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Cronaca

Un blocco navale anti-immigrazione? Qualcuno non sa di cosa parla

Probabilmente sulla spinta emozionale della ulteriore recente tragedia della morte dei migranti, alcuni esponenti politici - le cui voci sono state amplificate da alcune testate - Il Giornale e Libero su tutti - hanno evocato l'applicazione del "Blocco Navale"

Probabilmente sulla spinta emozionale della ulteriore recente tragedia della morte dei migranti, alcuni esponenti politici – le cui voci sono state amplificate da alcune testate  – Il Giornale e Libero su tutti – hanno evocato l’applicazione del “Blocco Navale”… parole in libertà. Coloro che invocano il “blocco navale” è evidente che non hanno chiaro cosa l’applicazione di un blocco navale comporti.

Il blocco navale, infatti, é un’operazione militare  – regolamentata dalla dichiarazione di Parigi del 1856 e da altre convenzioni internazionali – che prevede il “blocco effettivo, mantenuto da una forza sufficiente a vietare realmente l’accesso al litorale  nemico”. Un’operazione “di guerra” a tutti gli effetti, quindi.  E la guerra non é un gioco, non é il Risiko. La guerra si fa o non si fa; ma, se si fa, se ne devono accettare tutte le drammatiche inevitabili conseguenze in termini di perdita di vite umane da entrambe le parti.

Blocco navale fu quello ordinato dal presidente  Kennedy nel 1962 per fermare le navi sovietiche dirette a Cuba con a bordo le testate nucleari, in quella che é ricordata come la “Crisi di Cuba”. Eh sì, questo dobbiamo capirlo bene, non esistono mezze misure, se “l’intruso”, dopo avergli intimato di fermarsi, non si ferma, l’unica soluzione é un atto di forza che, trattandosi di barconi di disperati, non sarebbe accettabile, se non altro, dal punto di vista morale.

LITORALE DELLA LIBIA-2Possibile che i nostri politici si siano dimenticati della tragedia della Kater I Rades (il battello albanese che, nel marzo 1997, a seguito di una collisione con la nave militare Sibilla – che stava mettendo in atto il blocco navale nei confronti dei migranti albanesi disposto dal Governo Prodi) dove persero la vita 81 persone?   Tra l’altro, non dobbiamo dimenticare che le coste della Libia si sviluppano su di un fronte di 1.770 kilometri; pertanto la forza militare da inviare dovrebbe essere piuttosto cospicua, con costi che andrebbero ben oltre i 3 milioni di euro ( o poco più) quanto sta costando l’“Operazione Triton”, rivelatasi praticamente inefficace. 

Adesso l’Europa, dopo aver chiuso gli occhi e le orecchie al problema dell’immigrazione, sta pensando di mettere in atto operazioni chirurgiche mirate alla distruzione dei barconi con i quali vengono trasportati i migranti, pensando di ripetere quanto già fatto – peraltro con un discreto successo – nell’Oceano Indiano con l’Operazione Atalanta. Ma laggiù il contesto era completamente diverso; non ci si confrontava con barconi stracolmi di disperati – molti dei quali donne e bambini – là si aveva a che fare con delinquenti comuni che, armati fino ai denti, rischiavano le proprie e le altrui  vite per sequestrare navi sulle quali avrebbero lucrato milioni di dollari di riscatto.

E poi che cosa si pensa di ottenere distruggendo i barconi? Fermare i flussi migratori? Se mi si consente un’immagine allegorica, colpire gli scafisti é come mettersi ad uccidere le mosche anziché pulire la stalla. Come sempre il problema é molto più complesso di quello che sembra; anche perché se si dicesse la verità,  si dovrebbe ammettere che tutto questo é frutto delle sciagurate politiche dell’Occidente nel Vicino Oriente, nel Corno D’Africa ed in Nord Africa - in Libia in particolare.

Infatti, quando in Libia c’era ancora Mu’hammar Gheddafi, per quanto inaffidabile e sanguinario fosse, era pur sempre un interlocutore con il quale provare a negoziare. Adesso la Libia non é che un’espressione geografica - politicamente suddivisa tra due governi, due parlamenti, 140 tribù, 230 milizie armate, tra loro tutti ostili ed in perenne conflitto -  in cui hanno trovato terreno fertile le frange estremiste dell’Isis e di altri movimenti fondamentalisti come Ansar al-Sharia.

LA LIBIA OGGI-2Tra l’altro, le coste libiche non sono che i porti d’imbarco dei migranti, perché la tratta degli esseri umani ha origine nei Paesi di provenienza: la Siria, l’Irak, la Somalia, l’Etiopia, l’Eritrea, il Sudan, il Niger.  Quindi, considerato che sul mare non possiamo costruire un muro come il vecchio Muro di Berlino o come ha fatto lo stato di Israele in Cisgiordania, le azioni da mettere in atto passano necessariamente attraverso:

- una presa di coscienza della problematica da parte delle Istituzioni Europee, che, fino ad ora, trincerandosi egoisticamente dietro al “Regolamento di Dublino”, hanno ipocritamente finto di ignorare;

- la modifica dei Regolamenti Europei in tema di immigrazione e l’armonizzazione delle politiche dei singoli Stati dell’Unione in tema di “rifugiati” e di “asilo politico” in modo da mettere in pratica una politica comune sull’immigrazione che faccia superare l’attuale “blocco” di alcuni Stati “egoisti” e consenta un più facile ingresso legale in Europa;

- un opera,  a lungo termine, di stabilizzazione della Libia che favorisca la nascita di istituzioni democratiche rappresentative di tutte le tribù e fazioni e con le quali si possa aprire un dialogo costruttivo in materia di immigrazione e non solo;

- la nascita di un’ Operazione “Mare Nostrum” Europea finalizzata alla salvaguardia della vita umana in mare;

- ed, infine, una politica di aiuti economici e di stabilizzazione democratica degli Stati Centrafricani che non si limiti, come nel passato allo sfruttamento coloniale ed alla evangelizzazione delle popolazioni.

Se le Istituzioni europee ed i singoli Paesi non adotteranno un atteggiamento costruttivo, le cose non potranno che peggiorare e ci dovremo aspettare altre tragedie del mare ed altri decessi che andranno a rimpinguare il già drammatico bilancio di circa 1.600 morti solo nei primi quattro mesi del 2015, per tacere delle circa 5.000 persone decedute nel 2014, nonostante l’Operazione italiana Mare Nostrum, ne abbia salvate circa 140.000 . La storia dell’umanità ha dimostrato che i grandi flussi migratori non si possono arrestare, tutt’al più possiamo provare a “gestirli”.

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