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Cronaca Francavilla Fontana

Un arsenale, tre omicidi, 5 arresti

FRANCAVILLA FONTANA – C’è un filo teso tra la guerra di malavita a Francavilla Fontana con tre omicidi tra ottobre e dicembre scorsi, e l’operazione conclusa la notte scorsa dai carabinieri della compagnia locale e quelli del Reparto operativo provinciale, con cinque arresti che affondano un gruppo emergente, pericoloso e forse frequentato dagli attori di quei delitti. Tutto parte da un sequestro di armi tenuto segreto dai carabinieri sino a questa mattina, ma avvenuto il 15 febbraio scorso, pochi giorni prima dell’altra importante svolta investigativa ottenuta dall’Arma, vale a dire il sequestro, il 23 febbraio, del network di esercizi commerciali collegato a Giancarlo Capobianco. Costui indicato come il capozona della nuova Sacra corona unita nella città, direttamente a disposizione del clan Scu mesagnese guidato da Daniele Vicientino ed Ercole Penna, quest’ultimo pentitosi dopo la cattura da parte dei carabinieri del Ros il 29 settembre 2010 (Operazione Calipso), e supporto dell’Operazione Last Minute del 28 dicembre successivo ad opera della Squadra mobile brindisina, in cui anche “Zio Carlone” fu coinvolto ed arrestato.

FRANCAVILLA FONTANA – C’è un filo teso tra la guerra di malavita a Francavilla Fontana con tre omicidi tra ottobre e dicembre scorsi, e l’operazione conclusa la notte scorsa dai carabinieri della compagnia locale e quelli del Reparto operativo provinciale, con cinque arresti che affondano un gruppo emergente, pericoloso e forse frequentato dagli attori di quei delitti. Tutto parte da un sequestro di armi tenuto segreto dai carabinieri sino a questa mattina, ma avvenuto il 15 febbraio scorso, pochi giorni prima dell’altra importante svolta investigativa ottenuta dall’Arma, vale a dire il sequestro, il 23 febbraio, del network di esercizi commerciali collegato a Giancarlo Capobianco. Costui indicato come il capozona della nuova Sacra corona unita nella città, direttamente a disposizione del clan Scu mesagnese guidato da Daniele Vicientino ed Ercole Penna, quest’ultimo pentitosi dopo la cattura da parte dei carabinieri del Ros il 29 settembre 2010 (Operazione Calipso), e supporto dell’Operazione Last Minute del 28 dicembre successivo ad opera della Squadra mobile brindisina, in cui anche “Zio Carlone” fu coinvolto ed arrestato.

Prologo necessario per capire in che melassa di interessi criminosi ed omertà di vario genere si sono mossi gli investigatori, partendo dagli omicidi di Vincenzo Della Corte la sera dell’8 ottobre 2010 in un negozio in allestimento a S.Michele Salentino, da quello dell’incolpevole 18enne Francesco Ligorio, massacrato da un Kalashnikov la mattina dell’11 novembre sulla superstrada Brindisi-Taranto all’altezza di un degli svincoli per Francavilla, morto al posto di Nicola Canovari, la vittima designata, ricoverato in condizioni gravissime ma alla fine salvo, e da quello di Fabio Parisi avvenuto nelle prime ore del mattino del 22 dicembre in pieno centro, a due passi da un bar di Porta Croce, sempre a Francavilla Fontana. L’indagine tesa a scoprire gli assassini ed i mandanti è diventata un percorso di ricostruzione degli affari e dei nuovi soggetti della malavita locale.

Come Gianluca Della Corte di 26 anni, Vitantonio Spirito di 25 anni, Maurizio Parisi di 23 anni, Giovanni Passiante di 24 anni, e del suo coetaneo Giovanni Resta. Gente in cerca di un posto al sole nella criminalità organizzata della zona, capace già di gestire (è il caso dei primi due, Della Corte e Spirito, un piccolo ma micidiale arsenale composto da un fucile d’assalto Ak 47 Kalashnikov M70AB2, da una carabina per la caccia al cinghiale Remington 30-06, e da una meno sofisticata ma altrettanto micidiale a breve distanza lupara ricavata da una doppietta Bernardelli calibro 12, oltre a 49 cartucce per la stessa Remington. I cinque indagati sono stati catturati nel cuore della notte nelle rispettive abitazioni, storditi non solo dal sonno ma anche dalla sorpresa.

Forse solo in quegli istanti hanno realizzato chi avesse fatto sparire le loro armi dal nascondiglio di contrada Donna Laura, nel febbraio scorso. Una nicchia ricavata all’interno di un muro a secco nei pressi del podere di uno dei due custodi dell’arsenale, e mimetizzata con alcuni blocchi amovibili. Armi ben avvolte in fogli di polietilene, ben pulite ed oliate, e pronte a sparare in qualsiasi momento. Un Kalashnikov, grazie al munizionamento da guerra cal. 7,62, riesce a perforare senza problemi un’auto blindata, e raffiche di Kalashnikov spazzarono la cabina del camion di Canovari quel tragico 11 novembre 2010. E’ la stessa arma? Che si sa della perizia balistica? “Sono particolari che non possiamo certo rivelare a voi in questo momento”, ha risposto stamani in conferenza stampa il procuratore capo Marco Dinapoli.

Ma su altri passaggi il capo della procura di Brindisi è stato esauriente. Sono undici i capi di imputazioni connessi alla detenzione e al porto delle armi sequestrate in contrada Donna Laura, con le aggravanti della modifica (le canne mozzate), della clandestinità (le matricole abrase) e del fatto che uno dei fucili sia un’arma da guerra. Sono indiscutibilmente le indagini sui tre omicidi che portano i carabinieri del Norm di Francavilla Fontana nelle campagne dove poi sono state scoperte le armi. Giorni e notti di appostamenti, di incrocio tra le comunicazioni (telefoniche o dirette) intercettate grazie anche alle microspie, e i tracciati dei gps che gli investigatori erano riusciti a piazzare su una o più auto degli indagati. I rilevatori satellitari hanno indicato con pochi metri di errore dove si trovavano alcuni dei personaggi sotto controllo al momento dei colloqui.

Poi i carabinieri andavano a verificare alcune ore dopo. Così, in contrada Cantagallo, l’8 febbraio 2011 vengono rinvenute due cartucce 30-06 per carabina, perse dagli indagati forse durante uno spostamento. Il colpo buono arriva pochi giorni dopo, il 15, quando viene scoperta la nicchia con i tre fucili. Ma dalle intercettazioni i carabinieri vengono a sapere molto di più, e registrano anche lo stupore e la rabbia di alcuni degli arrestati nel corso dell’operazione odierna, quando si accorgono della sparizione delle armi e non riescono a capire chi sia stato, racconta il procuratore Marco Dinapoli. Non attribuiscono il fatto ai carabinieri, anche se uno di loro nelle stesse ore subisce una perquisizione domiciliare in cui vengono rinvenute una pistola giocattolo e un nastro per munizionamento da guerra. E’ un altro segno rivelatore.

Comunque, il sequestro della armi avviene a carico di ignoti. Si appurerà, ma solo in seguito, che i gestori dell’arsenale erano Della Corte e Spirito, e che gli altri tre erano quelli ai quali i fucili erano stati affidati. Quindi le intercettazioni, ha riepilogato il procuratore, rivelano la pericolosità e la disponibilità di armi da fuoco del gruppo: gli indagati parlano di modifiche da apportare ai percussori, per ostacolare durante le perizie balistiche il collegamento tra bossoli e armi che hanno esploso quelle cartucce; parlano di pistole e bombe a mano, e del corso delle armi sul mercato del crimine: 1300 euro per una semiautomatica calibro 9 corto, molto meno per un fucile mitragliatore Kalashnikov, costa solo 500-600 euro.

E la spiegazione dei retroscena dell’Operazione Terminator, come è stata battezzata, si ferma qui. Non aggiungono particolari il colonnello comandante provinciale, Ugo Sica, nè il maggiore Alessandro Colella subentrato da poco al tenente colonnello Gennaro Ventriglia al comando del Reparto operativo, né il nuovo comandante della compagnia di Francavilla Fontana, capitano Giuseppe Prudente. La memoria storica dell’indagine stamani era – oltre al colonnello e al procuratore – il comandante del Norm della compagnia, il tenente Simone Clemente. E il riserbo su molti altri particolari è evidentemente motivato dalla necessità di tutelare altri percorsi investigativi in itinere. Il caso - Francavilla Fontana non è chiuso.

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