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Cronaca

Uccise il padre per il telefonino: perizia psichiatrica

Il gup ammette la richiesta per Antonio Tafuro, 27 anni, unico imputato: una coltellata al petto del genitore dopo lite per difendere il fratello minore

BRINDISI – Perizia psichiatrica per il brindisino sotto processo con l’accusa di aver ucciso il padre, con una coltellata al petto, dopo che il genitore rimproverò il figlio minore perché usava il telefonino di notte. Antonio Tafuro, 27 anni, unico imputato, per l’omicidio aggravato dai futili motivi, sarà sottoposto ad accertamenti sulla effettiva capacità di intendere e volere, così come chiesto dal suo difensore, Mauro Masiello.

La perizia psichiatrica

L’istanza di ammissione al processo con rito abbreviato, condizionata dalla perizia, è stata accolta oggi dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi, Tea Verderosa. Il gup ha conferito incarico alla dottoressa Angela Chiara Cecere.

Tafuro è ristretto in carcere dal 4 novembre 2017, subito dopo la tragedia avvenuta nell’abitazione di famiglia, in via Favia, nel rione Cappuccini di Brindisi. Ha voluto essere presente in udienza, nel corso della quale hanno rinunciato alla costituzione di parte civile, la madre, il fratello e la sorella, indicati come parti offese.

L’omicidio dopo il rimprovero

Per il brindisino la Procura ha chiesto il processo immediato, contestando anche l’aggravante legata al movente dell’omicidio volontario, sulla base dell’evidenza della prova. Il litigio – secondo la ricostruzione – sarebbe scaturito da un “banale rimprovero che la vittima, Franco Tafuro, aveva fatto  al figlio più piccolo, all’interno dell’abitazione di residenza”. L’imputato avrebbe “impugnato con la mano destra un coltello da cucina avente lama monotagliente” e a quel punto avrebbe raggiunto il genitore sferrando “un colpo, con energia tale da far penetrare l’intera lama nel torace” dell’uomo sì da “trapassare la parete ventricolare sinistra sino a ledere il setto interventricolare che provocava a Franco Tafuro un arresto cardio-respiratorio terminale da shock ipovolemico con massivo  emopneumotorace sinistro ed emopericardio che lo portava alla morte in pochi minuti”. Non ci fu nulla da fare. Una sola coltellata venne accertata al medico legale Antonio Carusi, al quale fu conferito incarico per lo svolgimento dell’autopsia.

L'aggravante dei futili moviti

Il ragazzo, nell’immediatezza dei fatti, riferì di non essere stato lui a prendere il coltello: “Era mio padre ad avere il coltello in mano”, disse in sede di interrogatorio. “Quando entrai in cucina stava rimproverando mio fratello per il telefonino perché la luce gli dava fastidio a letto. Sono intervenuto, volevo che lo rimettesse a posto. Poi l’ho visto sanguinare: è morto davanti a me, ma non volevo ucciderlo”.

Nella ricostruzione del magistrato, il diverbio per l’uso dello smartphone quella sera, è stato rubricato come futile motivo e per questo è stata contestata l’aggravante. Il  capo famiglia stava andando a dormire e la luce del display si vedeva nel buio della camera da letto e gli impediva di riposare. Impostazione condivisa dal gip che firmò l’ordinanza di custodia convalidando il fermo e che risulta nel capo di imputazione.



 

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