquirenti da Vito Guarini, marito della Cucci, funzionario della Provincia, responsabile dell’Ufficio agricoltura e diretto superiore della moglie, scoperta dalla Guardia di Finanza del Nucleo di polizia tributaria di Brindisi.

In carcere finirono, oltre alla Cucci, Giuseppe Guzzo, di Torre Santa Susanna; Giuseppa Antonia Convertini di Costernino, dipendente della Provincia, Ufficio agricoltura; Nicola Amati di Montalbano di Fasano; Graziella Montanaro di Ceglie Messapica, residente a Montalbano; Angela Amati, residente a Montalbano; Anna Maria Carucci, cegliese, residente a Ostuni;  Martino Carucci, cegliese, residente a Ostuni; Domenica Prete, ostunese; Pietro Carucci, cegliese, residente a Ostuni, e Pompilio Lolli di San Donaci. Mentre ai domiciliari furono assegnati Cosima De Matteis, nativa di Torre Santa Susanna, residente a Fasano, Vincenzo Melarosa, di Fasano;  Vito Domenico Carucci, nato a Martina Franca, residente a Ceglie Messapica,  e Rosa Tommasina Montanaro di Ceglie Messapica.

I reati che vengono loro contestati (corruzione, malversazione, falso in atto pubblico, truffa pluriaggravata e percezione indebita di fondi pubblici) iniziano nel 2003 e arrivano sino al 2007, quando – è sempre il sospetto dell’accusa – la macchina divora-soldi si ferma perché sono state fatte acquisizioni di documenti negli uffici della Provincia e quindi l’inchiesta giudiziaria è diventata nota. Vito Guarini smistava i fondi statali destinati agli agricoltori che hanno ricevuto danni dalle calamità naturali. Il funzionario muore qualche settimana prima che scattino gli arresti.

L’accusa sostiene che Guarini chiamava gli agricoltori interessati, proponeva loro di approntare la pratica e chiedeva la percentuale su quanto debbono avere. Che gli veniva pagata senza battere ciglia. Il denaro accumulato venne investito per acquistare beni. La moglie, dopo l’arresto, sostenne di non sapere niente delle operazioni che il marito potrebbe aver fatto. “Mio marito – fece mettere a verbale  - giustificava quel denaro come il compenso di consulenze; che era costretto a prendere in nero perché non poteva farle”. Gli altri arrestati sono agricoltori che ottennero i finanziamenti e hanno pagato il funzionario provinciale. La Cucci aggiunse che degli 800mila euro percepiti, 300 erano a fondo perduto e altri 500 a tasso agevolato e quindi da restituire a rate.

Oltre all’arresto scattò il sequestro preventivo. I difensori fecero ricorso al riesame di Lecce per il provvedimento di arresto e a quello di Brindisi per il sequestro. Dal riesame di Lecce ottennero la scarcerazione per decorrenza dei termini: la difesa sostenne che erano tre mesi i termini della custodia; il gip Simona Panzera e il pm Adele Ferraro ritenevano che il termine fosse di sei mesi. Il riesame ha dato ragione agli avvocati. Ma il riesame di Brindisi rigettò la richiesta di dissequestro dei beni che nulla avevano a che fare con quegli ottocentomila euro.

Ed è contro questa decisione che la Cassazione ha disposto l’annullamento. I difensori hanno lamentato nel ricorso una violazione procedurale per quanto riguarda gli avvisi ai difensori che “non risultavano ritualmente citati”. Nonché “una violazione di legge perché il riesame era andato oltre il provvedimento del gip che aveva limitato la portata del sequestro a 800mila euro, affermando che attese le contestazioni e gli esborsi effettuati dalla pubblica amministrazione ben poteva procedersi al sequestro totale dei beni della Cucci e dei suoi figli per un valore di oltre tre milioni di euro”.

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